Il commissario Montalbano: Peppino Mazzotta è Fazio, l’intervista di TvBlog
Ne Il Commissario Montalbano, da quasi 15 anni, è Fazio, braccio destro di Salvo: Peppino Mazzotta racconta a TvBlog il dietro le quinte di una fiction che appassiona quasi 10 milioni di telespettatori a puntata.
Ieri sera è andato in onda il primo dei quattro film de Il commissario Montalbano previsti per questa nuova stagione, Il sorriso di Angelica. Ancora una volta abbiamo avuto conferma della qualità e del successo del prodotto, che continua ad appassionare il pubblico televisivo, anche quello che abitualmente disdegna le fiction. Il merito, come ripetuto più volte, è dell’abilità di Andrea Camilleri di raccontare, degli sceneggiatori di rendere in tv i romanzi dello scrittore, e della straordinaria bravura del cast che abbiamo imparato a conoscere nel corso degli anni. Tra gli attori che hanno fatto grande Il commissario Montalbano c’è Peppino Mazzotta, il rassicurante e preciso Fazio, braccio destro di Salvo e immancabile protagonista di ogni episodio.
In occasione della conferenza stampa di presentazione dei film ho avuto modo di scambiare due chiacchiere con Peppino, che ho poi risentito il giorno seguente, non solo per scoprire qualche dettaglio in più sulle novità che ci attendono nei nuovi episodi, ma anche per conoscere meglio un attore di talento che meriterebbe più spazio nei prodotti televisivi, almeno in quelli Rai. A parte il suo impegno ne Il commissario Montalbano, Mazzotta continua a portare avanti la sua grande passione per il teatro, tanto che ora sta girando l’Italia con la tournée, iniziata a gennaio, dello spettacolo La torre d’avorio, nel quale affianca proprio Luca Zingaretti.
Per cominciare, so che sei in tournée teatrale proprio con Luca Zingaretti in questo periodo. Ci racconti questa esperienza?
Lo spettacolo è La torre d’avorio, un testo inglese di Ronald Harwood, lo stesso sceneggiatore che ha scritto Il pianista di Roman Polanski e che ha poi vinto l’Oscar, che Luca ha deciso di portare in scena, curando sia la regia e avendo anche il ruolo da protagonista, insieme a Massimo De Francovich. Siamo in giro da gennaio, finiamo a maggio. È stata una tournée molto lunga, che ha toccato quasi tutte le città italiane, con tantissime repliche. È stato un vero piacere, anche perché con Luca avevo sempre e solo lavorato in televisione, invece questa volta, essendo due attori che hanno sempre fatto teatro, è stato bello ritrovarsi a lavorare insieme.
Ieri è tornato Il commissario Montalbano, dopo 14 anni di grandi successi. Cosa rappresenta per te questa serie e cosa ti ha regalato dal punto di visto personale e professionale?
Intanto posso dire che per tutti noi è una gioia tornare a lavorare su questo set, essendo diventato ormai un fenomeno così particolare che nessuno si aspettava. È un piacere sapere di esserci dentro perché ho anche la sensazione che l’esperienza di Montalbano sarà un’esperienza che segnerà la storia della televisione italiana, in quanto fenomeno abbastanza unico. Un giorno quindi ci sarà il mio nome in questo piccolo fenomeno, e questo non può che farmi immensamente piacere. Poi ci sono tante cose che mi legano a questo prodotto, non ultimo il fatto che siamo un gruppo di persone che si sono ritrovate, sconosciute, 14 anni fa e che oggi hanno una loro conoscibilità. Inoltre c’è il fatto che eravamo persone che non si conoscevano e che quindi potevamo anche essere incompatibili l’una con l’altra, e invece io, Luca, Cesare, Angelo e gli altri siamo anche persone compatibili. Siamo diventati molto amici e quindi abbiamo un rapporto che va oltre quello professionale, cosa che non era affatto scontata. A questo aggiungi il piacere di stare in Sicilia, dove ci troviamo più o meno per 4 mesi ogni tre anni.
Visto che li conosci da così tanti anni, descrivi in poche parole per noi i colleghi con cui sei più a contatto, e quindi:
Luca Zingaretti: Luca è molto cambiato nel corso degli anni. Siamo cambiati tutti, perché siamo cresciuti, ma lui è cambiato in particolar modo. Era una persona che ragionava molto di pancia, una persona molto istintiva e invece adesso è diventato un uomo saggio, ponderato, e quindi questa cosa qui si nota molto.
Cesare Bocci: Cesare è una persona squisita, di una umanità eccezionale, molto disposto all’ascolto. Lui c’è sempre, lo puoi chiamare in qualsiasi momento e sai che ti ascolterà.
Angelo Russo: Angelo è un folle, un simpatico pazzerello, molto logorroico.
Impossibile pensare a Montalbano senza Fazio, un poliziotto ligio al dovere, con il ‘complesso dell’anagrafe’ come lo definisce il commissario. Quanto ti somiglia?
