Centovetrine – Renato Raimo a Tvblog: “Damiano non ha ucciso Zanasi perché… Zanasi è ancora vivo!”
Renato Raimo è Mauro Zanasi, “il Cinese” bastardo di Centovetrine dalle doppie vite: attore e farmacista, spot pubblicitari e teatro, i tornei di calciobalilla e una fiction in Polonia. L’intervista di Tvblog.
A Centovetrine Mauro Zanasi è una spina nel fianco della coppia romantica da quasi due anni: Serena (Sara Zanier) e Damiano (Jgor Barbazza), con l’aiuto di Cecilia (Linda Collini), si sono scontrati con lui prima ai tempi degli scambisti del The Game, e poi quando Damiano è scomparso e Serena ha dato libero sfogo al suo lato dark, sobillata proprio da Zanasi. Anima nera e luciferina impeccabilmente vestita, il “Cinese”, com’è soprannominato dal suo ingresso per una vecchia storia di rivali negli affari passati a miglior vita mentre lui attendeva sulla riva del fiume, ora è al centro di un giallo: è stato o non è stato Damiano a ridurlo in fin di vita? E soprattutto… fu aggressione o omicidio?
Renato Raimo, il suo interprete, è invece un attore che si divide tra le sue due vite: a teatro e in tv per metà del tempo, in farmacia o dietro la cattedra di docente nell’altra metà. Tvblog l’ha intervistato per voi.
Prima domanda obbligata. Allora, sei vivo o morto? Che fine ha fatto Zanasi e cos’è successo davvero con Damiano? E tu come immagini un suo eventuale ritorno?
Zanasi è vivissimo, ha sette vite! C’è stata una reazione di Damiano forse eccessiva o forse no, dal suo punto di vista magari ha pure ragione (ride) e in fondo Zanasi se lo doveva aspettare! Quindi Damiano l’ha mandato in ospedale ma Zanasi NON é morto, sta benissimo ed è uscito di scena così, dolorante ma integro. Io ora me lo immagino a riprendersi su un’isola sperduta dove sicuramente ha investito tutti i proventi dei suoi giri neri, impegnato a escogitare, chissà, uno scacco alla famiglia Ferri? Giocate le sue carte coi “minori”, ora basta coi giochini sentimentali, potrebbe mirare al potere, con un attacco nel suo stile. Se tornasse me lo immagino buttarsi a più pari tra Ettore e Ivan.
Com’è iniziata l’avventura per Centovetrine?
L’avventura inizia con Renato Raimo chiamato a fare un provino da protagonista nel ruolo di Sebastian (oggi interpretato da Michele D’Anca, che abbiamo intervistato a Dicembre). Arrivo su e mi viene detto che pur avendo l’età richiesta dimostro troppi pochi anni (sorride) e che quindi non posso comunque avere il ruolo. Visto che ero arrivato fin lì, però, in quel momento è uscito il mio carattere determinato e ho chiesto di poter fare comunque il provino, in cui ho cercato di dare il meglio. E deve avere funzionato se un anno dopo mi hanno richiamato per Zanasi. E devo dire che è stato un bene: con Zanasi mi sono divertito forse di più, è stato un personaggio colorato, divertente. L’archivio del casting mi ha dato ragione!
Dopo il primo “giro” al The Game, Zanasi torna in scena alla cerimonia di commemorazione di Damiano, qualche mese dopo, e comincia ad insinuarsi nella vita di Serena. Il tuo rientro era previsto fin dall’inizio?
No, non era previsto, ed è stata una soddisfazione quando dopo un mese di riprese del primo blocco di Zanasi la produzione mi ha avvertito che dopo quel primo blocco sarei certamente tornato. Credo che fosse piaciuto fin da subito come avevo interpretato le sfaccettature di Zanasi, al punto da convincere gli sceneggiatori a far sì che Zanasi “serpeggiasse” nelle vicende di Centovetrine, questa volta all’interno del Centro commerciale, con tutto quel che questo comporta per Centovetrine! Nella prima fase infatti Zanasi era fuori, ma questo non gli ha impedito di andare a “movimentare” le vicende di una delle coppie storiche, quella formata da Serena e Damiano, e anche di Cecilia, che usciva da una storia importante ed era più facilmente “aggredibile”.
