Luca Barbareschi a TvBlog: “Vorrei si investisse sui nostri autori». «L’Italia è tutta lottizzata»
Luca Barbareschi si confessa a TvBlog fra televisione, teatro e politica
- Nell’ambito dello SPECIALE fiction italiana, che oggi si arricchirà di altri due ottimi contributi al di fuori dei confini di TvBlog, dopo aver già ospitato il parere dei colleghi di Italiansubs, oggi TvBlog propone un’intervista a un personaggio piuttosto discusso, soprattuto da queste parti – ma anche nel panorama dell’intrattenimento televisivo e della politica. Si tratta di Luca Barbareschi, uno che la tv l’ha cavalcata e attraversata in svariate sfaccettature e che poi è finito a sedere fra i banchi del Parlamento. Da C’eravamo tanto amati a oggi, con un occhio agli U.S.A. L’occhio di Barbareschi, ovviamente. Che comunque la si metta fa discutere. Anche e soprattutto quando parla della lottizzazione o degli svantaggi che avrebbe ricevuto dalla politica. Spazio al Barbareschi pensiero, dunque
Come sta la fiction italiana anche e rispetto a quella d’oltreoceano: perché non riusciamo per esempio a fare grande serialità come gli americani?
Noi veniamo da una impostazione molto vecchia, in Italia è sempre stato difficile pianificare in maniera imprenditoriale vera il meccanismo che porta alla produzione della fiction, va detto però che la situazione negli altri paesi europei non è che sia molto diversa. Si sta iniziando solo adesso a fare qualche cosa pianificando un anno prima i progetti, in modo da svilupparli, mettendo budget e quant’altro. Per quanto riguarda la scelta dei temi, per anni abbiamo pensato a prodotti che potessero andare bene da noi, ma che poi avevano difficoltà ad entrare nel mercato estero. Abbiamo poi in Italia un mercato molto ristretto con praticamente solamente due broadcaster, parlo di Rai1 e Canale5, che trasmettono fiction.
Passando agli Stati Uniti ?
Parlando degli Stati Uniti è tutto più semplice. Loro avendo un bacino di pubblico sterminato hanno la possibilità di ottimizzare al meglio i costi e serie particolari, che qui in Europa sarebbe difficile produrre come per esempio Six Feet Under, là vengono prodotte con anche un buon seguito di pubblico, perché appunto essendo così ampio il bacino si trova sempre una fetta di telespettatori sufficientemente ampia che lo gradisce e che fa guadagnare chi la produce. Se pensa poi che si possono comprare serie americane a 30/40 mila euro a puntata, che sono magari prodotti che costano 2 o 3 milioni di euro a puntata, capisce quanto convenga poi alla fine ad un broadcaster comprare questi tipi di prodotti, a costi che noi come case di produzione non riusciamo a fare per le nostre produzioni
Un mercato quello americano che è diverso dal nostro, quali sono le differenze fra il loro mercato ed il nostro ?
Un mercato quello americano che è diverso dal nostro, quali sono le differenze fra il loro mercato ed il nostro ?
Loro non hanno come noi una televisione generalista così forte, da decine di anni hanno canali tematici che vanno a conquistarsi la loro fetta di pubblico, ecco quindi che hanno la possibilità di produrre serie che qui da noi difficilmente potremmo realizzare. Qui da noi poi c’è anche Sky che investe nella fiction in maniera molto modesta e mi chiedo anche perché nessuno dica niente, visto che ormai le reti di Murdoch fra pubblicità e abbonamenti hanno molti rientri di denaro.
Da produttore di fiction, non pensa che la politica sia troppo addentro ai fatti televisivi? Non è forse vero che anche le fiction che vengono messe in produzione sono lottizzate partiticamente e lei dal suo ruolo di politico pensa di averne beneficiato ?