Fazio mi somiglia abbastanza. Anche io sono una persona abbastanza metodica, abbastanza pignola quando affronta qualsiasi compito, sono un pochino più volubile rispetto a Fazio, nel senso che cambio umore con grande velocità,e mi si può quindi trovare di buon umore un attimo prima e magari poi sono intrattabile. Per il resto ci assomigliamo molto, come ad esempio nel senso di fedeltà che ho nei confronti delle persone a cui tengo.
Quindici anni di Montalbano: sei praticamente cresciuto insieme a questa fiction e insieme a Fazio. È stato complesso vestire così a lungo i panni dello stesso personaggio?
È stato certamente complesso e anche una cosa curiosa. Ho iniziato che avevo 27-28 anni e ora ne ho più di 40. Certamente è come se questi film di Montalbano fossero mio malgrado la testimonianza del fatto che sto invecchiando perché posso vedere come ero da Fazio a 28 anni e come sono ora, e questa non è una cosa piacevole magari, per me di certo, non per il film. Però poi non è che io abbia molto razionalizzato questa cosa. Alla fine mi rendo conto che Fazio di 14 anni fa non è lo stesso Fazio di adesso. Allora era un ragazzo molto sprovveduto, ora è un uomo molto più sicuro, anche nel rapporto che ha con Montalbano, che oggi è molto più paritario rispetto a quello che aveva agli inizi, dove la relazione di sottoposto ispettore – commissario era molto evidente.
Nonostante tu abbia fatto tantissimo teatro, cinema e avuto anche altre esperienze televisive, per la maggioranza dei telespettatori continui ad essere Fazio. Questa cosa ti pesa o la vivi bene?
Non mi pesa in quanto Peppino che fa l’attore e viene riconosciuto come Fazio. Magari mi pesa un po’ di più per il fatto che da moltissimi anni io, come anche gli altri, non ho avuto nessun’altra possibilità e nessun’altra offerta in Rai. Il fatto che mi riconoscano come Fazio perché lui piace a me fa piacere, il fatto che mi riconoscano come Fazio perché non hanno avuto modo di vedermi in altro mi fa meno piacere. Questo attiene comunque un po’ alla storia del nostro Paese. Io poi sono una persona molto riservata, che non frequenta o frequenta poco i salotti, e il nostro è un Paese in cui una certa libertà di pensiero poi si paga.
Tu sei calabrese, ma in Montalbano sei un perfetto siciliano. Nel lavoro d’attore ci vuole bravura anche in questo, ma non è da tutti. Come ci riesci così bene?
Il dialetto calabrese e siciliano sono abbastanza simili. Poi se vogliamo anche dal punto di vista culturale, tra le due culture calabrese e siciliane, c’è una certa attinenza. Poi considera che passando del tempo in Sicilia, quando si gira, capita anche in maniera inconscia che quando vai in giro e senti dei suoni, degli accenti, piano piano li assimili e li fai tuoi. È un po’ come per imparare una lingua vai a vivere in un posto in cui la parlano, dopo un po’ senza accorgertene assimili un po’ di quelle dinamiche sonore. Io ora a volte mi scopro a dire delle cose in dialetto siciliano anziché in calabrese.
Si può dire quindi che ormai tu e gli altri del cast siate di casa in Sicilia. Com’è tornare ogni volta in quella terra per le riprese e ritrovarsi?
I primi anni giravamo d’inverno, ora invece ci ritroviamo in Sicilia per girare sostanzialmente tra la primavera e l’estate e quindi è una gioia, puoi andare al mare, visto che noi di base stiamo a Marina di Ragusa. Devo dire che il paesaggio nel corso degli anni è cambiato moltissimo, anche grazie a Montalbano, che ha portato del turismo: sono quindi aumentati villaggi turistici, residence e così via. La zona ha quindi ottenuto anche un ritorno economico, turistico, grazie a Montalbano. E poi noi lì stiamo bene, non si può negare, perché oltre a lavorare puoi andare al mare, farti un bagno, e poi si va a cena, e lì si mangia benissimo. È davvero come tornare ogni anno nello stesso posto in cui si fanno le vacanze.
Conservi dei ricordi particolari dei tuoi incontri con Andrea Camilleri? Hai qualche aneddoto da raccontarci?
Sul set non è venuto tantissimo volte, però ci siamo incontrati anche in altre occasioni ufficiali. Di Camilleri ho davvero grandissima stima, come di tutta quella generazione di intellettuali del suo tempo, alcuni dei quali purtroppo non ci sono più e di cui mi sento un po’ orfano. È importanti avere dei riferimenti di persone ‘alte’, che hanno la capacità di raccontare la realtà in un modo che poi ti aiuta anche a capirla meglio. Ho parlato con lui tante volte e mi ha raccontato tante storie.