Qual è la forza di Zanasi secondo te?
La sua coerenza. Pur rappresentando il lato oscuro dell’essere umano, colui che costruisce le sue vittorie sull’intrigo e il ricatto, Zanasi così lo è dichiaratamente. Il suo ruolo è mettere in evidenza le debolezze di coloro che vogliono apparire buoni, coerenti ma “dal lato giusto”, secondo i valori del rispetto, della verità, ecc… e che poi invece si rivelano soggetti come tutti a errori ma anche a ipocrisie. Zanasi gode quando nell’altro viene fuori il male, il lato oscuro che secondo lui tutti hanno. E questo fa prima con Cecilia e poi con serena. Alla fine certo, esce di scena a pezzetti (ma vivo!), però è rimasto coerente fino alla fine, trasparente. E infatti non è certo lui a spingere Serena nel letto di Brando, e non è solo colpa sua se Serena alla prima grave difficoltà abbassa le barriere e si trasforma in una donna capace di loschissimi affari. Tutti danno la colpa a Zanasi ma – volendo fare un discorso più ampio – è quello che succede nella vita: diamo sempre la responsabilità delle nostre azioni a qualcun altro ma in realtà i responsabili ultimi siamo noi. E Zanasi ce lo ricorda, mostrando come basti poco, a volte, per tirare fuori “il nero”. Poi dal punto di vista attoriale mi è sempre piaciuta quell’ironia che ha alleggerito il personaggio, se fosse stato solo dark sarebbe stato un peso per la storia, invece lui riesce a ironizzare su questioni che nella vita di tutti i giorni farebbero stare davvero male.
Tu cosa immagini nascosto nel passato di Zanasi? Cosa potrebbe averlo reso “il bastardo” che è?
Io per preparare un personaggio faccio sempre un lavoro attoriale su quello “che non si vede”, perché è poi da quello che deve scaturire quello che invece vediamo. Quindi mi sono immaginato il background di un uomo che ama godersi la vita, intelligente, arguto, astuto, elegante capace di organizzare grossi (e loschi) affari senza cadere nelle trappole della polizia. Gli si attribuiscono assassini? Io credo che lui personalmente non si sia mai sporcato le mani, ma forse come mandante può darsi che qualcosa sia successo. Certo, Zanasi ha un debole, le donne: ma non tutte gli fanno girare la testa, anzi. Lui vuole quelle che non gli cadono ai piedi, quelle che gli resistono. In questo caso, prima Cecilia e poi Serena.
E secondo te cosa potrebbe redimerlo?
Redenzione… nella vita tutto è possibile ma dovrebbe succedere qualcosa di molto forte, come forse lo scontro con la famiglia Ferri. Zanasi dovrebbe innamorarsi di qualcuno per poi soffrire, perché per capire che si deve lasciare la strada cattiva bisogna scoprire cosa vuol dire la strada del bene. Dovrebbe forse esserci un incontro particolare che va a scavare nelle sue radici e lo riporta al punto di deviazione. Perché a un certo punto del suo percorso anche Zanasi avrà dovuto scegliere tra il bene e il male. Sapiamo che ha scelto il male ma non sappiamo perché. Allora perché si redima ci vuole qualcosa che lo riporti a quel punto, non più come ragazzo ma come uomo che errori ne ha commessi tanti, e che lo porti a cambiare strada, a ripercorrere la sua vita e a cambiare. Ma non può accadere dall’oggi al domani, ne sono successe troppe ormai.
Qual è la scena in cui ti sei sentito più bastardo?
