Le tre rose di Eva hanno le spine: il pathos annullato dalla banalità
Le tre rose di Eva, la fiction di Canale 5, ha troppe banalità che rendono un prodotto potenzialmente forte una delusione
Chiamatelo feuiletton, melodramma o thriller, ma il risultato non cambia: una fiction che punta in alto, ma che sprofonda nella banalità di una storia carica di finta tensione ed interpretazioni figlie delle soap del pomeriggio: “Le tre rose di Eva”, in onda su Canale 5, delude nel suo primo episodio, mostrando numerosi limiti nonostante le potenzialità che evidenziava in partenza.
Innanzitutto, la storia: niente da dire sul ritmo, che ci porta rapidamente ai giorni nostri, evidenziando il conflitto tra Aurora (Anna Safroncik), accusata dell’omicidio Luca Monforte, ed il figlio di lui, Alessandro (Roberto Farnesi). Un contrasto che reggerebbe se non fosse per l’eccessivo attaccamento nei confronti della ragazza che lui dimostra, rappresentando così un personaggio incoerente con sè stesso, scritto per confondere -nel senso negativo- il pubblico.
Abbozzate le altre storyline (essendo impossibile raccontarle nel giro di una puntata), l’impressione è che “Le tre rose di Eva” sia stato pensato senza andare a fondo nella storia: il mistero intorno alla scomparsa della madre di Aurora e sull’assassinio del suo amante, che dà il via alle altre vicende, si carica di un pathos eccessivo per essere il primo episodio. Manca quel climax, quella tensione che permetterebbe al pubblico di appassionarsi lentamente ma costantemente alla storia.
Le tre rose di Eva
Così, invece, è come se le carte fossero subito messe in tavola: “sapete che la protagonista non è colpevole, che il suo ex fidanzato prova ancora qualcosa, che la sorella di lui ha dei problemi, che il maresciallo nasconde qualcosa, che Capparoni anche quando fa il prete ce lo immaginiamo ballare la salsa, che c’è un ‘cattivo’ pronto a tutto, e che Eva prima o poi sbucherà da qualche parte”.
Il problema è, ancora una volta, l’eccessivo didascalismo: tutto viene spiegato troppo, senza lasciare che s’insinui un dubbio che permetta alla storia di diventare più profonda. La fiducia nei confronti del pubblico è poca: deve sapere tutto quello che succede direttamente dalla fiction, “da solo non ci arriverebbe”.
Da qui, ecco i dialoghi, semplici e ripetitivi, già sentiti e di poco spessore, scritti per semplificare la storia invece che rendere più stretti i nodi tra le vicende che vengono presentate. Il tutto interpretato da un cast che si sforza poco e che non lascia il segno. Eppure, il cast corale conta alcuni elementi di spicco.
A “Le tre rose di Eva”, quindi, manca profondità e mistero: non bastano sottofondi musicali, primi piani ed attori affascinanti per dare senso ad una storia che sarà sicuramente ricca di colpi di scena, ma anche dei difetti della fiction italiana.