Bersaglio Mobile – Enrico Mentana intervista Valter Lavitola: «Ho intenzione di rimanere latitante»
La prima puntata di Bersaglio Mobile. Enrico Mentana ospita Corrado Formigli, Marco Travaglio, Carlo Bonini e Marco Lillo per intervistare Valter Lavitola.
Enrico Mentana fa le cose in grande per la prima del suo Bersaglio Mobile: l’intervista a Valter Lavitola, in collegamento da una località imprecisata a Panama, viene condotta davvero con nomi importanti del giornalismo italiano: ci sono Carlo Bonini e Corrado Formigli in studio e Marco Travaglio e Marco Lillo in collegamento.
Non ci sono tanti fronzoli in studio e si parte subito, con un servizio che ricostruisce la storia dell’indagine che riguarda Valter Lavitola.
Alla fine dell’intervista, Mentana chiede a Lavitola: Ha intenzione di rimanere latitante?
Lui risponde: Sì, ho intenzione di rimanere latitante.
Lavitola sostiene di aver fatto una telefonata a Berlusconi (la terza di una serie, dopo due tentativi) che non è stata intercettata e che, secondo lui, renderebbe inutile l’indagine.
21:41: a Bersaglio Mobile si fanno domande. Carlo Bonini chiede a Lavitola (alla luce del suo rapporto con il presidente del consiglio): Lei, che mestiere fa? Credo che sia utile per la discussione.
Lavitola non risponde subito ma afferma di non aver mai fornito una scheda peruviana a Berlusconi, ma di avergli fornito una scheda italiana tramite un suo collaboratore peruviano, per non essere intercettato.
Sul mestiere: Ho vissuto ai margini tangentopoli. […] Sono circa 25 anni che faccio l’imprenditore in Centro e Sud America. In Italia ho fatto, fino a quando non mi hanno – mi auguro temporaneamente – radiato dall’albo dei giornalisti, il giornalista.
Spiega poi di avere un’attività di import-export di pesce e di pesca in Centro e Sud America.
21:46: Marco Travaglio si dichiara in imbarazzo a intervistare un latitante. E dunque chiede: Perché non si presenta ai magistrati, se è tutta una bufala? Alla domanda, Lavitola ha già risposto al TgLa7.
Poi cita l’iscrizione di Lavitola alla massoneria: Qual era o è il suo grado massonico rispetto al presidente del Consiglio per capire chi dei due sta più in alto (Lavitola sorride).
E ancora: Quando ha saputo che i magistrati si stavano interessando di lei? (Lavitola, aspettando che Travaglio finisca la domanda, continua a sorridere).
E infine: Cosa voleva dire in quella telefonata con Tarantini quando vi mettevate d’accordo per spillar quattrini al Presidente del Consiglio?
Lavitola parte dalla fine. Poi ammette di essersi iscritto alla massoneria quand’era diciannovenne (una loggia dal nome Areté, se ricordo bene), per amor del sapere: aveva letto un libro sui Rosacroce, dice. E sostiene di essere rimasto apprendista, ovvero il grado più basso. Non gli risulta, dice, che Berlusconi sia o sia stato massone.
Al rientro dal primo nero, Mentana fa ascoltare l’intercettazione di una telefonata fra Berlusconi e Lavitola, l’unica in cui si sente la viva voce dei due: emerge, evidentemente, un rapporto confidenziale fra i due. Ma il Lavitola minimizza. Formigli prova a insistere con le domande. Lavitola svicola, continua a minimizzare, ha una linea difensiva pronta e risposte prontissime. Il fatto è: Lavitola avrebbe anticipato a Tarantini 500mila euro, se Berlusconi avesse voluto. E poi l’aveva fatto.
Quanto ai soldi che il Lavitola avrebbe continuato a chiedere a Berlusconi tramite la Brambilla, Lavitola sostiene che fossero soldi da restituirgli in varie tranche. Perché, dice, è stato lui a dare 500mila euro a Tarantini. Travaglio e Mentana fanno domande che smontano questa tesi.
Lavitola sorride e finalmente spiega quando e come ha conosciuto Berlusconi: Nel ’93 e nel ’94 ero socialista. Non ho creduto in Forza Italia, successivamente, nel ’95 [Lavitola sbaglia, era il ’94] si iniziarono a fare una serie di riunioni e quella fu la prima volta in cui vidi Berlusconi. Dopodiché ho avuto modo di contattarlo […] ho cercato di farmi apprezzare, il risultato è stato nullo: puntavo a fare il parlamentare ma non ci sono riuscito.
