Come un delfino – La serie, Raoul Bova riporta lo sport nella fiction, ma la sceneggiatura non convince
Come un delfino – La serie, su Canale 5, porta nella fiction i sacrifici del nuoto insieme al tema della lotta alla mafia. L’idea è buona, ma la sceneggiatura non riesce ad evidenziare le novità presentate
Finalmente, dopo numerosi rinvii ed ondate di promo, è partito “Come un delfino-La serie”, la fiction di Canale 5 che segue il successo del film-tv di due anni fa. A guidare il gruppo di ragazzi usciti da un passato difficile e che ora cercano di rifarsi una vita attraverso lo sport, è ancora il nuotatore Alessandro, interpretato da un Raoul Bova che crede nel progetto, tanto da firmarne il soggetto, produrlo e fare da regista.
Ma la fiction va oltre il “marchio Bova”, che a Mediaset è conosciuto per portare sempre ottimi ascolti (l’ultima volta a gennaio con “Ultimo-L’occhio del falco”): “Come un delfino-La serie” vuole infatti fondere in un nuovo formato un tema fortemente abusato dalla fiction italiana, come quello della mafia e della lotta alla criminalità organizzata, con la novità dello sport in forma seriale.
Come nel film-tv, anche la serie analizza come il nuoto ed i sacrifici che richiede possano servire da volano per chi è in cerca di riscatto. E’ questo, insieme alle speranze ed ai dubbi dei ragazzi protagonisti, a dare la vera spinta alla serie, che annaspa però in altri punti.
A non convincere è una sceneggiatura che non riesce a rendere onore ai buoni intenti della fiction, peccando a tratti di eccessiva semplicità, senza approfondire veramente le situazioni nelle quali si ritrovano i protagonisti e lasciando alle musiche di Ennio Morricone la tensione che dovrebbe trovarsi nei dialoghi. Il pathos è solo intravisto, non riesce ad ingranare impedendo così alla storia di diventare davvero avvincente.
Come gran parte della fiction italiana, anche “Come un delfino-La serie” di quella mancanza di energia narrativa che possa unire le varie storyline e dare una spinta maggiore al senso del racconto. In altre parole, la fiction si fa seguire per l’innovazione dell’ambientazione, ma non conquista a lungo termine.
In tutto questo, però, va dato merito a Raoul Bova di essersi buttato a capofitto in una produzione nella quale si vede che ci crede davvero: oltre a produrla, l’attore nella fiction si fa spesso da parte, per lasciare spazio a quelle storie che potrebbero regalare maggiori spunti. Ci mette la faccia, non abbandona i suoi ragazzi così come il suo Alessandro, ma sa bene che “Come un delfino-La serie” non è “Ultimo” e che lui non può reggere da solo tutto il racconto.
