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VENEZIA E TV: il cinema, nei media, come Fort Apache

Lo sapevo. Avevo scritto, venendo via dalla Mostra, che forse si sarebbe trattato di un penultimo e non di un ultimo post, perchè sospettavo che ce ne sarebbe stato un altro. L’ultimo? Chi si guarda un pò in giro, tra i media (giornali compresi), si accorge che il settore soffre, sta soffrendo assai. Le televisioni

11 Settembre 2012 21:50

Lo sapevo. Avevo scritto, venendo via dalla Mostra, che forse si sarebbe trattato di un penultimo e non di un ultimo post, perchè sospettavo che ce ne sarebbe stato un altro. L’ultimo?
Chi si guarda un pò in giro, tra i media (giornali compresi), si accorge che il settore soffre, sta soffrendo assai. Le televisioni fanno fatica con la pubblicità,devono fare tagli, mentre gli ascolti generalmente si appiattiscono.
Il cinema, nonostante il brillare opaco delle luci dal Lido trasmesse sui teleschermi un pò come un prezzemolo sfiorito, cerca di nascondere i suoi affanni, ma non ce la fa più tanto, al momento, in Italia.
Le proteste di Bellocchio e altri sui verdetti della giuria, e gli elogi sulla direzione di Alberto Barbera, scivolano via, lasciando domande. C’è inquietudine, c’è incertezza. Cinecittà bolle di scontri appena attutiti fra proprietà privata e addetti, mentre la parte pubblica (il Luce) sembra anch’essa in attesa, paralizzata.
Intanto, se sorgono qua e là le multisale,specie nelle province, a Roma e nelle grandi città si ripresenta il tema angoscioso della chiusura delle sale d’antan per fare posto a supermercati;esercenti, personale e spettatori patiscono.
Non solo.
Gli effetti dopo la Mostra, le reazioni negative di autori, critici, organizzatori culturali, provocano conseguenze.
Curzio Maltese, che ha commentato con favore la Mostra e ha attaccato gli isterismi di chi si è lamentato e ha alzato la voce, sulla Repubblica ha scritto un pezzo conclusivo, ironico e pungente sui protestari.
Francesco Bonami, ex direttore della Biennale d’arte veneziana, ha stigmatizzato le parole dello scontento Bellocchio, per il premio non ricevuto, e ha preso l’occasione per dirgli a brutto muso che da anni non azzecca un film.
Ma, a sentire i commentatori in tv o fuori registrazione, non si tratta solo dei risultati mediocri o non buoni dei film italiani presentati a Venezia. Il malessere circola e non possono essere Garrone o Sorrentino ad alleviare le pene della situazione.
Ricordo che in un libro sulla cultura italiana un intellettuale che non c’è più, Edmondo Berselli, molto stimato, attaccò Bernardo Bertolucci con gli stessi giudizi duri che Bonami dà di Bellocchio. Giudizi riassumibili in una invettiva: il cinema italiano non sa più raccontare.
E’ vero? non è vero? L’invettiva è esagerata. Ma diversi film stranieri alla Mostra avevano qualità narrative straordinarie, nel senso che erano efficaci, “pungevano”, bucavano. Confronti su cui interrogarsi.
Guardandosi intorno a Venezia, a Roma e anche altro, affiora la sensazione di un assedio. I produttori, i mezzi produttori, la gente che dovrebbe credere e sostenere il cinema, molti registi e attori, molti critici e giornalisti hanno l’aspetto preoccupato o sfuggente di chi non sa dove voltarsi, con chi scambiare idee; ognuno dietro le precarie difese di un vecchio e cigolante Fort Apache.
Il cinema sembra avvilito non da una crisi ma da una sciatteria complessiva. Tutti sono timidi, tutti hanno paura di sbagliare, si copiano tra loro; e, soprattutto, a mio parere, stanno cedendo alla sottile, viscida influenza delle fiction tv.
Non si notano, in questo Fort Apache, grandi energie, voci, gesti concreti.
Solo segnali di fumo. Per comunicare cosa? Forse una parola, tante parole, tutti tradotte in nuvolette da fumetti, con un unico, ricorrente significato: abbiamo paura!
Che il cinema stia chiedendo, sempre meno sommessamente,di essere rottamato? Ma con calma,con molta calma per non comprottere quel poco che gli è rimasto in saccoccia, e di cui va ancora a caccia nelle tv e nel ministero.
Italo Moscati