L’Italia è tutta lottizzata. Pur essendo io parte della maggioranza ho avuto solo danni dal fatto di appartenere alla politica. Ho dovuto smettere di fare l’attore mentre mi risulta che in parlamento ci sia chi continua a fare il proprio mestiere, giornalisti, medici, architetti, avvocati, come per esempio la Bongiorno che è stata su tutti i giornali per uno dei processi più eclatanti degli ultimi tempi… quello non è scandaloso, mentre se uno recita in un film allora si…
Ha ancora senso la lottizzazione oggi ?
La lottizzazione io l’ho combattuta per anni, litigando, incazzandomi. Se c’è uno che non le ha mandate a dire sia a Rai, che Mediaset che a Sky quello sono proprio io. Le battaglie da solo però non servono, bisogna essere in gruppo, come ho fatto per anni con associazioni e sottolineo solo per ottenere delle cose giuste e non favori personali. Bisognerebbe obbligare le varie reti a fare scelte editoriali vere su progetti e non sul fatto che una persona ti è antipatica oppure ti è simpatica.
Amareggiato per lo stop de “L’olimpiade nascosta” ?
E’ una cosa che non ha senso, perché il CDA ha varato il piano 2011 in cui c’era l’olimpiade nascosta e contemporaneamente ha bocciato la mia fiction (che poi in secondo tempo è stata approvata dal CDA Rai, ndr). In questi anni noi siamo ridotti a fare le fiction con i contratti che arrivano alla messa in onda, con un unico risultato, di regalare cioè soldi alle banche.
Che ne pensa del fatto che il CDA Rai arrivi a bocciare scelte fatte della propria governance ?
Io sono stato in parecchi CDA di aziende importanti, ultima forse una delle più prestigiose è il Teatro d’Europa per 5 anni e non mi sono mai permesso di obbiettare il piano di Ronconi o di Stein o di chi per loro. Quindi credo che la scelta sulle fiction deve essere del direttore editoriale delle fiction e del direttore generale. Esiste una filiera che malgrado tutto ha un senso, altrimenti arriveremo che qualsiasi persona decide che quella tal cosa non la vuole e allora arriveremmo alla paralisi.
Dal suo C’eravamo tanto amati alla tv di oggi, cosa è cambiato in meglio ed in peggio ?
Il mio C’eravamo tanto amati era uno show scherzoso, in cui tutti sapevano che si stava in qualche modo giocando e che non si doveva prendere sul serio. Oggi diffido moltissimo di quei programmi in cui fra liti e ricongiungimenti ci si prende troppo sul serio e si danno scopi educational.
Freccero e Del Noce, due dirigenti con i quali ha lavorato di estrazione politica diversa, ci dice pregi e difetti di ciascuno ?
Ho lavorato con entrambi e con entrambi mi son trovato bene. Con Carlo ho fatto televisione su Rai2, lui è una persona molto colta, simpatica, che ne capisce di televisione, che ama rischiare, un intellettuale raffinato. Con Fabrizio Del Noce ho avuto uno scazzo forte negli anni passati, ma poi ci siamo chiariti. Di lui mi piace il fatto che è un decisionista, ma comunque le cose te le dice in faccia belle o brutte che siano, è una persona molto leale e franca anche nella lite. Ora siamo in ottimi rapporti e lavoriamo molto bene insieme e spero resti alla direzione della fiction. Mi sono trovato molto bene anche con Agostino Saccà (ex direttore di Rai1, Raifiction e direttore generale, ndr) che poi in molti hanno rinnegato, insultandolo, come Carlo Degli Esposti che ha detto cose tremende su di lui, dopo che Saccà l’aveva praticamente “inventato” . Questo è un paese ingrato dove la lealtà non ha più significato.
E dell’attuale direttore generale Rai che ne pensa ?
