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Ratings Guy: quando i Griffin prendono in giro l’Auditel (video)

Cosa succede se I Griffin diventano una famiglia campione per l’Auditel? Ecco un ritratto della rilevazione degli ascolti tv second Seth MacFarlane

10 Ottobre 2012 14:02

I GriffinCerto che se Seth MacFarlane avesse pensato all’episodio de “I Griffin” andato in onda lunedì scorso in America qualche mese fa, sarebbe stato perfetto per chiudere il nostro “WIDG”. Perchè “Ratings guy”, il secondo episodio dell’undicesima stagione del cartoon più irriverente della televisione generalista americana, parla proprio come l’Auditel, ormai, sia sopravvalutato. Anche negli Stati Uniti.

Nella puntata in questione, i Griffin vengono scelti da Niesel per diventare una famiglia campione del sistema di rilevamento degli ascolti tv. Peter, entusiasta, non si accontenta di un solo meter e, dopo averne rubato un centinaio, inizia a sfruttare il suo vantaggio influenzando e minacciando i protagonisti della tv nazionale. Pretendendo che in “Mad Men” i protagonisti combattano con le spade laser o che in “Breaking Bad” i personaggi usino i pattini a rotelle.

Ben presto, però, il resto della popolazione di Quoagh Quahog inizia a lamentarsi di come Peter abbia cambiato la tv a suo vantaggio, promettendo di sintonizzare il proprio televisore sui programmi che avrebbero obbedito alle sue richieste. Dopo un breve scontro, per Peter arriva il momento di riparare al danno, contattando tutti i produttori televisivi e chiedendo loro di tornare a fare la tv che sapevano fare, con show insensati (“Un alieno che viaggia indietro nel tempo ed incontra un koala in una città dell’est Europa”, propone J.J. Abrams), comedy prevedibili, procedural simili tra di loro (a Dick Wolf Peter chiede di fare “sei Law and order”) o reality che umilino la gente.

Permeato dal solito nonsense che ha reso “I Griffin” la più cinica delle serie tv animate in America e Seth MacFarlane uno degli autori più amati dallo star business (tanto che sarà conduttore degli Oscar), l’episodio, se visto da una diversa prospettiva, diventa un’evidente critica al sistema di rilevazione dei dati che, così come in Italia, viene giudicato obsoleto.

MacFarlane si chiede come siano scelte le famiglie campione -i Griffin ricevono una lettera da Nielsen, e niente più: la curiosità di sapere come siano stati selezionati svanisce una volta arrivato il tecnico per l’installazione del meter-, quanto esse possano influenzare la produzione televisiva, e soprattutto quanto siano rappresentative della popolazione intera.

Peter Griffin riesce a modificare a suo piacimento tutti i programmi tv che segue, rendendolo inguardabili e brutti secondo i suoi amici. Per lui, invece, c’è stato solo un miglioramento. E’ chiaro quello che sta cercando di dirci la serie: la tv cambia a seconda dell’opinione e del gusto di un gruppo ristretto di spettatori, privilegiati dall’auditel ed a cui spetta decidere anche per conto terzi, senza però sapere se le loro scelte saranno condivise.

Sia chiaro: l’episodio in questione non solleva polemiche nè lancia pensati atti d’accusa al sistema televisivo americano. Piuttosto, trasmette un messaggio a tutti coloro che, per curiosità o passione, controllano ogni giorno i dati di ascolti e giocano a “chi ha vinto e chi ha perso”: siamo sicuri che questo sia il metodo migliore per giudicare un programma tv?

Il saggio cane Brian propone, una volta installato il rilevatore, di dare rilevanza ai programmi di qualità, come quelli della Pbs (la tv di Stato americana, che trasmette documentari ed approfondimenti), consiglio che viene ascoltato giusto per la durata di una battuta. E’ triste, ma è anche vero: i numeri sono spesso appannaggio di quei programmi prontamente stroncati dalla critica e dall’opinione pubblica il giorno dopo. Eppure, le tv li ripropongono, forti di quei numeri, in un circolo vizioso in cui i “Peter” americani (ma anche italiani) decidono solo per sè cosa sia meglio guardare, e non per tutti, come invece si pensa.

Nell’episodio non si nomina il qualitel, ma sembra che gli autori vogliano proporre quella alternativa. Ma, essendo sempre un cartoon, le cose prendono una piega del tutto diversa. Forte di una sceneggiatura a dir poco brillante e di un ricco cast di personaggi che in America sono conosciuti come guru della tv (oltre ad Abrams e Wolf, si sentono Dan Castellaneta, il cui Homer incontra Peter -ma attenzione: non è la prima volta-, Jon Hamm ed il produttore Mark Burnett, quello di “The Voice”), la puntata si chiude tornando al punto di partenza: i cento meter di Peter vengono presi dal vecchio pedofilo della città, pronto ad influenzare i programmi per ragazzi. Forse un finale drastico, ma emblematico di come l’auditel, alla fine, nel bene e nel male vinca sempre.

(per la cronaca, l’episodio è stato visto da 6,7 milioni di telespettatori, con rating nella fascia 18-49 anni del 3.2. Numeri che salvano “I Griffin” dall’idea, dei più maliziosi, che una puntata del genere sia stata scritta perchè l’auditel non è benevolo con loro, a differenza di come, in Italia, qualcuno in passato ha cercato di fare).

I Griffin (Family Guy)