Cda Rai – Sempre più urgenti le nomine
Saltato il numero legale, diventa sempre più pressante l’esigenza di un nuovo consiglio d’amministrazione per il servizio pubblico. Al voto forse il 3 luglio.
La vicenda de Cda Rai, ormai, ha del paradossale. Dopo che la Lega Nord e il Pdl hanno fatto saltare il numero legale in Commissione di Vigilanza, si tenta di mettere in calendario un altro voto, per il 3 luglio. Forse.
Il Pdl cercherà di convincere la Lega in modo che la vecchia maggioranza possa comunque esprimere quattro dei sette consiglieri che vengono nominati per istanza parlamentare. C’è anche l’Italia dei Valori, di mezzo: i dipietristi non vogliono partecipare nemmeno alla prossima votazione. Potrebbero cambiare idea solamente se, finalmente, la Commissione di Vigilanza prendesse in considerazione tutti i curricula ricevuti.
Quel che è certo, però, è che sanare questa situazione paradossale è sempre più urgente per il bene del servizio pubblico, che continua, paradossalmente, a vivere di presentazioni e dichiarazioni di un Cda ormai “scaduto” da tempo. Franco Siddi (FNSI), ha duramente stigmatizzato quanto accaduto in commissione di vigilanza con una nota:
«La Rai non può essere ancora trattata così, azienda pubblica e di servizio pubblico, fatta marcire dalla latitanza di gruppi politici (Pdl e Lega) che giocano altre partite, evidenziando ancora conflitti di interessi»
L’Usigrai continua a chiedere trasparenza:
«Chiediamo al presidente della Commissione parlamentare di Vigilanza di assumere un ruolo da protagonista in questa fase, anche perchè non è un presidente di turno, si tratta di Sergio Zavoli, il cui prestigio personale è noto a tutti. Non basta votare o ratificare, occorre chiarire la missione in questa fase dei nuovi vertici e scegliere,pur dovendo maneggiare una legge orrida, provando a seguire la strada della massima indipendenza possibile. Ci provi presidente Zavoli, noi la sosterremo».
Ma i problemi, a ben guardare, sono a monte.
E sono problemi, ahinoi, tragicamente ed endemicamente di carattere politico.
Il primo problema nasce dal fatto che il Governo di Mario Monti, nonostante le premesse e gli annunci fatti a più riprese (dallo stesso Monti e da Passera a Che tempo che fa, per esempio), a parte il rendere più “potente” il ticket Presidente-Direttore generale (perlomeno in termini di contratti sbloccabili) ha fatto poco o niente per cambiare realmente la governance (stabilire se il motivo sia che, tutto sommato, anche a questo Governo stia bene così o se questa situazione sia frutto di giochi di ricatto politico non ci è concesso).
Il secondo problema nasce, evidentemente, dalla mancanza di volontà dei partiti di porre davvero fine alla lottizzazione. Altrimenti, tutte queste difficoltà non si spiegherebbero in alcun modo.
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