Mediaset (e Quinta colonna), abbiamo più di un problema. Ma non prendiamocela solo con Salvo Sottile
Ecco perché il programma estivo di Canale5 non funziona: un problema di credibilità di brand (e risorse artistiche) Mediaset.
Partiamo col dire che l’ascolto non è mai la discriminante per parlare di televisione, ma sicuramente – in casi di trionfi come di tonfi – un sintomo non trascurabile.
Quinta colonna di Salvo Sottile è cominciato già riportando un ascolto molto basso per una prima serata di Canale5 (appena 1.811.000 spettatori e il 10.69%). La prima puntata ammiccava al Tabloid di Italia1 dello scorso anno, con la vicenda Fico-Balotelli, nonostante il conduttore avesse promesso di non trattare gossip.
Dalla seconda puntata si è vista una decisa inversione di tendenza: niente temi leggeri e al centro la contestatissima intervista esclusiva al comandante Schettino, in total style Quarto grado. Peccato che le polemiche non abbiano giovato all’Auditel, che è invece sceso (nonostante si parlasse di intervista a peso d’oro, ipotesi smentita da Sottile ma non da Mediaset), a 1.769.000 spettatori e il 10.34%.
A questo punto Sottile vira verso l’informazione politica e la sensibilizzazione verso tematiche sociali come la violenza sulle donne. Protagonista della terza puntata Angelino Alfano, mentre un inferocito Sgarbi in collegamento – dalla rissa ammicca-Auditel – litiga con Oscar Giannino. Risultato? Tonfo di ascolti, con una Canale5 superata dalle reti cadette: 1.294.000 spettatori e il 7.47% di share.
Canale5 non è credibile nell’attualità nuda e cruda? Sottile maschera su Twitter la sua multiforme scaletta come tentativo di sperimentazione, ma Quinta colonna, in compenso, ci rimette in identità, se mai ce l’abbia avuta. Così ieri sera Quinta Colonna è diventato Lucignolo Cinque: vips spiaggiati e trasgressioni sessuali, con il sottofondo mélo “al tempo della crisi” e Jerry Calà assurto ad esegeta del fuggi fuggi dalla Costa Smeralda.
L’ascolto, in effetti, è risalito rispetto alla terza puntata, pur mantenendosi entro soglie inaccettabili, che su Canale5, pur d’estate, supererebbe anche un film senza pretese: 1.729.000 spettatori e il 9.57%. Basti pensare che Canale5 ieri è stata la quinta rete, battuta persino dal Circo, dal Padrino su Rete4 e da una commedia su Italia1.
Sottile continua a schermarsi su Twitter, dicendo che non è facile fare questo e non è facile fare quello e, se si fanno meno ascolti, è perché si privilegia la qualità (quale? il veliero sullo sfondo di Schettino? il clone noir di Saviano in studio?).
Il punto è che sparare su Quinta Colonna solo perché è un flop (su, diciamolo) è troppo facile. E non perché effettivamente si tratti di un bel programma che sconta solo sfortuna o incomprensione dal pubblico, ma perché è la punta dell’iceberg, l’effetto collaterale di una patologia ben più grave.
Gregorio Paolini, sul suo blog, l’ha identificata in un problema di credibilità di brand che interessa in questo momento Mediaset, difendendo persino l’intervista a Schettino che tutti avrebbero criticato per i soliti pregiudizi.
Questo problema di credibilità di brand viene esasperato in un momento in cui la favola del Paese gaudente è finita, creando un rigetto nel target commerciale, che risponde, in compenso, con il boicottaggio via telecomando.
In forte discussione è soprattutto l’informazione della tv commerciale, che non solo non viene ritenuta credibile e imparziale, ma spesso rasenta la mistificazione più indigesta.
Ieri sera Matteo Marzotto è stato chiamato a parlare di crisi, nonostante per sua stessa ammissione sia un problema che non lo riguarda. E Daniela Santanchè ha approfittato del calo di domanda turistica di queste vacanze 2012 per denunciare il sistema fiscale di Monti (fa bene ricordare che nei programmi Mediaset si “può” parlare di crisi solo da quando è caduto il governo Berlusconi, mentre per anni l’economia era bandita dai talk).
A questo punto è intervenuta un’esponente del Pd in collegamento (non annunciata dai comunicati stampa sui giornali), mentre la Santanché in studio era spalleggiata dallo stesso conduttore e da Paolo Del Debbio, il cui fare paternalistico nei vox populi è da orticaria da sempre.
Ecco che Quinta colonna ha ereditato la tecnica del panino dal Direttore del Tg5 Clemente Mimun, accusato ai tempi di averla introdotta al Tg1: comincia la destra, obietta la sinistra (per garantire un briciolo di pluralismo), ma alla fine il punto, prima della pubblicità, lo rimette la destra (troppe tasse). Il tutto tra un bondage e un Briatore.
E’ questo il fare “sottilesco” che il pubblico percepisce e inizia a rifiutare, un modo di infiocchettare la realtà che ha finito per contagiare anche bravi professionisti votati al fuoco sacro del mestiere giornalistico, come Salvo Sottile, che ne è a sua volta una vittima inconsapevole.
Qualche giorno fa ho scoperto che Sottile, allora giovanissimo ma di una meticolosità encomiabile, è stato il primo a dare al Tg5 la conferma della morte di Paolo Borsellino, in seguito all’attentato di vent’anni fa.
E sia chiaro, lo stesso Sottile ha fatto di Quarto grado un successo grazie all’efficacia di una vis retorica e di un racconto che in tv, anche nei programmi di cronaca, non si erano mai visti.
Ma Sottile meriterebbe di tornare al giornalismo sul campo, fatto di notizie vere da dare – e perché no – anche da cavalcare con enfasi, purché dietro ci sia la ciccia.
Se quest’estate avessero sgozzato qualcuno Quinta colonna, probabilmente, sarebbe stato un grande successo. E questo non perché il conduttore sia uno che sguazza nel torbido, ma perché il suo pane è la cronaca in tempo reale di fatti ad alto tasso emotivo. Sottile è un anchorman da all news che si è auto-retrocesso all’infotainment per la Casalinga di Voghera.
Se a Sottile gli togli il pathos, lasciandogli temi di ordinaria amministrazione, il risultato è quello che avrebbe fatto un qualsiasi Pomeriggio Cinque in prima serata. E, se lo circondi di risorse artistiche dal seguito popolare discutibile, gli fai fare la fine della d’Urso, che da regina del brand Videonews ne é diventata la più criticatissima reuccia.
Per questo Quinta colonna ha lo stesso destino di Speciale Porta a porta: se non sei sincero nel raccontare la politica agli italiani, come Ballarò, o non sai fare il Santoro Show, allora tutti ti preferiranno il film al terzo passaggio.