Di Lorenza Lei penso tutto il bene possibile, è stata nominata con largo consenso politico, ha delle buone idee, ora deve metterle in pratica e mi auguro che sia ancora più dura di quanto non lo sia stata finora. La Rai ha bisogno di una governance forte, determinata, dura. Non è facile perché è un’azienda che soprattutto negli ultimi 2 anni si è abituata a non essere gestita. Ora devono farle fare il direttore generale, io sono un vecchio velista e se vado al timone decido io anche se il tattico mi suggerisce di cambiare, poi se sbaglio a prendere il vento, mi assumo le mie responsabilità.
Una ricetta che gira è quella che la Rai dovrebbe produrre di più internamente, utilizzando quindi di meno le varie casa di produzione esterne, che ne pensa ?
No queste sono sciocchezze. Lorenza Lei, ma credo nessun capo di broadcaster e non solo del nostro paese, pensa davvero che si possa produrre solo internamente. I broadcaster sono delle piattaforme distributive di prodotti. La Rai ora col digitale ha una valanga di canali e dovrà occuparsi di spalmare in qualche modo la raccolta pubblicitaria per avere un budget per tutti i canali e non i soliti 3. Una cosa che si dovrà fare secondo me, è stimolare la creatività interna. Investire cioè su nostri autori italiani per creare prodotti internamente al nostro paese, magari poi esportandoli, senza dover per forza andare a pescare format stranieri e questo lo dico io che ho esportato all’estero format e ne ho prodotto 1500 puntate in America, parlo quindi a ragion veduta.
Dandini, Santoro, Saviano via dalla Rai, lei da dirigente Rai avrebbe fatto lo stesso ?
Se io fossi stato direttore generale della Rai, in un paese normale, cosa che non è il nostro visto che basta che un magistrato si sveglia una mattina e può cambiare la vita di una persona nel bene, ma soprattutto nel male, avrei richiamato i vari conduttori ad una condotta che è quella che sceglie la direzione generale. Se lei lavora alla CBS, ABC, NBC nel momento che la direzione generale ti dice: guardi lei può lavorar con noi, però se domattina si sveglia e dice che il signor Mario Rossi è un delinquente, se ne assumerà le cause, gli oneri e poi se noi non siamo d’accordo sul suo operato, ci riserviamo di controllare e decidere. Tanto è vero che Santoro, che pensava di andare a fare la “libera e bella” a La7, quando ha scoperto che quell’azienda è quotata e con una governance seria come quella guidata dal dottor Bernabè e dal dottor Patuano, che gli han chiesto di voler conoscere prima cosa voleva fare e poi avrebbero approvato o no, che è una cosa normale in tutto il mondo, meno che in paese dove Santoro pensa di essere il padrone della Rai, allora ha deciso di non andarci. Ora farà questo nuovo programma e se lo seguono 7 milioni di persone diventerà l’uomo più ricco della terra, raccogliendo pubblicità sulle sue parole, però poi dovrà pagare di tasca sua le eventuali cause legali di quando insulterà qualcuno. Questa cosa vale anche la Gabanelli che è bravissima ma deve tenere conto di queste regole. La libertà in assoluto non esiste da nessuna parte del mondo, finisce dove inizia quella del prossimo.
Ci dice una sua ricetta per il futuro della Rai?
Io vedrei una Rai che tiene conto della digitalizzazione, dell’avvento di un oggettino che si chiama “Tivo” che cancellerà tutte le pubblicità e nel momento in cui avverrà questo ci sarà una rivoluzione Copernicana nella filiera della raccolta pubblicitaria. Si passerà da una raccolta da broadcaster a quello che ora in America si chiama “taylor” in pubblicitario, sono dei motori di simbiosi che creano un rapporto diretto fra l’ utente e chi deve fare pubblicità. Per cui ovviamente lo spottone generalista in un programma di Rai1 per un pubblico non ben identificato è una follia. Mi batterei per rivedere tutti i meccanismi di rilevamento, per distruggere cioè l’Auditel che cosi come è oggi è obsoleta, ma per fare dei rilevamenti molto più precisi legati a fasce di pubblico, di modo che si possa diversificare il prodotto. Perché cosi facendo nella filiera di raccolta di denaro, fare un programma per solo un milione di persone, ma molto mirato ha un grande valore. Perché se io sono la Toshiba ed investo su di un pubblico 60-80 che compra solo il pannolone e l’acqua minerale, penso siano soldi buttati. Poi punterei tantissimo su Rai International, che ora è morta. Si potrebbe tranquillamente puntare sul nostro potenziale turistico-alberghiero, i vari prodotti del made in Italy. C’è una sete nel mondo di made in Italy enorme, quindi le potenzialità per questo canale ci sono davvero tutte. La Rai ha un potenziale infinito e straordinario. Il servizio pubblico deve essere sempre centrale come lo è in tutti i grandi paesi europei.
