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Rai – Commissario, nomine, prorogatio o cambio governance?

Quale futuro per il servizio pubblico?

pubblicato 20 Marzo 2012 aggiornato 4 Settembre 2020 06:05


La battaglia che si sta consumando sulla Rai – sotterranea ma non troppo – potrebbe incidere parecchio sul futuro del servizio pubblico. La situazione è davvero di stallo e appare difficile da risolvere. Quali sono le posizioni delle parti in causa?

Il Pdl è assolutamente contrario sia all’ipotesi del commissariamento sia a quella del cambio di governance: il partito vorrebbe procedere alle nomine del cda Rai con l’attuale legge Gasparri e pare irremovibile.

Il Pd vorrebbe il cambio della governance o, in alternativa, il commissario straordinario. Al punto che, almeno sulla carta, vorrebbe addirittura uscire dal consiglio d’amministrazione qualora non si procedesse nell’uno o nell’altro senso. «Continuiamo a dire che così com’è, siamo molto preoccupati della riedizione della logica spartitoria e proprio per affermare la nostra estraneità a questo, noi non siederemo nel Consiglio di amministrazione della Rai. Il Pd non darà nessuna designazione», ha detto Anna Finocchiaro (capogruppo dei senatori Pd, a margine di un incontro del partito a Catania).

Il Terzo Polo è per il commissariamento, se necessario. Una presa di posizione ribadita sia da Fini sia da Casini, che di fatto pone il Pdl in una posizione di isolamento.

Ma effettivamente, quali sono le possibilità?

Naturalmente, c’è anche la prorogatio dell’attuale cda (alla quale sarebbe, però, molto contrario il Presidente della Repubblica), almeno dopo le amministrative (come suggerì il centrista Casini). Spiega Stefano Folli su Il Sole24Ore:

«Il punto è che l’attuale Cda, pur in scadenza, avrà bisogno di qualche settimana per completare i bilanci, circostanza che lo aiuterà a scivolare in modo naturale verso maggio. E poi non bisogna dimenticare che nel mese di aprile il governo dovrà prendere una decisione definitiva sulle frequenze tv […] ed è un po’ difficile immaginare che non esistano legami neanche indiretti fra la partita che tocca la gestione della Rai e lo sblocco del rebus delle frequenze».

D’altro canto, il Governo potrebbe, in effetti, nominare un commissario straordinario: occorrerebbe però ricorrere alla decretazione d’urgenza e far leva sulla “necessità ed urgenza” del provvedimento. Una necessità ed un’urgenza che, secondo molti, non ci sarebbero, visto che i conti sono a posto. Secondo alcuni analisti, poi, la Gasparri non lascerebbe spazio al commissariamento. Ma la decretazione d’urgenza può bypassare qualunque provvedimento, con il potere d’ordinanza. Certo, sarebbe un pessimo segnale e un atto d’imperio da parte del Governo Monti, ma è comunque tecnicamente possibile.

Il fatto è che secondo altri, la modifica della governance è assolutamente necessaria e stabilita per legge.

Lo scrive su Europa l’ex consigliere Nino Rizzo Nervo, che spiega:

«C’è una ragione per cui io credo che non si possa non riformare la governance. Non sono un giurista ma a me sembra che sia sfuggito a molti che vi è anche un obbligo giuridico di modificare la Gasparri. La legge finanziaria 2008 all’art. 3 comma 12, già fissava alcuni adempimenti per le società pubbliche non quotate in borsa tra cui la riduzione a cinque membri dei consigli di amministrazione. E’ intervenuta poi la legge di stabilizzazione finanziaria n. 122 del 2010 che all’art. 6 ha reiterato con maggiore forza quella disposizione. Il comma 5 stabilisce che «tutti gli enti pubblici, anche economici, e gli organismi pubblici, anche con personalità giuridica a diritto privato» devono […] ridurre a 5 il numero dei componenti dei consigli di amministrazione. […] Ora la Rai è senza alcun dubbio, in quanto società per azioni di proprietà per il 99% del Tesoro e per l’1% della Siae, un “ente pubblico economico con personalità giuridica di diritto privato” […] Rinnovare il consiglio di amministrazione con l’attuale normativa comporterebbe dunque un rischio: gli amministratori potrebbero essere chiamati a rispondere di danni all’erario mentre è concreta la prospettiva di un corposo contenzioso determinato da inevitabili ricorsi per l’invalidazione delle delibere di volta in volta adottate».

Insomma, il quadro pare estremamente ingarbugliato. Quel che è certo è che la partita politica sulla Rai è una questione fondamentale, se vogliamo, una questione «democratica».

E’ evidente che la soluzione più logica sarebbe una condivisa modifica della governance che liberasse, una volta per tutte, il servizio pubblico dalle ingerenze dei partiti. Ma non c’è la condivisione per farlo.

Foto | © TM News

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