Non voglio fare un processo in televisione: contrariamente a Travaglio ho un sacro terrore della magistratura, dice Lavitola. Che dice anche di non voler irritare i magistrati.
Travaglio: Si è reso latitante. Più di così…
Lavitola: Ho fatto bene a questo punto […] e cita i giorni di carcere che si sono fatti i coniugi Tarantini.
22:26: Bonini cerca di fare un punto. E fa, nuovamente, una domanda come si deve:
Lei è un imprenditore del settore ittico, filantropo (perché aiuta persone che hanno bisogno come i Tarantini), anticipa denari per il presidente del Consiglio, parla al telefono con la segretaria come un narcotrafficante (foto da stampare in luogo di soldi), usa utenze estere, dice di essere un giornalista ma avessi mai trovato una notizia in tutte le intercettazioni che la riguardano. La telefonata che abbiamo ascoltato prima, lei chiede che il presidente del Consiglio gli dedichi almeno 10 minuti perché 3 non bastano. In una dichiarazione a Rep dell’ottobre del 2010 lei dice: “Hanno deciso di distruggermi. Devono stare attenti i cortigiani. So cose di loro che potrei fargli il culo”. Allora, ritorno a farle la stessa domanda: lei che mestiere fa. E perché il presidente del consiglio perde tempo con lei? Perché lei sta in mezzo a questa storia di Tarantini? O lei è un uomo sfortunatissimo o è un uomo furbissimo.
La risposta di Lavitola arriva: si definisce un filantropo, sì. Ma continua a non spiegare quale sia, effettivamente, il suo ruolo. Continua, piuttosto, a minimizzare. Poi dice che i soldi a Tarantini li avrebbe dati (o fatti arrivare) per levarsi i coniugi Tarantini dalle scatole. Quanto ai cortigiani, su Polisblog si raccontava di una telefonata fra Lavitola e Berlusconi in cui l’imprenditore (sic) metteva in guardia il Presidente del Consiglio nei confronti di Gianni Letta. Ma Lavitola, in tv, non racconta nulla.
22:32: un servizio su Finmeccanica.
Si prosegue con Lavitola onnipresente nei rapporti esteri di Berlusconi con Panama, addirittura con il Brasile. Le domande proseguono e le risposte di Lavitola – che offre la sua versione dei fatti, lontano dall’Italia e dal tribunale – anche: ci tiene molto, l’imprenditore, a sottolineare che risponda a tutto e che non sia evasivo. In effetti risponde a tutto. In maniera non molto convincente.
Marco Lillo tira in ballo altre intercettazioni.
23:16: Si parla della casa del cognato di Fini. Lavitola, nel video, racconta di conoscere Berlusconi da prima di Forza Italia. E quindi smentisce se stesso. Ma Mentana non infierisce. Ci pensano Bonini e Formigli.
Lavitola è prontissimo con le sue risposte: le dà tutte, le risposte. Il che non significa che non sia evasivo.
23:37: Mentana si prende tutto il tempo del satellite. E chiude con una sua domanda.
Lei ci vuol dire, senza un minimo di sorriso sulle labbra, che quello [della casa di Montecarlo di Fini] era uno scoop pulito e non c’era alcuno scoop politico?
Lavitola risponde: Sì, era pulito.
Sul finale, Lavitola sbrocca. Mostra quella che secondo lui è una ricevuta (una serie di cifre con accanto la firma di Nicla Tarantini) e, in verità, non ha chiarito nulla: si è limitato a proseguire, come ovvio, nella sua linea difensiva.
Lillo lo incalza, Mentana chiede a Lillo di non fare un processo.
Il Lavitola, alla fine, oltre a dichiararsi completamente innocente o estraneo a qualunque fatto che gli viene imputato, fa una lunghissima arringa-monologo finale.
Io non ho estorto nulla a nessuno. Tantomeno ho truffato nulla a nessuno e tantomeno ho pensato di farlo.
In chiusura, rispondendo a Mentana, Lavitola ribadisce: Ho intenzione di rimanere latitante.
Il programma finisce alle 23:44, con Mentana che promette a Lavitola di reintervistarlo in futuro, da colpevole o innocente e con il Lavitola che, riscrivendo la giustizia e la logica, ringrazia e dice: E’ diritto dell’imputato non consegnarsi.