Rock Economy: passi il “rock”, ma l’economy non serve allo show né all’approfondimento
Un esercizio di stile vuoto e fine a se stesso, incastonato in un concerto di Adriano Celentano.
Rock Economy, prima serata (8 ottobre 2012)
Rock Economy è una di quelle trasmissioni che ti costringe per forza a scrivere prima che siano usciti i numerelli che poi verranno commentati e utilizzati strumentalmente per dimostrare tesi (i numerelli dell’Auditel, ovviamente), perché quel che scrivi deve essere scevro dal pregiudizio dello share.
Adriano Celentano doveva cantare. Glie l’hanno ripetuto dal pubblico, glie l’ha ripetuto Gianni Morandi sul palco, salvando la baracca: era evidente a tutti. Il ragazzo della via Gluck, Prisencolinensinainciusol, Svalutation, L’emozione non ha voce: è questo quel che voleva il suo pubblico. E’ questo che sarebbe bastato a tutti (non ai giornalisti a caccia del virgolettato “pesante”, ovviamente)
Invece niente, non ha saputo – e con lui chi ha lavorato allo show – rinunciare al resto. In parte perché se non ci fosse stato qualcosa di cui parlare, allora l’evento non sarebbe stato tanto evento (anche se non teneva un concerto da 18 anni. In realtà, come testimonia il video, Celentano si era esibito l’8 marzo 2008, per festeggiare il centenario dell’Inter al Meazza di Milano. Cantò, allora, Il ragazzo della via Gluck, con qualche invettiva semi-politica annessa, poi si esibì con Massimo Moratti). In parte perché, evidentemente, Celentano ci crede. E così, il virgolettato pesante arriva, grazie a Fitoussi, che dice che in Europa siamo in una «dittatura». Perfetto, via con le rotative. E non è che il problema ci sia oscuro, sia chiaro: è solo che andrebbe affrontato in altro contesto, in altre modalità. La tecnocrazia, la “dittatura” dei mercati, il fiscal compact, il default, lo spread, declinati in un bar decadente nell’Arena di Verona, non fanno altro che far sembrare questi concetti da un lato estremamente esoterici e dall’altro talmente banali da poter trovare la soluzione in dieci minuti ritagliati dentro ad uno show televisivo.
Ma a cosa crede, esattamente, Celentano? Questa è la vera domanda. Perché non è che, in astratto, si possa dire che siano stati veicolati concetti “sbagliati”. Ma come si può citare la decrescita in un’Arena di Verona con
«un impianto audio da 100 mila watt. E ancora, 800 metri quadrati di schermi led, 400 fari motorizzati per le luci, 130 motori»?
Come si fa a citare Latouche e il potentissimo
La concorrenza non dovrebbe poggiare sul prezzo del lavoro e quindi sulla vita degli uomini. Non si può accettare di ridurre i costi mettendo i lavoratori in concorrenza per costringerli ad accettare stipendi sempre inferiori a un tenore di vita decente»
in uno show commerciale su una tv commerciale senza pensare che qualcuno alzerà il ditino – e spiace doverlo fare, davvero, e non è per essere sempre quello contro, ma per amor di buon senso e pensiero critico – e farà notare l’incongruenza?
Come si può incastonare l’economia che tenta di spiegare Fitoussi in una scenografia da bar che appiattisce il discorso, impedisce la complessità, rende tutto alla stregua di osservazioni da uomo qualunque?
E lasciamo stare i problemi audio. Lasciamo stare gli urletti dal pubblico (ugualmente fastidiosi, sia quando inneggiano sia quando criticano): come si può far fare a Rizzo e Stella (i paladini dell’anticasta) la figura di due dei quattro amici al bar? Perché loro stessi si prestano?
Perché buttarla sull’indignazione di pancia? Sulle tasse da non pagare (L’Artigiano), sul concetto del debito da cancellare – Fitoussi ci prova, a spiegare il concetto complesso, ma provaci, tu, a spiegare una cosa del genere all’Arena di Verona mentre la gente aspetta che Celentano canti e sei in diretta tv. E anche Fitoussi, non ci poteva pensare prima? – nella sua semplificazione più deteriore e semplicistica?
Il pubblico di Celentano all’Arena, quello lui che vorrebbe colpire alla pancia, non premia il Molleggiato né nei silenzi, né nei sermoni, né nella lezione. «Canta», «Canta che è meglio», «Perché non canti».
Se canta, Adriano al suo pubblico sembra ancora rock, anche se gli anni passano.
L’economy invece è lenta, e parlarne così non serve proprio a nessuno. Nè allo show nè all’approfondimento. Che poi, come si fa a non applaudire quando si parla di decrescita (in maniera generica, così, senza che ci si rifletta su, senza che si pensi a cosa vorrebbe dire davvero per le nostre vite quotidiane. A cominciare dalle vite di tutti quei vip che erano lì in prima fila. Solo che applaudire quando si dice decrescita o salari più alti o cose simili fa tanto gente-bene-radical-chic).
C’è solo un merito in tutto questo: la possibilità di farci mettere, persino qui su TvBlog, qualche link per chi volesse entrare un po’ più a fondo nelle questioni su cui sono stati lanciati spunti per nulla esaustivi, e andare al di là della chiacchiera da bar. Il resto è un concerto di Adriano Celentano in due puntate, stasera e domani. E anche se a lui non basta, dovrebbe sapersi accontentare, perché evidentemente il resto non funziona più.
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Per approfondimenti:
– Il Manifesto per la decrescita di Serge Latouche
– La relazione Far fronte ai pericoli del mercato mondiale, sempre di Serge Latouche
– Il rapporto Stiglitz-Sen-Fitoussi sugli indicatori del benessere
E, per un approfondimento un po’ più recente, non citato nello show ma a tema: David Gaeber, Il Debito – Storia degli ultimi 5000 anni