London Inside, una caduta di stile per Sky. Conduzione dilettantesca di Gioia e Fabio
La tv a pagamento propone un documentario sulla città delle Olimpiadi 2012 a dir poco imbarazzante: scopri perché
Sfatiamo il falso mito che Sky does it better sempre e comunque. Anche nel mondo dell’interattività e dell’on demand satellitare si intravedono volti indesiderati e stili di conduzione a dir poco dilettanteschi.
Invito, chi non l’avesse già fatto, a recuperare su My Sky la versione integrale di London Inside, il documentario in pillole trasmesso su Nat Geo Adv in occasione delle Olimpiadi 2012. Il concept è quello della tipica trasferta metropolitana, per raccontare la multiforme identità della City tra tradizione e innovazione.
Peccato che già nel racconto si siano sprecati luoghi comuni triti e ritriti, da Notting Hill in cui imbattersi in Hugh Grant alle norme di galateo a Buckingham Palace. Gran parte del documentario poteva risalire a un decennio fa, visto che delle stesse Olimpiadi e di come abbiano ulteriormente migliorato l’assetto urbanistico londinese si è parlato poco e nulla. La stessa visita dei campi di Wimbledon è sembrata una gita turistica qualsiasi a San Siro in cui ti spiegano la manutenzione dell’erba.
Ma veniamo al vero tasto dolente di questa produzione: la conduzione assolutamente imbarazzante di Gioia Marzocchi e Fabio Mastrapasqua. Mi chiedo perché un critico come Aldo Grasso, da sempre attento a stroncare i peggiori miracolati in circolazione, abbia sottovalutato una coppia di tali dilettanti allo sbaraglio.
Di lei, primadonna storica di Sky Inside dalle grazie in Paradiso non pervenute, avevamo già parlato ai tempi di una sua rovinosa intervista rilasciata a Panorama. E’ quella che si è proposta a Zelig come erede dell’Incontrada, che ha rinnegato fiction come Rex e Ris perché vi recitano attori da cani e che si è sentita una vera attrice solo nel cortometraggio della Birra Moretti girato da Gabriele Muccino.
Dopo averla vista condurre un programma itinerante, che richiede ben più spigliatezza e spontaneità delle mini-interviste sul divanetto, ora ci spieghiamo perché Ozpetek non l’abbia ancora consacrata. Gioia recita (?) tutto il tempo il ruolo della vamp un po’ gattamorta, mentre a farle da cagnolino addomesticato – più che da partner alla conduzione – è tal Fabio.
Anche lui volto di Sky Inside, ha una dizione spiccatamente meridionale, che mal si sposa con il più ampio respiro internazionale della tv a pagamento. Posto che anche il sottoscritto è meridionale e ne va fiero, se mi si mandasse in video su Nat Geo Adv un corso di dizione lo farei. Se a ciò aggiungete la sua presenza scenica non proprio invidiabile – specialmente se ti usano come modello per farti provare il tight o lo smoking – allora c’è che in tv si è persa la cognizione della telegenia.
Fabio prova a dare un senso al proprio ruolo marciando sul fatto di essere quello impacciato e dominato dalla bellona rampante di turno, ma i due funzionano solo quando a blandirne la mediocrità è il MasterChef Barbieri. In un siparietto culinario ad hoc nel suo ristorante inglese, sulla falsariga del cooking show di Cielo, Barbieri ha rimesso i pani del giudice, svilendo i conduttori ad umili concorrenti.
Peccato che la retrocessione sia durata poco e Fabio e Gioia abbiano continuato a prestarsi a una formula autorale ridicola: l’intervista dove i conduttori parlano in italiano e gli interlocutori stranieri rispondono in inglese. Come se fossimo a Babele loro vanno dall’ospite british di turno e gli parlano come al vicino a casa, con affermazioni del tipo “noi ai garden party usiamo le infradito”.
Peggio di una Simona Ventura qualsiasi, insomma, che almeno a dire nice to meet you e all over the world ci arrivava. Gioia e Fabio non solo non spiccicano in onda una parola in inglese, ma fanno anche finta di non avere il traduttore, che poi interviene con voice over in post-produzione. Traduttore a sua volta difettoso, visto che ripete la parola inglese suit pronunciandola come se fosse suite.
L’importante è che Gioia e Fabio cambino abito per ogni occasione, come neanche Belen a Sanremo e la Brescia nelle scelte dei Mammoni. E che interagiscano tra loro con dei dialoghi che più recitato non si può, senza un briciolo di partecipazione e di reale complicità.
Quando si dice, un altro caso di conduttori-turisti in vacanza a spese degli abbonati, talmente sprovvisti di credibilità da portare a casa un prodotto televisivo molto scadente. Il che è inammissibile per una marchio come National Geographic, che non dovrebbe affidarsi al primo che capita.