Non crede che dovrebbe esserci davvero un libero mercato e una libera circolazione delle idee e una possibilità di produrre numeri zero e testarli in onda su grandi network , che venga data anche a realtà più piccole?
Io credo che con i mezzi che ci sono oggi si possono fare degli esperimenti, perché oggi esistono strumenti che ti permettono con 30 mila dollari di poter fare un numero zero in un piccolo studio e testarlo magari non su Rai1 ma su un piccolo canale per vedere se funziona. La sperimentazione secondo me andrebbe fatta con piccoli investimenti che ti permettono di verificare un idea attraverso dei focus group. Io l’ho fatto in America per anni, nessuno dei nostri format è nato “imparato” è stato raffinato, costruito. Che poi in piccolo è quello che accade nel teatro in tutto il mondo tranne che in Italia. In tutto il mondo il teatro è fatto su drammaturgia contemporanea che viene scritta e riscritta, che prima debutta Off Broadway e poi se va bene va a Broadway.
Un esempio di prodotto fatto in Italia da una idea italiana è Sbarre. Come è nato e ci saranno nuovi esperimenti di questo tipo e se si quali ?
Sbarre è un prodotto in cui crediamo molto nato da un know how buono che abbiamo al nostro interno, di autori di fiction, cinema e di art entertainment. L’idea era quella di un prodotto in cui non ci fosse il conduttore classico, dove il racconto andava avanti da solo. E’ vero c’è Moro ma il suo è più un contorno musicale di collage delle varie parti del programma rispetto alla conduzione classica. Ci abbiamo messo molto a montarlo, ma secondo me è venuto un prodotto molto interessante. Vogliamo produrre prossimamente un programma di questo tipo, in cui parleremo del fenomeno del bullismo nelle scuole, per aiutare i ragazzi ad uscire da quel meccanismo. Poi il problema del rapporto genitori-figli affrontato non come lo fa la De Filippi che è spettacolare e melò, ma in maniera molto più cruda. Quello che più mi è piaciuto di Sbarre è che non è retorico, lascia allo spettatore la scelta.
Cosa ha in cantiere per la televisione in futuro ?
Stiamo preparando una fiction sulla vita del grande Walter Chiari che è in edizione, con regia di Monteleone con Alessio Boni, Bianca Guaccero, un bellissimo cast ed una bellissima storia. Walter che è stato anche un amico con cui ho fatto il film “Romance” nel lontano 1986, un bellissimo ricordo. Stiamo girando “Nero Wolfe” con Francesco Pannofino con la regia di Riccardo Donna che è stato mio regista in Nebbie e delitti e poi con Alfredo Peyretti stiamo finendo di girare l’Olimpiade nascosta (appena approvata dal CDA Rai, ndr) che è un piccolo capolavoro, una storia meravigliosa con Cristina Capotondi, Alessandro Roja, in cui ci sarà anche il protagonista di Billy Elliot perché è una coproduzione internazionale. Poi il prossimo anno prepareremo una fiction su Olivetti ed il capitalismo sociale nel nostro paese ed una su Italo Balbo, due personaggi controversi ma interessanti.