Valeria Fabrizi: “La tv è un giocattolo rotto, non c’è ricambio” (e vorrebbe condurre “cinque minuti” la domenica pomeriggio)
In un’intervista, Valeria Fabrizi accusa la tv italiana di non avere un ricambio. Poi ammette che vorrebbe avere uno spazio la domenica pomeriggio
Preferisce la tv al cinema, sebbene sul grande schermo abbia lavorato molto. Eppure, dice Valeria Fabrizi, che il pubblico di Raiuno sta vedendo da giovedì scorso in “Che Dio ci aiuti 2” (partito con oltre sette milioni di telespettatori), “la televisione è un mezzo molto più diretto. Io ho avuto successo anche al cinema, e recentemente, con ‘Notte prima degli esami’ di Fausto Brizzi, sono piaciuta persino ai giovani che non mi conoscevano. Fare la tv è come stare sempre sui giornali e per me è molto importante visto che non ho più l’età per conquistare i rotocalchi con il gossip”.
Non si fa desiderare dalla tv, la Fabrizi, anzi: prima di diventare suor Costanza, la madre superiora che consiglia e sopporta suor Angela (Elena Sofia Ricci) nella fiction di Raiuno, aveva partecipato ad altre serie lunghe come “Linda e il brigadiere” e “Sei forte maestro”.
Un amore per la televisione che va inteso nel senso professionale: intervistata dall’ “Eco di Bergamo”, l’attrice non si fa mancare la (solita) critica al mondo dei reality e delle ragazze che vogliono arrivare in alto lavorando poco, a differenza delle soubrette di quando iniziò a lavorare nello spettacolo:
“Erano molto più castigate di quelle di oggi e dovevano comunque saper fare qualcosa. Oggi la gavetta non esiste più, tutte voglio fare le veline o il Grande Fratello, appaiono quattro o cinque volte in televisione e si sentono già qualcuno. Non basta essere belle, anche se può aprirti delle porte. Io ero una ‘bella figliola’, ho partecipato anche a concorsi di bellezza, ma a volte il mio aspetto ha dovuto fare i conti con il mio modo di essere: se non vuoi cedere, le porte spesso si richiudono”.
La tv, secondo la Fabrizi, è un “giocattolo rotto. Non c’è ricambio, ci sono sempre gli stessi presentatori, si invitano tra di loro nelle rispettive trasmissioni, c’è paura di azzardare. E poi tutti aspettano qualcosa di triste per raccontare un dramma e far piangere la gente, far vedere che piangono anche loro per fare ‘audience’.”
La sua sembra un’invettiva contro la tv del dolore, quella di certi programmi, ma non manca un’accusa anche agli autori di fiction, che pare si dimentichino spesso di scrivere dei ruoli adatti ad attori con una certa esperienza:
“Servono più autori che scrivano e creino ruoli per attori ed attrici come me. Anche se appartengo ad un’altra generazione, mi mantengo bene. Ad esempio, mi vedrei in programma della domenica con cinque minuti a disposizione per parlare delle donne della mia età”.
Non torna il conto per cui in tv dovrebbe esserci un ricambio e poi si dovrebbe dedicare spazio agli attori ed attrici “come me”, ma tant’è. Evidentemente la Fabrizi intendeva dire che la fiction di oggi “rischia” di appoggiarsi troppo su volti poco noti ed inesperti, e di dimenticarsi di chi conosce bene il lavoro dell’attore. Questo, però, non sembra un rischio che la riguarda: in primavera andrà in onda con “Un matrimonio” di Pupi Avati (“dove interpreto la mamma di Micaela Ramazzotti e la consuocera di Christian De Sica”), mentre “Che Dio ci aiuti” sembra destinato a durare ancora molto.