E’ una vicenda che deve far riflettere. Innanzitutto la notizia: Qui Radio Londra chiude. E’ Giuliano Ferrara ad annunciarlo stamane attraverso le pagine del suo Foglio (ha evidentemente trovato all’improvviso la voglia di spiegare, dopo le parole di ieri). Il giornalista si definisce vittima di mobbing tirando in ballo le responsabilità di un “funzionario Rai“. Ecco quanto scritto dal direttore in risposta ad una missiva di un lettore:
Sono oggetto di un grottesto e prolungato da parte di un funzionario Rai. Tutti lo sanno. Non voglio lavorare per un editore che non è dalla parte del mio lavoro. Ho molte altre cose da fare che mi interessano. Non recrimino e non ho nulla da pretendere. Ringrazio i collaboratori saluto cortesemente il pubblico. Non chiedo che di essere lasciato in pace. Mi infastidisce solo l’idea di essere trascinato in una rissa a sfondo televisivo. Fine delle trasmissioni. Punto.
In molti pensano che con “funzionario Rai” Ferrara si riferisca a Mauro Mazza, direttore di Rai1 che in passato aveva tentato di spostare Qui Radio Londra nel daytime. E che, soprattutto, lunedì, come vi abbiamo già raccontato, ha deciso di non mandare in onda la prima puntata della nuova stagione in quanto ormai anacronistica. Ecco la replica di Mazza, peraltro condivisibile nel merito:
Non so con chi ce l’abbia. Io non sono un funzionario, sono un giornalista, direttore di Raiuno pro tempore. Lunedì di fronte ad una registrazione superata dagli eventi ho preso, nella irreperibilità di Ferrara, la sola decisione possibile. L’avrebbe presa anche il direttore de Il Foglio.
Cosa ne emerge? Che un’azienda pubblica ha permesso che una situazione di questo tipo, estrema e difficilmente ripetibile, sia andata avanti per quasi una settimana. Il rispetto per il pubblico dove è? Non si tratta di una mera e improvvisa cancellazione di una puntata di una soap opera, ma di un programma che, almeno in teoria, doveva fungere da servizio pubblico (per qualcuno parrà incredibile, ma è così) e che in ogni caso aveva il compito di stimolare l’opinione pubblica sui temi dell’attualità. Bisognerebbe far presente ai protagonisti della vicenda, Ferrara e la Rai, che beghe personali e malintesi interni non doveno (dovrebbero) ripecuotersi sul pubblico televisivo.
La Rai, certo, sembra essere riuscita a liberarsi di un programma che dal punto di vista degli ascolti non ha mai brillato sin dalla prima puntata (14 marzo 2011) e per il quale ha pagato non poco il suo conduttore (circa 3000 euro a puntata!). Ma i modi e i tempi lasciano interdetti, francamente.
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