L’ultimo Papa Re, manca il confronto con la Chiesa di oggi, Proietti bravo ma in disparte
L’ultimo Papa Re, la fiction di Raiuno, si perde nelle storie dei comprimari e lascia da parte il protagonista, interpretato da Gigi Proietti.
Gigi Proietti non poteva tornare in tv con un personaggio che non rispecchiasse il suo carattere sornione e ne mettesse in risalto il temperamento romanesco. Potevano gli autori de “L’ultimo Papa Re”, però, lavorare ad una sceneggiatura che desse una maggiore spinta alla storia che già conosciamo, tratta dal film “In nome del Papa Re”.
Il limite maggiore della fiction di Raiuno sembra essere questo: aver voluto allungare una storia che, nella versione cinematografica del 1977, era riusciva a ritrarre una Chiesa in crisi e preoccupata per il proprio potere in un periodo di grandi cambiamenti per l’Italia e per Roma.
Il regista Luca Manfredi aveva detto di aver aggiunto alla storia nuove situazioni e personaggi, ma l’obiettivo di riuscire a rendere più interessante la storia è sfumato. La vera vicenda de “L’ultimo Papa Re”, ovvero la difesa del cardinale Colombo (Proietti) verso i tre attentatori che distrussero nel 1867 la caserma degli zuavi, tra cui si trova anche suo figlio, si perde nella prima parte della miniserie.
Sarà che di fiction in costume ne abbiamo viste fin troppe, ma questo processo di fictionalizzazione del film rende questa produzione meno evento e più standard (e quindi anche banale per certi versi) rispetto alle altre fiction.
Proprio le parti che si concentrano sul protagonista si rivelano essere le più interessanti: complice la capacità di Proietti di occupare la scena solo come un attore di portata come lui sa fare, il suo Colombo riesce a far sorridere ma anche a trainare una storia che lo porta a passare dalla parte del nemico della Chiesa non appena sente il peso della responsabilità che il suo ruolo ricopre.
La prima parte de “L’ultimo Papa Re” preferisce prendere la rincorsa, esplorando i diversi personaggi secondari, ma dimenticandosi così del protagonista, che avrebbe potuto trovarsi maggiormente al centro dell’attenzione trascinando così il pubblico.
“L’ultimo Papa Re” si abbassa alle esigenze televisive della fiction, preoccupata più della necessità di coprire due serate dimenticandosi di saperle riempire dall’inizio. Forse c’è stata prudenza e si è preferito non esagerare col confronto tra la Chiesa di ieri e quella di oggi: un po’ più coraggio, così come ci fu nel film del 1977, avrebbe potuto regalare al pubblico qualche sorpresa in più.