Una mamma imperfetta, Ivan Cotroneo a TvBlog: “Così è nata la prima fiction pensata per il web e la tv”
TvBlog intervista Ivan Cotroneo – scrittore, sceneggiatore e regista – per parlare della sua ultima ‘creatura’, Una mamma imperfetta, la prima fiction pensata per il web e la tv, ora in onda su Corriere.it e da settembre su Rai2
Il 6 maggio scorso è iniziata su Corriere.it la nuova fiction Una mamma imperfetta, scritta e diretta da Ivan Cotroneo, la prima web serie pensata anche per la tv, tanto che a partire da settembre potremo seguirla in una striscia quotidiana anche su Rai2. La fiction racconta, con un taglio divertente e ironico, le giornate di Chiara (interpretata da una bravissima Lucia Mascino), moglie e mamma eternamente divisa tra il suo lavoro e la sua famiglia, sempre di corsa e sempre insoddisfatta dei risultati ottenuti, esattamente come accade a tantissime donne che lottano ogni giorno con l’orologio e la propria imperfezione.
Ogni giorno alle 13 in punto, dal lunedì al venerdì, Chiara ci racconta in meno di 8 minuti, in una sorta di diario on line, le sue sconfitte giornaliere e i suoi tentativi di migliorarsi, i conflitti con se stessa e con quelle che ritiene essere mamme perfette, strappandoci ogni giorno un sorriso e facendoci dire o pensare “Oh, com’è vero!”. E questo anche se non si è mamme, né mogli, ma donne (o uomini) in eterna lotta con se stesse. Questo, forse, il motivo del successo sul web, dove Una mamma imperfetta raccoglie ogni giorno sempre più consensi. Vedremo a settembre se riuscirà a conquistare anche i telespettatori di Rai 2.
TvBlog ha fatto due chiacchiere con Ivan Cotroneo, che è l’ideatore, lo sceneggiatore e il regista della fiction, per farci raccontare il dietro delle quinte di questo progetto: come è nato, come è stata sviluppata l’idea, come sono stati scelti gli attori. A fine intervista, poi, abbiamo cercato di strappare a Cotroneo qualche anticipazione sulla prossima stagione di Una grande famiglia, che è in lavorazione, ma di questo ci sarà modo di parlarne ampiamente in futuro.
Come è nata l’idea di Una mamma imperfetta?
Stavo ragionando con i miei produttori Francesca Cima e Nicola Giuliano della Indigo Film sul tema di quello che sarebbe dovuto essere il mio secondo film da regista, dopo La kryptonite nella borsa. Il mondo delle famiglie moderne, da sempre, fra cinema e tv, mi interessa molto, e avevo voglia di raccontare le avventure di una mamma (e di un gruppo di mamme) di oggi, fra lavoro, famiglia, amore, impegni, tempo da dedicare a sé. Ma mi sono presto reso conto che quello che mi interessava di più, per questo tema, era raccontare la quotidianità, poter inserire nella narrazione una serie di piccoli e buffi pezzi di vita di cui avevo sentito, o che avevo visto, o che mi raccontavano i miei amici con prole e famiglia. Quindi mi veniva difficile imbrigliare la storia in un racconto chiuso, e quella che doveva essere la storia per un film ha trovato il suo formato in un racconto seriale, non chiuso, che racconta la quotidianità e richiede una messa in onda giorno per giorno.
Nelle puntate racconti l’imperfezione – che fa parte di ciascuno di noi – con ironia e leggerezza. E questo, a leggere i commenti agli episodi, sembra essere il punto di forza della serie. È così?
Io sono un appassionato dell’imperfezione. Intanto ci convivo tutti i giorni, con la mia imperfezione personale e con quella che ampiamente manifesto nel lavoro. A ogni cosa che faccio o scrivo, corrisponde nella mia testa un’idea migliore e più bella di quella stessa cosa: c’è sempre un divario considerevole fra l’idea originale, e quella che riesco a realizzare. Questa insoddisfazione e questo senso di inadeguatezza mi permettono di andare avanti nella speranza che la volta successiva farò qualcosa di migliore. E poi mi piacciono le persone imperfette o che si credono imperfette, quelle che non si compiacciono di quello che fanno ma ne vedono bene i limiti. Questo senso di imperfezione può diventare una malattia, ma il senso della serie, diciamo la sua idea dominante, è che nella imperfezione c’è una grande bellezza, e nell’accettazione di questa imperfezione, nel convivere con essa, c’è la possibilità di sentirsi liberati. Condividere questa sensazione con chi ti legge o in questo caso guarda gli episodi è molto rassicurante. Mi fa sentire in compagnia.
