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Sky: in 7 anni investimenti per 9,2 miliardi di euro

La cifra in un rapporto della Fondazione Rosselli: a tanto ammonta il contributo di Sky al “sistema Italia”.

pubblicato 26 Aprile 2012 aggiornato 4 Settembre 2020 05:07


Quasi 9,2 miliardi di euro: questa è la cifra investita nel nostro paese fra il 2004 e il 2011, 7 anni nei quali la pay tv satellitare è cresciuta sia come numero di abbonati, sia come canali e servizi arrivando a movimentare fra effetti indiretti e diretti qualcosa come 19,2 miliardi di euro (l’1,3 del Pil in un anno pre crisi come il 2009). I dati sono stati elaborati dalla Fondazione Rosselli e dal suo Istituto di Economia di Media in un volume creato appositamente dal titolo “Effetto Sky: l’impatto sulla filiera ed il sistema economico in Italia” presentato durante il Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia.

E i posti di lavoro? Comprendendo l’indotto si stimano quasi in 121 mila unità le nuove posizioni lavorative generate da questa enorme male di investimenti mentre soltanto guardando i dipendenti “diretti” di Sky nel periodo in esame (compresi i contratti stagionali) si tratta di 21 mila lavoratori che sono stati “assunti” dalla pay tv satellitare.

Come spiega Flavia Barca, curatrice dello studio:

La piattaforma satellitare ha impattato sul mercato televisivo italiano in modo dirompente. La comparsa di Sky in Italia ha profondamente modificato il rapporto tra domanda e offerta televisiva, l’ammontare delle risorse del sistema, le capacità della tecnologia di ‘proteggere’ i contenuti dalla pirateria e di stimolare il consumo on demand. Ha avuto un impatto di rilievo sulle strategie di branding dei canali e dei prodotti televisivi, nonché sulla trasformazione di linguaggi e formati della tv. Ha inoltre portato consistenti investimenti esteri nel Paese, impattando positivamente sulla filiera televisiva e sul sistema economico nel suo complesso. Sicuramente l’impatto diretto e indiretto sul Pil non è sufficiente a restituire piena significanza al valore che viene prodotto dalle imprese attive nei settori sempre più integrati della cultura, della creatività e dell’economia digitale, ma costituisce un rilevante punto di partenza per analisi e ragionamenti più ampi e strutturati, specie in tempi di crisi economica.