Quella nel centro commerciale in cui dico a Damiano che in sua assenza Serena è stata con Brando. E’ una scena in cui Zanasi dimostra di essere sicuro di sé in maniera incredibile, affrontando e provocando un uomo come Damiano, un poliziotto, geloso… di fronte a tutti nel centro commerciale. Zanasi lo sa che quel pugno sta arrivando ma dice lo stesso la sua verità, provocando con scaltrezza e sfacciataggine, come fa sempre. Ed è stata una delle scene in cui mi sono divertito di più a girare con Jgor Barbazza, dopo quelle del The Game. Ma devo dire di avere avutl a fortuna di incontrare delle compagne di viaggio eccezionali anche in Sara (Zanier) e Linda (Collini). E’ nata una bella amicizia.
E quale scena invece vorresti rigirare se fosse possibile, per dare qualcosa in più?
Il momento in cui Zanasi dichiara di essere innamorato di Serena. E’ stata troppo rapida, non capiamo o non sono sono riuscito a valutare se davvero Zanasi sia innamorato: ha quell’attimo di cedimento che poi diventa motivo di vendetta quando scopre di Brando… ecco, quella scena oggi la rifarei in maniera diversa, mi inventerei qualcosa di più.
E la scena che quando è andata in onda ti ha fatto pensare “Ecco, è venuta proprio come la volevo!”?
La scena della piscina con Serena!
La linea con cui sei entrato in scena, quella degli scambisti, arrivava dopo un anno in cui il numero di scene “d’amore” era stato abbastanza criticato. Secondo te fu una scelta per insistere su qualcosa di pruriginoso o servì ad alimentare dinamiche che non si erano ancora viste?
Innanzitutto io direi che è stata una scelta coraggiosa, visto l’orario, affrontare certe dinamiche. Poi, forse in altre situazioni precedentemente si era vista tanta attività tra le lenzuola, ma al The Game in verità certe scene non si vedevano quasi mai, erano appena toccate o suggerite, e secondo me è stata una scelta giusta e ben calibrata. Devo aggiungere poi che tutto si svolgeva in una delle scenografie più belle di sempre tra quelle realizzate per “gli esterni” del centro, e a distanza di un anno devo fare i complimenti agli scenografi che con il budget a disposizione fecero davvero un miracolo. Era un luogo credibilissimo e bellissimo sia mentre giravamo sia poi in video, sembrava davvero di stare in un night!
Zanasi si muove tra scambisti e affari loschi. Di Renato Raimo invece cosa ci dici?
(sorride) Sono felicemente sposato, ho due figlie di diciotto e quindici anni, mi ritengo un padre e un marito presente.
Oltre a portare avanti la carriera di attore tu sei anche farmacista. Come hai gestito questa doppia vita? E ti ha dato una stabilità in più nel lavoro artistico averne uno “normale” da affiancare?
E’ vero, mi sono laureato in farmacia e lavoro regolarmente come farmacista. Io ho sempre desiderato fare l’attore, ma partivo da Pisa che non è Roma, e allora ho seguito il consiglio di mio padre, che mi faceva riflettere su come il mestiere di attore non ti dia sicurezza. La scintilla definitiva verso questo mondo però è scattata quando mi sono trovato casualmente sul set di Amici miei atto II, con davanti attori come Tognazzi, Moschin, un regista come Mario MOnicelli. Ero al primo anno di medicina. Ci ho pensato su e poi avendo sempre avuto dei valori basati sulla famiglia e volendo metterne su una molto presto, mi sono laureato a ventiquattro anni in farmacia, mi sono specializzato in fito terapia (la medicina delle piante) e ho iniziato a lavorare da allora, senza mai perdere di vista i teatri, sia come spettatore sia come attore. Ho fatto la gavetta, le piazze, i primi spettacoli… e alla fine sono riuscito a costruire entrambe le carriere: ora sono un farmacista stimato, chiamato come consulente, scrivo su riviste specializzate… e arrivano le vere soddisfazioni anche come attore. Sai, io non faccio parte di una generazione che ha voluto tutto e subito, non ho mai pensato che andare in una trasmissione di talent fosse la soluzione: sono meccanismi che ti portano ad essere famoso prima che artista, personaggio prima che attore. Io ho fatto come il contadino che vuole coltivare sia le mele che i pomodori: ho arato i campi quando lo richiedevano, ho seminato l’uno o l’altro a seconda del momento. E ora stanno arrivando i frutti.
