Le Iene: polemiche per il servizio sui due presunti stupratori di Uras. La rete delle reti femminili: “Un servizio che alza il tasso di misoginia”
Polemiche per il servizio “Sesso o stupro?” in onda lo scorso 2 giugno.
Domenica 2 giugno 2013, nel corso dell’ultima puntata de Le Iene di questa stagione, condotta da Ilary Blasi, Teo Mammucari e dalla Gialappa’s Band, è andato in onda un servizio dal titolo Sesso o stupro? che ha causato non poche polemiche.
Nel servizio in questione, due ragazzi di Uras, paese in provincia di Oristano, condannati in primo grado a cinque anni di carcere per violenza di gruppo ai danni di una ragazza, hanno raccontato la loro versione dei fatti, dichiarandosi assolutamente innocenti. La iena Mauro Casciari, nel corso del servizio, ha raccolto la testimonianza dei due ragazzi e ha sottolineato le divergenze del processo e le contraddizioni nelle dichiarazioni della ragazza (che non ha voluto essere intervistata).
In poche parole, il servizio “Sesso o stupro?” ha insinuato, nei telespettatori, il dubbio riguardante la correttezza del processo, sottolineando il serio rischio di vedere due ragazzi, finire in carcere da innocenti.
La forte ambiguità derivante da un servizio di questo tipo, però, era un pericolo che Le Iene, ovviamente, non hanno sottovalutato e, per questo motivo, il servizio si è chiuso con un assolo filo-femminista da parte di Casciari che ha invitato le donne, giustamente, a denunciare i propri aguzzini.
Il palliativo, però, non si è rivelato utile: La rete delle reti femministe, ad esempio, non ha gradito affatto il servizio, proprio per la presenza del pesante rischio di messaggi subliminali. Questo è un passo della lettera aperta indirizzata al direttore di Italia 1, Luca Tiraboschi:
Egregio Direttore,
ultimamente un notissimo programma di intrattenimento e informazione di Italia1, Le Iene, reso molto popolare da servizi di denuncia che portano alla luce episodi di ingiustizie, truffe e corruzione, si è reso (inaspettatamente) portatore di contenuti fuorvianti e pericolosi riguardo alla percezione del tragico fenomeno della violenza di genere.
Al punto di raccogliere l’idea, sostenuta da alcuni, che le denunce presentate dalle donne contro violenze sessuali e domestiche, o atti di pedofilia, sarebbe in gran parte “falsa”, addirittura indotta da un presunto malcostume femminile di denunciare “falsi abusi” al puro scopo di fare dispetti a persone di sesso maschile o di ricattare i rispettivi compagni. Un’idea rivoltante, che nessun riscontro ha nella realtà, e che comporta il gravissimo pericolo di alzare ulteriormente il tasso di misoginia in un paese che vanta già un tristissimo primato.
Noi ci esimiamo dal dire chi ha ragione e chi ha torto in questa delicata vicenda: non è questo il nostro obiettivo e non è questa la sede opportuna. Il problema è un altro e riguarda strettamente il rapporto tra televisione e magistratura che diventa, di colpo, molto interessante, soprattutto se quella televisione è chiamata Mediaset.
Non è infatti la prima volta che Mediaset cede al vizietto di sostituirsi alla magistratura ordinaria trasformandosi, lei stessa, in una sorta di tribunale.
Gli esempi sono molteplici: il pubblico di Pomeriggio Cinque che fischiò la sentenza di assoluzione nei confronti degli imputati nel processo di Rignano Flaminio, la madre di Lele Mora applaudita mentre gridava all’innocenza del figlio (durante Domenica Live) e quel gran “capolavoro” d’inchiesta chiamato La guerra dei vent’anni, già rimasto nel cuore di tutti.
Dopo la messa in onda di questo servizio da parte de Le Iene, le domande da porsi sono numerose: considerando che la ragazza non abbia voluto farsi intervistare, era il caso di mandare in onda il servizio? Era il caso realizzare un servizio circa un processo tuttora in corso visto che la condanna è di primo grado? Un servizio del genere può rappresentare uno spinoso precedente?
D’altronde, a pensarci bene, da ora in poi, chiunque sia convinto di essere perseguitato dalla giustizia, può pensare bene di farsi intervistare dalle Iene e quest’ultime non potrebbero esentarsi dal compito.
Mauro Casciari, al termine del servizio, ha affermato chiaramente di non avere alcuna certezza concreta circa l’innocenza dei due ragazzi. Questo non fa altro che alimentare i dubbi circa la reale utilità di un video del genere.
L’ipocrisia, però, sarebbe negare che il servizio in questione abbia indirizzato il pubblico a prendere le difese di una parte in particolare.