Un aneddoto te lo posso raccontare, una cosa che ricordo bene: era una delle poche volte che è venuto sul set, e stavamo girando in Sicilia in un posto di campagna sperduto, aveva piovuto ed era pieno di fango. Noi che stavamo girando eravamo tutti infangati e la cosa ci aveva anche un po’ agitato perché si faceva molta fatica. Il pomeriggio io ho finito di girare e sono tornato in albergo e sulla porta ho incontrato Andrea insieme alla moglie, che stavano andando sul set. Sfinito da questa giornata faticosissima di acqua e di fango gli dissi: “Guardi, forse oggi non è proprio il giorno giusto perché è un set sperduto, piove e c’è il fango…”. Lui mi guardò e mi disse: “Non è un problema, mi cambierò le scarpe!”. Questa è la differenza del mio modo di vedere e del suo, che è poi quello che lo caratterizza: ha questa serenità speciale nell’affrontare le cose. È certamente un uomo speciale.
L’anno scorso abbiamo scoperto un nuovo con Il giovane Montalbano. Fazio era interpretato da Beniamino Marcone che, da me intervistato all’epoca, disse una cosa di te molto bella: “Ci siamo incontrati casualmente, io e Peppino. È stato un incontro emozionante per me, con lui che fino ad ora aveva sempre interpretato Fazio. Si è dimostrato una persona molto intelligente, dicendomi: “I ruoli non sono di nessuno. Poi ogni attore è diverso, quindi è già impossibile che due personaggi arrivino in scena allo stesso modo…”. È così?
Sì, mi ricordo quell’incontro. Era una festa della Palomar, che poi è la stessa produzione per entrambi. Ricordo quelle parole e continuo a pensarlo. È chiaro che un personaggio letterario non esiste, ma viene in essere quando un attore lo incarna. Dato che noi siamo tutti diversi è chiaro che anche i personaggi saranno diversi.
Tu hai visto Il giovane Montalbano e come è stato vedere il ‘tuo’ personaggio interpretato da un altro?
Ho visto solo due puntate e devo dire che loro sono stati molto intelligenti. Hanno conservato lo spirito dei personaggi del libro, hanno aggiunto un po’ di ricordo di quello che siamo noi anche, però allo stesso tempo hanno mantenuto il loro approccio personale che era la cosa migliore da fare.
Per quanto riguarda Fazio, non ho una ‘sindrome di possesso’ nei suoi confronti, quindi non ho avuto particolari traumi (ride, ndr). Ho guardato il film come si guarda qualsiasi altro film e mi è piaciuto, poi Beniamino è stato molto bravo.
Rispetto invece ai nostri rapporti con la produzione, quest’ultima ha deciso di fare questa cosa prima che si mettesse un punto al ‘vecchio’ Montalbano e noi non eravamo molto d’accordo. La produzione ha però fatto dei conti dal punto di vista del mercato e questo è stato motivo di incomprensioni, perché avremmo preferito aspettassero la nostra conclusione. Alla fine comunque hanno avuto ragione loro perché vedo che convivono bene entrambe le cose.
Voi protagonisti di Montalbano siete tutti attori con grande esperienza teatrale e credo che questo traspaia anche in scena. È così? Il teatro è sempre una marcia in più?
Alberto Sironi è nato col teatro e per questo ha fatto un cast di attori di teatro. Non solo noi, tutti i caratteristi di Montalbano, che sono poi anche la forza del film, e che magari hanno solo una o due pose ma che comunque ti ricordi, sono tutti attori dello Stabile di Catania o di Palermo. Anche la scrittura di Camilleri è poi una scrittura teatrale, grottesca, ed era quindi utile che ci fossero attori di teatro che riuscissero a leggere la dimensione della commedia in questi termini.
Il teatro serve eccome, è come una palestra in cui ti tieni in allenamento, in cui alleni i muscoli legati alla sensibilità, e quando vai a fare tv o cinema quell’allenamento te lo ritrovi. Ci sono poi tipi di racconti cinematografici per cui non serve e altri in cui è indispensabile. Per quanto riguarda Montalbano credo che serva di essere attore di teatro perché Camilleri scrive coi tempi di teatro, i dialoghi sono prettamente teatrali.
Per concludere e salutarci, cosa ci dobbiamo aspettare da questi nuovi episodi di Montalbano?
Sono diversi anche tra di loro, non solo rispetto al passato. C’è intanto che rispetto a qualche episodio del passato si torna a indagine di squadra, Montalbano è meno solo nelle sue indagini. C’è in alcuni episodi una spinta del pedale verso una commedia più pura, soprattutto nel personaggio di Catarella e in alcune situazioni che ci capitano con alcuni testimoni. Ci sono poi queste incursioni di Montalbano nel mondo femminile ‘altro’ rispetto alla vita di coppia.
Per quanto riguarda Fazio invece ci sarà questo nuovo tormentone che si aggiunge a quello della ‘sindrome dell’anagrafe’ e che io ho battezzato il tormentone del ‘già fatto’, cioè la sintonia che ormai esiste tra Fazio e Montalbano per cui quando il commissario chiede qualcosa, Fazio risponde ‘già fatto’. Prima non c’era, Camilleri l’ha aggiunta negli ultimi romanzi. L’abbiamo quindi non solo ripresa dove lui l’aveva scritta, ma anche allargata a qualche nuova situazione.
Ringraziamo Peppino per la disponibilità e la sensibilità dimostrata e gli diamo appuntamento per i suoi prossimi successi professionali.
Foto ufficio stampa: Fabrizio Di Giulio