Giorgio Marchesi: da Un medico in famiglia a Una grande famiglia, l’intervista di TvBlog
L’attore racconta a TvBlog i suoi impegni televisivi, da Un medico in famiglia, che lo vede quest’anno protagonista con la sua storia d’amore con Maria Martini, a Una grande famiglia 2, che sta per riprendere a girare…
Dopo il grande successo riscosso lo scorso anno da new entry di Un medico in famiglia, come il giornalista d’assalto Marco Levi, nuovo amore di Maria Martini, e dopo l’ottima performance nei panni di Raoul Rengoni in Una grande famiglia, fiction che ha catalizzato l’attenzione dei telespettatori di Rai1, quest’anno Giorgio Marchesi torna a vestire i panni dell’uno e dell’altro personaggio. Lo stiamo infatti seguendo da alcune settimane nelle nuove puntate di Un medico in famiglia 8, dove la sua storia d’amore travagliata con Maria sta tenendo banco e incuriosendo i telespettatori, e da lunedì prossimo lo ritroveremo sul set della seconda stagione di Una grande famiglia.
Attore molto amato dal pubblico, soprattutto da quello femminile, Giorgio si è sempre diviso tra i suoi impegni teatrali, televisivi e cinematografici (basti pensare ai due film di Ozpetek, Magnifica presenza e Mine vaganti), anche se ammette di sentire ultimamente la mancanza del teatro, dal quale è tenuto lontano proprio per dai suoi ripetuti impegni sul set. L’anno scorso, tra le altre cose, abbiamo ‘scoperto’ un Marchesi completamente diverso, nei panni di singolare conduttore del programma La guerra dei sessi, andato in onda su DeASapere Hd. Impossibile, quindi, non chiedergli che esperienza è stata e lui ci ha rivelato di essersi divertito molto nei panni di un novello e provocatorio Faust. Non siete curiosi di sapere cos’altro ci ha detto?
Per cominciare e fare contenti i fan di Un medico in famiglia, cosa dobbiamo aspettarci dalle prossime puntate della fiction? Marco e Maria riusciranno a risolvere i loro problemi?
Ovviamente non posso rispondere in maniera completa a questa domanda, perché toglierei al pubblico la curiosità di vedere cosa accade. Quello che posso dire è che ci sarà presto un momento di profondissima crisi e che poi Marco cercherà di recuperare, di riconquistare il cuore di Maria, ma ci saranno alti e bassi… E vedremo poi come andrà a finire!
Sei arrivato in Un medico in famiglia l’anno scorso, trovando un cast collaudato da anni. Come ti sei trovato da ‘nuovo ingresso’, soprattutto quest’anno, visto che interagisci con tutto il cast?
È andato tutto bene. L’anno scorso ho lavorato più con Margot (Sikabonyi, ndr), quest’anno invece mi sono trovato a interagire un po’ con tutti. L’ambiente è molto tranquillo, sereno, anche se diverso rispetto ad altre situazioni e altri set, visto che si ‘lavora in casa’, a Roma, e quindi manca l’idea della trasferta, quei momenti in cui anche la sera si sta insieme, si condivide anche dell’altro rispetto al lavoro. Devo comunque dire che su questo set è molto facile comunque creare gruppo, e forse il peccato è solo quello che la sera ognuno se ne torna a casa sua e non c’è magari occasione di frequentarsi di più. Poi con Lino Banfi, che è tornato quest’anno, io ci avevo già lavorato in passato, con Giulio Scarpati, che ho solo ‘sfiorato’ lo scorso anno, ho avuto modo di lavorarci di più questa volta. Il risultato direi che è più che positivo.
Essere padre ti ha aiutato a entrare meglio nel tuo personaggio e come?
Credo proprio di sì, anche se non so in che misura. Sicuramente essere padre mi permette di essere più naturale sul set, di avere magari più pazienza coi bambini e crearci anche un rapporto sul set, cosa non sempre semplice…
Perché, è difficile lavorare con i bambini?
