Mi dispiace per Benigni, dagli altari alla polvere?
Avevo pensato di introdurre nel mio lavoro su Firenze un paio di minuti dedicati a un vecchio, caro amico: Roberto Benigni, protagonista della lettura dantesca in tv. Ma per una questione di diritti la cosa non è stata possibile. Peccato. Sono andato avanti e il filmato, finito, ci ha guadagnato, non ho dubbi. Che riflessioni ne ho tratto? Vediamo, anzi ricordiamo. Ho conosciuto Roberto, giovanissimo, in un teatrino romano che non c’è più. Era inserito in un testo molto serio, un classico, e lui stesso aveva un ruolo serio, serissimo, ma riusciva comunque a far sorridere e persino a far ridere. Poi lo scoprii nel pieno del suo talento e della sua capacità d’intrattenere: un monologo formidabile su un ex barista (quale è stato Roberto in una casa del popolo di Prato), tra sesso e politica. Da lì cominciò il suo successo che lo portò al cinema e addirittura all’Oscar per “La vita è bella”. Una “bella” storia di successi e di guadagni, anzi guadagnoni. Un’arrampicata ai ve