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Gigi Proietti contro i talk show: “E’ tutto telefonato. Non informano”

L’attore romano critica il genere televisivo parlando di ‘maschere’.

pubblicato 11 Febbraio 2013 aggiornato 3 Settembre 2020 21:33

In occasione della promozione del suo nuovo spettacolo teatrale (domenica a Genova), Pierino e il lupo, nuova versione della fiaba musicata da Sergej Prokofiev nel 1936, Gigi Proietti ha rilasciato un’intervista a Il Secolo XIX nella quale ha parlato diffusamente di televisione. Innanzitutto dal punto di vista di protagonista del piccolo schermo, considerato che prossimamente andrà in onda una pellicola del cui cast fa parte:

Ho finito di girare un film di due ore, è un remake televisivo del film di Luigi Magni “In nome del Papa re” interpretato da Nino Manfredi nel 1977, il regista è il figlio Luca e andrà in onda su Raiuno, credo a fine marzo a aprile. La storia è ambientata nel 1867, tre anni prima della breccia di Porta Pia e io farò la parte di monsignor Colombo. La stessa che fu di Manfredi

Quindi ha parlato il Proietti telespettatore, per niente snob ma molto critico:

Io non sono di quelli che orgogliosamente dicono “non la vedo”, io la vedo. Non ho la pazienza di vedermi le cose a puntate perché non sempre sono a casa. Preferisco vedermi dei film o lo sport o i cosiddetti approfondimenti politici. Non so perché li chiamino così, a me sembra di sentire sempre lo stesso discorso

Quindi l’affondo sul genere televisivo che anche a un altro celebre uomo di spettacolo (e in passato della tv) proprio non piace, Beppe Grillo. Quando gli è stato chiesto se i talk vanno abbastanza a fondo nelle questioni politiche, l’attore romano ha replicato:

Mi sembra più facile che vada a fondo l’Italia. Io ho seguito molto, da cittadino, i talk show politici, ma è molto frustrante. Alla fine di un programma di questo genere non mi sento più informato di prima. Cominci a guardare e ti rendi conto che è tutto “telefonato”, sai già cosa dirà fra cinque minuti quello, sei certo che subito dopo l’altro alzerà la voce (…) Sono maschere, un po’ come nella commedia dell’arte, maschere temporanee ma pur sempre maschere. C’è Spaventa, Balanzone, Arlecchino. Sono dei ruoli specifici, non politici ma mediatici.

Parole condivisibili o demagogia spicciola?

Foto | Getty Images