Bruno Vespa: “Porta a Porta è programma riflessivo e il mio è giornalismo responsabile”
Lo storico giornalista della Rai spiega a Il Giornale che i talk show non sono morti.
Bruno Vespa, intervistato da Il Giornale, ne è sicuro: i talk show non sono morti. E molto in questo senso dipende dal contenuto piuttosto che dal contenitore. Insomma a (far) cambiare sono le persone:
Le novità non arrivano dai contenitori, ma dai contenuti e dalle diverse capacità di interpretare i cambiamenti. Con la puntata che aveva Renzi protagonista, con quella sulle primarie del Pdl e l’altra sera parlando di Avetrana ho raggiunto il 22 per cento di share. La formula è la stessa, la differenza la fa quello che ci metti dentro.
In verità Porta a Porta a quel 22% (che di certo non corrisponde alla media di tutta la puntata, che è molto più bassa) fatica ad arrivarci, come dimostrano anche i recentissimi dati auditel. Ciò nonostante per lo storico giornalista della Rai il problema non è nel format, ma nel fatto “che improvvisamente sono invecchiate le facce“. E allora, perché non dare spazio alla cosiddetta società civile?
Forse è un nostro limite. Ma rappresentarla non è facile. La società civile sono i sindacati? A me sembrano più casta loro dei partiti. Lo sono le categorie produttive e i professionisti che si muovono per lobby e bloccano le liberalizzazioni? A volte si parla di società civile e si finisce in braccio all’inciviltà.
Considerazione in effetti sensata. E se il suo viene definito un programma della casta, che dà voce quasi sempre solo a politici e giornalisti, Vespa obietta tirando in ballo il giornalismo responsabile:
Io credo in un giornalismo responsabile. Sebbene sia un ammiratore di Paolo Del Debbio, lavorando in un servizio pubblico non posso trasformare Porta a Porta in uno sfogatoio. Devo esser capace, e non sempre lo sono, di parlare degli stessi problemi in modo più articolato.
Insomma, il suo è un programma “riflessivo“ e non d’attacco come Servizio Pubblico, Piazzapulita e In Onda:
Dico sempre di aver da imparare da tutte le trasmissioni. Ma fare un programma d’attacco è più facile che proporne uno riflessivo.
Quindi la questione dei confronti televisivi tra i leader dei partiti, che torneranno probabilmente all’ordine del giorno nella calda campagna elettorale che ci attende da qui alle prossime settimane:
Non è facile convincere i leader a incontrarsi. Dopo il confronto d’inizio stagione Bersani non ha più voluto incontrare Alfano. Berlusconi accetta i faccia a faccia solo se è indietro nei sondaggi. Alla fine si fanno solo quando sono obbligati. In campagna elettorale o per le primarie del Pdl, se mai ci saranno.
Infine, il Vespa scrittore e storico (ha pubblicato il suo nuovo libro, ve ne eravate accorti per caso?). Le cui posizioni liberali e moderate avrebbero disturbato perfino i critici televisivi che per vendetta gli stroncano i programmi tv:
Forse risulto antipatico, non so… Sono sempre stato vissuto come un corpo estraneo. Non è mai successo che un moderato avesse un ruolo così stabilmente visibile in tv e con i libri. Forse sono proprio i libri ad aver fatto sbroccare qualcuno. I cattolici e i liberali non hanno mai avuto un vero ruolo da protagonisti nel giornalismo. Se mi è concesso, senza far paragoni, lo stesso Montanelli conquistò grande popolarità quando venne sponsorizzato dalle sinistre. Mentre prima era il diavolo.
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