Questa ci mancava. Perché mai un giornalista contrattualizzato con la Rai, servizio pubblico, deve andare in onda per forza? Se non ne ha voglia nessuno lo costringe (no, nemmeno il contratto). Perché mai uno che prende 3000 euro a puntata deve accettare di parlare per 5 minuti davanti ad una telecamera? Se non ne ha voglia, sarà libero di dire di no e di rimanersene a casa o in ufficio? Sarà libero di infischiarsene e di non spiegare ai cittadini (che lo apprezzano o che lo disprezzano) che pagano il canone il motivo dell’assenza (anche nell’ipotesi che sia l’azienda a negargli la messa in onda)?
Giuliano Ferrara stamattina ha regalato una chicca d’altri tempi. Intervistato da Alessandro Milan di Radio 24, il direttore de Il Foglio risponde così alla domanda “Perché da tre giorni non va in onda in Rai?”
Perche non ne ho voglia, mettiamola così. Non erano domande alle quali intendevo rispondere. Sono ca*zi miei, diciamo.
Sì, il buon Ferrara non era pronto a rispondere a questo quesito che nessuno mai avrebbe pensato gli venisse posto; sebbene da lunedì sia scoppiato il caso che riguarda Qui Radio Londra; il segmento da lui condotto che sarebbe dovuto partire il 24 settembre dopo il Tg1 e che invece è saltato (ne abbiamo parlato qui). E così Ferrara credeva di cavarsela (l’ingenuità è evidentemente finta) con un commento sul caso Sallusti, del quale poco prima aveva appunto parlato in radio.
Milan, stoico, insiste chiedendo: “Oggi almeno andrà in onda?”
Andiamo avanti. C’è una famosa dicitura: fine delle trasmissioni. Poi si suona l’inno nazionale, ci sono sigle, il cielo, le nuvole eccetera. Accontentatevi di questo. Arrivederci.
E butta giù. Qui potete ascoltare il divertente, diciamo così, dialogo. Accontentiamoci.