Difficile no. Però sai, la loro concentrazione sul set è più limitata nel tempo, perché magari vorrebbero anche giocare. Quando devono fare otto o nove ore di set non è semplice tenerli buoni o costringerli al silenzio quando magari lavorano gli altri. C’è però da dire che dopo qualche giorno sul set già imparano come funziona, e poi il mio trucco è quello di dire loro ‘Se la facciamo bene finiamo subito e poi puoi giocare!’ (ride, ndr).
Tuo figlio ti ha mai visto in tv e come gli hai spiegato il tuo lavoro?
Sì, gli ho spiegato cosa faccio, anche se tendo a non farmi vedere in televisione, rimanendo molto sul vago anche quando lui mi chiede quando vanno in onda le puntate di Un medico in famiglia (ride, ndr). Soprattutto perché preferisco che percepisca questo lavoro come un lavoro normale, anche perché poi magari capita che ti fermano per strada, che ti riconoscono, e non vorrei che lui crescesse con l’idea che suo padre fa un mestiere diverso da quello degli altri. È capitato anche negli anni passati che gli ho fatto vedere qualcosa, che gli ho spiegato la finzione, e lui sembra aver capito che lavoro faccio, anche se in realtà sembra davvero poco interessato, e sicuramente non intenzionato a seguire la mia strada visto che non è un bambino esibizionista.
Ma gli hai spiegato il meccanismo della finzione, il perché in tv sei il padre di un altro bambino?
Sì, gliel’ho spiegato, e l’anno scorso gli ho presentato Margot e Luca Lucidi (il piccolo Jonathan, ndr), anche perché era una cosa che mi avevano consigliato di fare subito. Gli ho quindi raccontato cosa significa fare finta, e credo che lo abbia percepito. Poi lui mi aveva seguito un po’ anche a teatro e lì la cosa è forse più evidente, si percepisce meglio la finzione. Tra l’altro ha vissuto il dietro le quinte e i trucchi del teatro e quello gli è piaciuto molto e lo ha incuriosito.
Da tredici anni Un medico in famiglia continua a tenere incollati davanti alla tv oltre 6 milioni di italiani. Come te lo spieghi?
La mia risposta è che innanzitutto la fiction mantiene sempre una certa leggerezza che fa affrontare con più facilità certi temi. Poi un altro elemento del successo è dovuto al fatto che molti si rivedono nei personaggi, come nonni, nipoti o genitori. Credo sia dovuto anche al fatto che è una delle poche fiction che può essere vista dalla famiglia tutta insieme, cosa che oggi accade sempre meno. Infine c’è l’affetto che ci lega al pubblico, perché una cosa che ho percepito subito, sin dallo scorso anno, è proprio l’affetto del pubblico nei confronti sia del personaggio che dell’attore. A volte manca proprio la distinzione tra i due aspetti. E c’è anche la curiosità di vedere anno dopo anno cosa accade a questi personaggi.
Stai per tornare sul set di Una grande famiglia, che lo scorso anno ha riscosso un successo enorme. Che esperienza è stata?
È stata un’esperienza favolosa, e non lo dico così tanto per dire. Era una fiction scritta benissimo, diretta in maniera eccezionale e con la presenza di un ottimo cast. Sono molto contento di tornare a lavorare con loro. Ci siamo già visti in un paio di occasioni, per delle riunioni, lunedì cominciamo e sono davvero felice.
Il tuo personaggio, Raoul Rengoni, è piaciuto molto nella sua complessità e umanità. Come è stato interpretarlo?
Non è stato per niente facile. Tra l’altro in un primo momento credevo che il mio personaggio fosse quello più a rischio, perché appunto molto complesso, molto umano, che commette anche degli errori. La forza della serie, tra l’altro, credo sia anche quella di puntare molto sulle debolezze dei personaggi. Raoul alternava momenti di fragilità emotiva ad altri di forza quasi animale. Questa credo che fosse una delle cose più belle di questo personaggio. Tra l’altro una delle cose fondamentali di Raoul credo sia il fatto che cerchi la verità con se stesso, che è una cosa difficilissima, perché un conto è chiedere la verità agli altri, un altro chiederla a se stesso. E tra l’altro non sarà per niente facile neanche quest’anno, per Raoul Rengoni…
Quindi anche dalla seconda stagione dobbiamo aspettarci grandi colpi di scena?
