Cinema Verite su Sky Cinema 1: Il Grande Fratello quando il Grande Fratello non c’era
Su Sky Cinema 1 con Cinema Verite l’alba del reality show
Quando riprendi con una cinepresa, la verità affiora in superficie
Questo dice il produttore di “An American Family” a Pat, mamma di 5 figli e moglie felice di Bill, tutti componenti del classico prototipo della tipica famiglia americana, almeno all’apparenza. Una frase però che per molti potrebbe essere anche rovesciata, non sono in pochi infatti che pensano, che dove è accesa una telecamera non c’è verità. E’ il 1971 e sta per prendere forma il primo reality show della storia della televisione. Di questo e di tutto quanto ruota attorno a questo si occupa il film “Cinema Verite” di Shari Springer Berman e Robert Pulcini, intepretato da Tim Robbins, James Gandolfini, Diane Lane, in onda in questi giorni su Sky cinema 1 (prossima emissione oggi su SkyCinema 1 alle ore 13:55).
E’ il 1971 e da quella frase, un pochino controversa, con cui abbiamo aperto il post, parte tutto il racconto sviluppato in questo film per la televisione prodotto dalla HBO, che ha vinto nove nomination agli Emmy. Craig Gilbert (Gandolfini) produttore televisivo, decide di mettere alle calcagna di una tipica famiglia americana una telecamera, per seguirne tutti gli spostamenti. L’intento è quello documentaristico ma da subito l’attrazione fatale per il voyeurismo è dietro l’angolo e prende il sopravvento, complici le eterni ambizioni di “audience” del produttore e della rete, i cui dirigenti si chiedono: “Da quando la vita comune è interessante?”.
Ma le dinamiche di una “tipica” famiglia americana virano immediatamente verso altre strade che all’interno delle proprie mura domestiche nascondono ben altre situazioni, molto meno politically correct di quel che sembra, a partire da un figlio omosessuale e da una vita di coppia che è ben diversa dalle apparenze. Il tutto nasce poi nell’inconsapevolezza generale di quello che vuol dire “essere ripresi da una telecamera”, anche se in verità quasi immediatamente cade questo diaframma, esaustiva la scena in cui all’aereoporto Bill ripete la battuta perché il cameraman aveva ancora la telecamera spenta. Una sorta di consapevolezza espansa che apre le scene a futuri paesaggi che sanno tanto di casa nostra d’oggi. La situazione coniugale fra Bill e Pat intanto va sempre più a rotoli e un ruolo importante nel far scoprire a lei i tradimenti di lui lo ha il produttore del programma.
In una scena che ricorda tantissimo alcuni colloqui fra i conduttori degli attuali reality e i concorrenti spiati, vediamo il produttore di “An american family” telefonare a Pat e raccontarle dei tradimenti del marito, sempre con quel tono fintamente rassicurante e bonario, quel tanto che basta per far scattare il bisogno a Pat di cacciare di casa il marito, assolutamente sotto l’occhio delle telecamere. Ma non è tutto, c’è anche il vampirismo parallelo che abbraccia i talk show, che vedono poi, durante la messa in onda del programma, che cattura nel 1973 oltre 10 milioni di americani, infiniti dibattiti con la famiglia Loud che spiega i risvolti della sua “partecipazione” al proto reality.
Il tutto nato poi e la cosa fa un po’ ridere, con un intento documentaristico, come la vocazione educational del canale americano PBS, che ha trasmesso il programma, effettivamente ha. Nel tempo sappiamo come sono andate le cose, il genere reality, per alcuni demonio della nostra televisione, qui in Italia ha perso la sua vocazione di partenza e dopo l’ingenuità della prima edizione del 2000 del nostro Grande Fratello, ha via via, attraverso varie declinazioni anche di altri titoli, mutato nel tempo il proprio dna, ma questo è un altro discorso.
La cosa ancora più curiosa però è nei titoli di coda di questo film, è cioè dove gli sceneggiatori ci dicono che fine hanno fatto i veri protagonisti di questa storia ed è qui che veniamo a sapere che ora Pat e Bill, dopo tutto, sono tornati a vivere assieme: forse quindi la realtà, stavolta, ha battuto il reality.