Luciana Littizzetto a Che tempo che fa: «Grazie Napo». Ma grazie di che?
Il ringraziamento in coro a Napolitano? Un momento triste.
A me piace sparigliare. Perché mi piacciono i fatti e non il tifo. Mi piace raccontare di La7 che dà per prima (fra le generaliste) il videomessaggio di Berlusconi, così come del fatto che non debba cedere alla tentazione di trasformarsi in una “all news” – prendendo a prestito il “buco”, che è avvenuto con modalità piuttosto buffe, dell’uscita di Monti. Mi piace sparigliare perché mi piace il pensiero critico e mi piacciono i ragionamenti trasversali. Quel che non mi piace è l’uniformarsi. Quel che non mi piace è che esistano delle categorie di pensiero. Che se uno critica il personaggio A, secondo qualcuno lo faccia per qualche ragione X. Che se parla bene di C, lo faccia perché deve dimostrare di essere fedele a Z. Non è così. E’ che bisognerebbe almeno provare a pensare lateralmente (altrimenti, poi, succede che se un parla bene di Rai News è comunista, se non ne parla non dà conto dell’ottimo lavoro di Rai News. Un paradosso, insomma). Ecco a quale premessa sono costretto per dire quel che sto per dire.
Ovvero, che a me Luciana Littizzetto che ha detto in studio
«Grazie Napo»
(Napolitano, ndr) e che l’ha fatto ripetere, al tre,
«Uno, due, tre, grazie Napo»
in coro al pubblico di Che tempo che fa (che nel frattempo non ha mica cambiato casa di produzione, che a sua volta non ha mica cambiato proprietari), be’, a me questo evento ha generato una profonda tristezza. Perché non era un numero comico. Non era satira. Non era null’altro che un «grazie» acritico, immotivato.
La satira fa politica, chi dice di no. La satira fa politica perché sbeffeggia il potente di turno: per questo non piace. Perché sbeffeggia tutti. La satira che ringrazia, invece, che cos’è? Uno zerbino televisivo?
Non mi è piaciuto. Come non mi è piaciuto l’omaggio ex ante a Monti di ieri. Come non mi è piaciuta la battuta di Santoro a Servizio Pubblico che ha detto di non volersi “già inimicare” il futuro presidente del consiglio.
Giornalisti e satiri non devono aver paura o desiderio di avere amici o nemici. I giornalisti devono essere i cani da guardia del potere (qualunque potere sia) e i satiri sbeffeggiarlo (qualunque potere sia). Tutto il resto è anomalia all’italiana. E il «Grazie Napo» (ma grazie di cosa, esattamente?) non fa che proseguire, ancora una volta, la retorica televisiva berlusconiana iniziata quasi vent’anni fa. L’unica differenza è che la prosegue dall’altro lato della barricata.