Gli attori scelti per questa serie sono tutti molto bravi, anche se televisivamente poco conosciuti. Un caso o una scelta precisa?
Una scelta precisa. Ho fatto un lungo e per me appassionante casting. Prima di tutto avevo voglia di lavorare con attori che sapevo essere bravissimi e offrire loro una possibilità di mettersi alla prova. Il progetto poi mi sembrava richiedesse questo tipo di scelta, anche per favorire una maggiore identificazione e credere a questo mondo di famiglie imperfette dal primo minuto degli otto di cui è composta ciascuna puntata. Ho avuto la fortuna di avere l’appoggio, generoso in ogni senso, di attori favolosi, a cominciare dalla mia protagonista Lucia Mascino. E quando ho fatto il casting della serie ho incontrato attori che non conoscevo e ai quali mi sarebbe piaciuto offrire una parte. Mi sembrava, ed era, un progetto con tanti personaggi, ma alla fine purtroppo non avevo tanti ruoli quanti mi sarebbe piaciuto averne e molti attori bravi sono rimasti fuori. Non vedo l’ora di poterli coinvolgere in un nuovo progetto. Ci sono molti bravissimi attori, di teatro e di cinema, in attesa di potere far vedere a tutti quanto siano bravi.
Una mamma imperfetta è la prima web serie pensata anche per la tv, visto che a settembre la ritroveremo su Rai 2. C’è quindi la speranza che questo sistema diventi la regola?
Non so se possa diventare una regola, o almeno un’alternativa. Adesso, che siamo a metà della prima fase, quella della messa in onda sul web, io sto sperimentando una grande libertà, e una risposta immediata del pubblico, e ne sono molto contento. Mi sembra di avere avuto accesso a una possibilità molto interessante, e spero che risucceda, per me e per altri.
Come nasce la collaborazione con Corriere e Rai Fiction?
Quando abbiamo deciso con la Indigo di lanciarci in questo progetto, abbiamo ragionato sul tema della quotidianità. Speravamo che le puntate di Una mamma imperfetta potessero essere viste per come le avevamo pensate, giorno per giorno, e ci è venuto in mente da un lato il web, con il suo accesso immediato, ma attraverso il sito di un grande quotidiano, un luogo dove si va ogni giorno in cerca di notizie, in cui per la prima volta si potesse trovare anche una fiction. E dall’altro ovviamente la televisione, che ti consente lo stesso tipo di fruizione quotidiana su un pubblico che potenzialmente può essere diverso. Così, con le pagine del concept siamo andati al Corriere della sera e a Rai Fiction, e a abbiamo avuto l’interesse immediato di entrambi. Allora ho iniziato a scrivere e a preparare.
Credi che la tv (e il pubblico televisivo) sia pronta per il ‘linguaggio’, per lo sviluppo narrativo, per i tempi tipici del web e delle web series?
Dipende ovviamente dalla singola serie di cui si parla. Ma in generale ho sempre pensato che il pubblico, sia quello cinematografico che quello televisivo, sia molto più pronto, attento, acuto, e desideroso di cambiamenti di come viene dipinto dagli analisti del settore. Anche Tutti pazzi per amore nacque nella convinzione che il pubblico di prima serata di Raiuno potesse essere pronto anzi desideroso di vedere una serie con un linguaggio e dei modi di racconto un po’ diversi dal consueto. Quindi sì, penso che il pubblico sia più che pronto e che sia tempo di sperimentare di più.
Negli ultimi tempi le web series si stanno moltiplicando. Quale pensi sia il motivo?
Tutti raccontiamo storie nella speranza di poterle raccontare a qualcuno, altrimenti saremmo dei pazzi che recitano monologhi nelle loro stanzette. Il web ti dà la possibilità di avere un pubblico, una platea che reagisce immediatamente a quello che hai fatto. Può essere un modo straordinario di metterti alla prova, di verificare un formato, di capire se quello che hai fatto interessa o appassiona gli altri.