A proposito della vita da attore, negli ultimi due mesi hai portato in scena tre spettacoli diversi. Non è un tantino complicato?
Parecchio! (scoppia a ridere) E’ a quello che serve un cammino fatto di gavetta, non sono capacità che trovi nelle patatine Pai, le sviluppi attraverso gli anni e il lavoro. Ho recitato quasi contemporaneamente nell’Avaro ad Alessandria, in Provaci ancora Sam in Puglia e oggi concludo la tourne di Falstaff in Toscana. E’ da ottobre, dal Sistina (Campo dei Fiori con MIlena Miconi, regia di Pino Quartullo) che non mi fermo, e c’è sempre il monologo su Corradino d’Ascanio, l’inventore della Vespa, da portare in giro. Infatti mia moglie mi chiede come faccia! Ah, nel frattempo ho girato anche una fiction in polonia e tre spot pubblicitari di brand noti, oltre ovviamente a Centovetrine.
Quindi anche se non sono ancora soddisfatto, perché si può sempre fare di più, un bravo me lo dico, anche da solo (ride). Non è presunzione: è riferito alla pazienza che ho avuto, alla capacità di insistere anche quando non arrivavano telefonate, che è il momento più duro per un attore.
E allora è vero che la tv mi sta dando la visibilità che solo la tv può dare, ma quando a teatro vengono i fan incuriositi e vedono non Zanasi ma Renato Raimo che recita Shakespeare o Woody Allen e ti vengono a fare quel complimento, ecco, lì si chiude il cerchio.
Esiste un’intersezione tra il pubblico della soap e quello del cinema?
Assolutamente sì. Io cito sempre il modello anglosassone dove è assolutamente normale che gli attori di tv e cinema tornino spesso al teatro. Se ci pensi i nostri vecchi sceneggiati non erano altro che teatro ripreso da telecamere, con una recitazione che magari oggi sarebbe fuori tempo ma ti colpiva, è lì che hanno costruito lo spessore.
In America a cinquant’anni puoi tornare a teatro con storie importanti. In Italia se fai soap non puoi fare altro, se fai teatro non puoi fare cinema, se fai cinema non fai la tv… sono tutti steccati assurdi. Se non tutti ci riescono è un altro discorso, ma un attore è un attore… perfino gli spot pubblicitari devi salerli fare. Nell’ultimo mi hanno chiesto di dar voce al mal di gola… che non è la tosse, non è lo starnuto, non è l’afonia.. Allora siccome hai fatto teatro non puoi fare il mal di gola? (sorride)
Tutto sta ai registi. Quando Pino Quartullo mi ha chiamato per Campo dei Fiori, mi ha detto “Ho bisogno di un bastardo raffinato”. Poi ci siamo messi a giocare, abbiamo lavorato sul personaggio e alla fine abbiamo portato in scena “un attore di fiction bastardo” al punto che il regista mi ha permesso di autocitarmi (durante tutto lo spettacolo facevo citazioni da questa o quella fiction) e a fine spettacolo io esco di scena buttato fuori dalla ragazza che volevo circuire, e la minaccio così “Te la farò pagare! come dice Mauro Zanasi in Centovetrine!”. Non ti dico quando Jgor e Linda sono venuti in teatro a vedermi… (sorride) e comunque Milena Miconi, la ragazza, risponde nello spettacolo “E le hai rotte tutte e cento, le vetrine!”. Insomma, abbiamo sdoganato la soap a teatro. Ma proprio perché i paletti in realtà non esistono.
Con quale dei tuoi colleghi…
Faresti una serata in discoteca? – con Jgor Barbazza.
Porteresti il mercante di venezia al Teatro Valle? – con Linda, le farei fare Porzia.
