Il 2012 della gamification secondo Link, tra la social tv dei coupon Usa e “il che perda il migliore” di Gerry Scotti
Gamification. E’ il bizzarro mantra del 2012 coniato da Link, periodico di comunicazione televisiva curato dal marketing strategico di Mediaset/RTI, nel nuovo volume appena edito: Insert Coin / Game over è il titolo, doppio come i due libri in uno che contiene, con due cover story che si intrecciano.Cos’è la Gamification? La definizione ce la
Gamification. E’ il bizzarro mantra del 2012 coniato da Link, periodico di comunicazione televisiva curato dal marketing strategico di Mediaset/RTI, nel nuovo volume appena edito: Insert Coin / Game over è il titolo, doppio come i due libri in uno che contiene, con due cover story che si intrecciano.
Cos’è la Gamification? La definizione ce la offre Matteo Bittanti, ricercatore sui videogiochi presso la Standford University e la University of California, Berkeley:
“E’ un termine nuovo che descrive una pratica (relativamente) vecchia: l’uso di meccanismi ludici per la progettazione e l’esecuzione di attività non giocose. Consiste, praticamente, nella creazione di sistemi di gratificazione e di approcci ‘divertenti’ per incentivare gli individui a raggiungere specifici obiettivi. Solitamente, gli schermi tipici della gamification, italianizzato con l’altrettanto orrido termine ‘ludicizzazione’, misurano e premiano gli aspetti quantificabili della performance e del feedback degli utenti, mentre ignorano quasi completamente gli aspetti qualitativi dell’esperienza”.
Della serie, anche le dilaganti infografiche sull’Auditel di Twitter non potranno ritenersi un vero indice di gradimento? A chiarire i presupposti e le implicazioni della gamification sulla tv è Fabio Guarnaccia nel suo editoriale:
“Il gioco è ormai ovunque. Con il gioco impariamo a usare le macchina, a stabilire nuovi tipi di relazione, a dialogare con i brand commerciali, ma anche a fare i soldi con i soldi. E la televisione, da sempre macchina ludica oltre che narrativa, si è trasformata da giocattolo in gioco. Il second screen, con i device mobili usati per commentare i programmi, promette al piccolo schermo di stabilire un contatto diretto con il pubblico. Sono numeroso le app che consentono agli utenti di condividere commenti, fare check-in e accumulare badge, tanto che guardare la tv sembra diventato un lavoro oltre che un gioco”.
Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente di Strategia presso la scuola di Direzione aziendale alla Bocconi, sottolinea appunto come
“la televisione è sempre più chiacchiera, i suoi programmi sono il perno di conversazioni online e offline. La chiave perché il broadcaster ne tragga ricavo sta nel gestire la sintassi, nel tenere le redini delle occasioni in cui il flusso tv diventa gioco, materiale da costruzione di immaginari”.
Questo, in realtà, è un fenomeno tutto americano non ancora attecchito in Italia, in cui la componente virale contribuisce sì all’audience di X Factor, ma non è stata ancora così sistematizzata come business. A ricostruire, invece, cosa avviene negli States è Alessia Assasselli:
“A partire dal 2008 sono nati alcuni alcuni servizi di tv check-in, sulla falsariga di Foursquare. Senza dubbio vale la pena di prenderne in considerazione due, operative sul mercato già da qualche anno e con molti utenti al seguito: GetGlue (3 milioni di fruitori) e Miso (300.000). Funzionano più o meno allo stesso modo: se voglio far sapere a tutti i miei contatti sui social network che sto guardando la season premiere di How I Met Your Mother, faccio check-in e lo condivido, magari guadagnandoci un distintivo virtuale (badge) con il quale posso vantarmi con gli amici. L’idea è puntare sui meccanismi della gamification, invogliando gli amici a usare l’app per guadagnare punti che consentono di ottenere ricompense (nel caso di GetGlue, sticker veri e propri inviati per posta). Cosa che può anche creare ‘dipendenza’ all’inizio, soprattutto puntando sul fascino del collezionismo. Esistono infatti siti e forum in cui gli utenti raccolgono liste dei distintivi per ogni show e i trucchi necessari per ottenerli. Viggle, altra applicazione per la social tv, offre qualcosa in più: ricompense reali. Guardando un trailer, una pubblicità o facendo check-in su un programma tramite audio recognition si guadagnano punti da convertire in coupon per Starbucks, Burger King, iTunes ma anche, con parecchio lavoro accumulato, per un iPod Touch o un Kindle Fire”.
Il rischio dietro l’angolo, sottolinea l’autrice, è quello di Pazzi per la spesa. Per questo le stesse GetGlue e Miso si sono evolute da quest’anno: la prima ha integrato l’aspetto ludico della raccolta di sticker con una guida tv social e personalizzata, la seconda ha introdotto SideShow, una sorta di tool che consente di pubblicare contenuti sincronizzati con il programma in tv (durante la visione si può rispondere a sondaggi o quiz o ricevere informazioni sui personaggi).
In Italia siamo ancora lontani anni luce da tutto questo: la D’Urso pronuncia da poco a vanvera la parola “social”, anche se tremiamo al pensiero che possa invogliarci a seguirla distribuendo coupon. In compenso da noi è accaduto uno strano fenomeno: nell’era della crisi la sacra formula del quiz è diventata un gioco al massacro, una sfida tra poveri. Intuizione, questa, di Nico Morabito, geniale blogger di Tuttofamedia oltre che sceneggiatore:
“La Promessa televisiva si è rovesciata. La posta in palio di Money Drop è la stessa di Chi vuol essere milionario, suo predecessore nei sogni del pianeta: un Milione, che però non arriva più alla fine del percorso. Il Milione ora è subito là, su un piatto d’argento, e difenderlo non è lo stesso che guadagnarlo. Non solo. Proprio nel momento in cui il Denaro assume centralità fisica, tattile, e gli si dedica la massima spettacolarizzazione, prende l’aspetto di un beffardo ologramma. Money Drop è un gioco in cui la delusione è sempre più forte di ogni possibile gioia, un gioco in sui scommetti sulle tue ignoranze, in cui perdi anche se riesci a vincere. E non potrebbe essere altrimenti, quando l’impalcatura si regge su basi tremebonde come le paure e le incertezze, per giunta moltiplicate per due. Tre, due, uno, che perda il migliore”.
Questi sono solo degli stralci dei saggi contenuti nell’ultimo volume di Link Insert Coin / Game Over, prodigo di tantissimi spunti e firme autorevoli (c’è anche un articolo di Gregorio Paolini).
Segnaliamo che di Link è stata rilasciata un’applicazione gratuita, Link. Television Culture, che d’ora in poi raccoglierà i nuovi volumi della collana: ai contenuti del volume cartaceo si affianca materiale esclusivo appositamente pensato per la fruizione interattiva.
L’app di Link 12 – Insert Coin / Game Over e questo numero del magazine sono disponibili gratuitamente su App Store per iPad all’indirizzo http://tinyurl.com/Linktvapp e a breve saranno disponibili anche per Kindle.