Il web si sta rivelando un importante mezzo di diffusione per alcuni prodotti, però non consente ancora un ritorno economico. Pensi che potrà essere superato prima o poi questo problema?
Sono certo di sì. Lo spostamento di parte degli investimenti pubblicitari sul web ne è già un segnale, ed esistono realtà commerciali come quelle di Netflix, anche se non ancora nel nostro paese. Certo, adesso qualunque iniziativa in questo senso è pionieristica. La serie Una mamma imperfetta si è potuta realizzare nel modo in cui è stata realizzata solo grazie a uno straordinario investimento produttivo e alla partecipazione generosa delle persone interessate. La Indigo Film ha investito nella serie in un modo in cui adesso i produttori raramente (se non mai) investono, io ho partecipato con il mio lavoro di ideazione, scrittura e regia, ed entrando in coproduzione, nella convinzione che questo possa rappresentare un inizio di un percorso. Abbiamo avuto un aiuto dal Corriere della sera e da Rai Fiction, che hanno acquistato i diritti per la messa in onda web e televisiva, e ci hanno spronato e sostenuto con entusiasmo. Siamo stati supportati da grandi professionisti di cinema, (Luca Bigazzi alla fotografia, Ilaria Fraioli al montaggio, Rossano Marchi ai costumi, Ludovica Ferrario alle scenografie, Paolo Buonvino per le musiche, Mauro Tamagnini e Maurizio Fazzini per acconciature e trucco) che hanno accettato di venire a partecipare a questo nuovo esperimento. Tutti, dai caporeparto agli attori, si sono dati con generosità e passione al progetto, e di questo li ringrazierò sempre.
Ogni tanto si riaccendono le polemiche sulla nostra tv e sulla mancanza di innovazione. L’ultimo è stato Virzì, che a Tv Talk ha parlato della fiction italiana come “camomilla per anziani”. Tu, che anche di fiction – di grande successo tra l’altro – ti occupi, come rispondi a questa ‘provocazione’. È davvero così? È così difficile essere innovativi in tv oggi? E cosa si può fare per migliorare?
È difficile, certo. È molto più facile lamentarsi o criticare il lavoro degli altri. Io cerco di fare il meglio che so fare. Può non essere abbastanza, perché scrivo e dirigo come so scrivere e dirigere. Però ci provo, cerco di ideare nuovi progetti e investo il mio tempo cercando di tirare fuori idee originali, mettendomi in gioco, rispetto alla possibilità di adattare un format straniero. Sbaglio, anche spesso probabilmente, ma ci provo. E come me fanno altri, come gli sceneggiatori con cui lavoro molto spesso, Monica Rametta e Stefano Bises.
Per chiudere e salutarci, un accenno a un tuo grande successo televisivo per il quale c’è già tanta attesa: Una grande famiglia 2. Avremo modo di tornarci in futuro, ma intanto cosa ci puoi anticipare? Dobbiamo aspettarci ancora grandi colpi di scena e suspense?
Nel finale della prima serie, il ritorno a casa di Edoardo Rengoni/ Alessandro Gassman, creduto morto per sei puntate, ha rimesso in discussione tutto. E’ stato un ritorno all’ultimo minuto della serie, un ritorno che non ha offerto spiegazioni, e che per inciso ci ha procurato una denuncia del Codacons, che ha accusato me, Bises e Rametta di slealtà nei confronti del pubblico proprio per questo rilancio all’ultimo minuto (cosa che a noi che guardiamo tante serie straniere non pareva affatto rivoluzionaria…).
Edoardo Rengoni è tornato e adesso, nella seconda serie dovrà spiegare quello che ha fatto, e perché, e soprattutto relazionarsi con una famiglia che durante la sua assenza ha preso un nuovo assetto… Insomma questo ritorno e le spiegazioni che lo accompagnano, l’ambiguità del personaggio di Edoardo Rengoni saranno al centro delle prossime puntate… Non vorrei svelare nulla, ma il mio personaggio preferito di tutte le serie televisive è Don Draper di Mad Men… e forse questo, la passione per quel tipo di personaggio ambiguo e infelice, amabile e imprendibile, affidabile per certi versi e per altri pericoloso, significa qualcosa…
Ringraziamo Ivan Cotroneo per il tempo che ci ha dedicato e speriamo di ospitarlo ancora e presto nel nostro spazio dedicato alla fiction italiana.