Quello che posso dire è che ci sono tutti gli elementi che erano presenti anche l’anno scorso e che possono quindi portare al successo anche la seconda stagione. La prima stagione ha creato grande curiosità, pensa che la gente ancora mi ferma e mi chiede, e questa è una grande conferma. Poi lo capisci anche tu che lo hai fatto il prodotto, guardandolo, perché ad esempio secondo me c’è stato un lavoro bellissimo anche al montaggio. Noi attori facciamo la nostra scena e poi vediamo dopo il risultato. Io, in questa fiction, ho visto delle scene addirittura migliorate al montaggio, cosa che sa fare ad esempio chi fa cinema.
A questo proposito, allora, mi viene da chiederti se ti guardi mai in tv, nei tuoi lavori, e se sei più soddisfatto del risultato o più critico generalmente…
Nel novanta per cento dei casi sono molto critico, proprio non mi sopporto, tanto che non sempre mi vedo. Faccio proprio fatica, una fatica fisica. Poche volte sono stato davvero contento, è capitato. Ci sono magari stati dei periodi in cui ero sovraesposto, in cui avevo tante cose in testa, e magari arrivare a casa e vedermi in tv proprio non mi va.
Tra tutte le tue partecipazioni in fiction televisive, ce n’è una che conservi nel cuore o di cui vai particolarmente orgoglioso?
Una fiction che ricordo con piacere è I liceali. Avevo un bel personaggio, Michele, uno completamente matto, che mi ha permesso di divertirmi moltissimo. Non era solo commedia, ma non era nemmeno troppo drammatico. Era facile andare in una delle due direzioni soltanto, e invece insieme al regista abbiamo cercato di percorrerle entrambe. Quello è stato un personaggio che mi è piaciuto rivedere, che mi faceva anzi tenerezza, faceva una miriade di errori ma sempre per amore.
Hai avuto anche esperienze alla conduzione, con La guerra dei sessi, su DeASapere Hd. Come ti sei trovato nei panni del conduttore?
È stata davvero un’esperienza fantastica. Anche lì non ho fatto me stesso, interpretavo un personaggio, un Faust molto divertente. C’era la parte più seriosa e poi quella più ‘matta’. Lì ho potuto dare un po’ sfogo a me stesso, visto che a volte mi pesa dover stare in un ruolo, seguire un copione. Avevo più libertà, potevo spingere un po’ di più dal punto di vista teatrale.
Teatro, cinema, tv: sono le tre forme artistiche nelle quali ti sei cimentato con successo. Se per assurdo fossi costretto a sceglierne solo una, quale sarebbe e perché?
In questo momento ti direi il teatro, perché mi manca molto. Mi manca molto il lavoro di creazione, lento, fatto anche di errori, di piccoli passaggi, passi avanti e passi indietro, analisi del testo. Mi manca il rapporto diretto col pubblico, il decretare senza filtri da parte sua se lo spettacolo è piaciuto o non è piaciuto. È un anno esatto adesso che non faccio teatro, perché non ne ho avuto proprio il tempo, e mi manca davvero molto.
Per concludere e salutarci, c’è un’esperienza lavorativa che ancora non hai fatto e ti piacerebbe avere?
Tante cose mi piacerebbe fare, tanti ruoli da affrontare. Forse in questo momento mi piacerebbe davvero fare una bella commedia. Un medico in famiglia ha un tono molto leggero ma è una linea sentimentale, con momenti di ironia. Mi piacerebbe invece ad esempio fare il ruolo di uno scapestrato che si diverte e fa divertire.
Ringraziamo Giorgio per la sua disponibilità, sperando di ospitarlo nuovamente tra noi in occasione dei suoi prossimi impegni televisivi.
Giorgio Marchesi intervistato da TvBlog