Faresti Milano Palermo in auto?– con Sara Zanier
Attraverseresti lo stretto di Messina a nuoto? – con Pietro Genuardi, lo vedo bello sicuro… al limite mi aggrappo!
E’ vero che quando sei uscito di scena la prima volta da Centovetrine avete organizzato un torneo di calciobalilla?
Assolutamente sì, ma mica solo quella volta! Si è costituito un gruppetto di appassionati dietro le quinte… e c’è tutto un giro di serate organizzate attorno al calcetto che poi finivano in una cena tranquilla e un bicchiere di vino. E io che ho sempre giocato e me la cavicchio sono entrato in questi gruppo di accaniti… E’ una delle cose che ho apprezzato di più di quel periodo, la possibilità di creare rapporti di amicizia con persone che provengono da storie e contesti tutti diversi. Poi guarda che ormai le serate vengono organizzate appositamente nei locali dove c’è il calciobalilla, se non c’è si cambia locale… ci sono le teste di serie, i torneini organizzati… (ride) è una cosa seria!
La scorsa settimana hai presentato a Prato e a Firenze il film Un’insolita vendemmia. Hai finalmente visto i tuoi colleghi in questa “nuova fatica”? Cosa te n’è sembrato?
L’ho visto e devo dire che l’idea è stata brillante, secondo me gli attori hanno dimostrato che le valenze di attori non ridotte a etichette. E poi la soap secondo me è una cosa che dovrebbero provare molti attori, mantenere la credibilità di un personaggio nella lunga serialità coi tempi da rispettare ecc… non è mica così facile! Secondo me il film è un bel messaggio che farà ricredere chi ha sempre pensato che gli attori devono avere limiti.
Torniamo alla tua carriera: tu sei stato il secondo a interpretare Sergio Keller in Un posto al sole d’estate. Era il regista innamorato di Emma, la biondissima Valeria Morosini. Dicci la verità: era davvero così irresistibile come sembrava?
Di più. Emanava energia da tutti i pori. Una donna dal carattere pimpante, energica, solare… una macchina da guerra, ci siamo molto divertiti assieme. Un posto al sole è un ambiente diverso da Centovetrine, ma anche lì ricordo momenti divertenti, come una scena girata alle quattro di notte tenendoci su con le brioche alla nutella. E comunque anche lì facevo il bastardo… e son finito in piscina!
In curriculum hai anche Sottocasa, la soap che per un periodo affrontò Centovetrine. Chi eri lì e come ricordi quella contrapposizione?
Fu ua bella sfida, una vera lotta. Strozzata anche un po’ sul nascere, non stava andando male ma forse non ci hanno creduto fino in fondo. E che chiudevamo lo venimmo a sapere dalla radio! Io ero Alex Gruber, un sedicente mago, un medium che metteva in contatto i vivi coi morti… insomma un bel flibustiere che alla fine veniva smascherato! Mica lo so perché in tv mi fanno sempre fare il cattivo… e a teatro invece è l’opposto, sempre innamorati teneri e dolci.
Tra le fiction che hai interpretato invece quale ti è rimasta più impressa?
“Eravamo solo mille” di Stefano Reali. Io amo recitare in costume, un film storico vale più di tutto, e per di più indossavo le divise del Gattopardo… e poi c’è una scena tagliata che mi è impossibile dimenticare. Dovevo arrivare a cavallo con l’altro ufficiale, ma il cavallo si imbizzarrì e partì al galoppo portandomi lontanissimo dal set: avevano usato degli stalloni pazzeschi per quella scena, il mio scartò e si fiondò sulle comparse che si aprivano come il mar rosso partendo a razzo… fortunatamente riuscii a calmarlo una volta capito che non ero caduto, ma fu indimenticabile. La girammo altre quattro volte ma una volta il cavallo ci tirava una codata sul muso, un’altra il cavallo scartava, la terza… insomma il regista la tagliò. Ma io pagherei per avere quelle sequenze!
Tu che tipo di spettatore sei? Cosa guardi in tv? E preferisci teatro o cinema?
Io ho un po’ il limite di guardare tutto con l’occhio tecnico, avendo studiato anche regia, per cui nei primi 5 minuti sono sempre infastidito perché non riesco a concentrarmi sulla storia ma vedo solo il contorno, le luci, i costumi, la scenografia, le note registiche. Poi se la storia mi prende mi godo lo spettacolo, ma all’inizio ho quei cinque minuti deleteri. Sui generi… io sono onnivoro, mi nutro un po’ di tutto, perché se non vedi tutti poi non capisci dove stai andando, e anche nel confronto con le mie figlie non posso parlare di un programma se non l’ho visto. Quindi talent, fiction, soap, trasmissioni… vedo un po’ di tutto. Poi ovviamente ci sono cose che servono e cose che non servono, io cerco ciò che favorisce un accrescimento culturale o incuriosisce il mio cervello e boccio ciò che lo soffoca. Tra cinema e teatro scelgo teatro, quello fatto bene, ma metterei sullo stesso livello il cinema che racconta storie. Il mio prossimo lavoro teatrale dovrebbe essere “Una giornata particolare” di Ettore Scola, se riesco a prendere i diritti. A me piace raccontare la storia attraverso il lato umano, è una finestra che si apre. Invece non amo il 3d. L’ho sperimentato una volta, e direi che mi è bastato. Non è quello che mi fa dire “uh torno al cinema a riprovarlo!”
Il gioco delle proporzioni. Centovetrine sta a Zanasi come Shakespeare sta a…?
Antonio del Mercante di Venezia. Ero inscena l’anno scorso col Mercante, Antonio è un personaggio che amo molto perché porta in scena uno dei valori più forti, l’amicizia, quella vera.
… e come Pirandello sta a?
Leonardo di “La ragione degli altri.”
E dopo Shakespeare e Pirandello per te chi viene, come autore teatrale?
Woody Allen. E’ straordinario, dei suoi copioni non butti via una parola, scrive in maniera eccezionale ed è un contemporaneo. Il teatro oggi non dà tanto spazio a storie nuove, le produzioni non hanno il coraggio di sperimentare, e quindi grossi nomi contemporanei non sono venuti fuori, ma lui è uno dei più accreditati.
Progetti futuri?
Ci sono un paio di proposte cinematografiche e in Polonia sta finendo di andare in onda la fiction che ho girato l’anno scorso in cui interpreto un italiano, l’unico del cast, che ha sposato una ragazza polacca. Una storia incredibile: ho fatto regolare provino in Italia (erano venuti gli autori, il regista, i produttori) su segnalazione di un produttore italo-polacco che aveva chiesto informazioni alla proprietaria del bed and breakfast dove io scendo sempre a Roma da anni. Ho fatto questo provino a Milano e mi sono trovato a recitare in Polonia! E’ una fiction ambientata tra Milano, il lago di Como, Varsavia e Cracovia; sono cinque giovani polacchi costretti a tornare a casa, io sono un imprenditore della moda molto geloso sposato con una di loro e mi ritrovo anche io in Polonia a inseguire mia moglie. Sta finendo la messa in onda della prima serie, va nell’ora di punta di Pl1 che è l’equivalente di Raiuno, è una serie molto giovanile con protagonisti tutti giovani e belli, una fotografia forse un po’ ruffiana dal punto di vista della resa che però funziona e ci sono delle belle scene, girate con uno stile molto diverso dall’Italia, perché anche se è tv non si fanno più di cinque scene al giorno, che sono tempi quasi da cinema. Se fanno la seconda io ho il contratto di due anni!
Ringraziamo Renato Raimo e gli facciamo un in bocca al lupo per i suoi prossimi impegni. Se volete scoprire com’è finita tra Zanasi e Damiano e soprattutto cosa succederà quando e se Cecilia deciderà di denunciare l’amico, appuntamento invece con Centovetrine alle 14.10, su Canale 5.
Si ringraziano per l’intervista anche MassMedia Comunicazioni di Sante Cossentino e Stefano Telese, e Katya Marletta.