Il viaggio, troppo repertorio per un programma che non fa per Pippo Baudo
Il viaggio potrebbe essere un programma gradevole se si facessero delle modifiche: ci dovrebbe essere più curiosità e gli ospiti dovrebbero essere raccontati. Pippo Baudo resta un conduttore che deve avere un palco tutto suo
E’ difficile dire che un programma come “Il viaggio” non dovrebbe andare in onda. Abituati come siamo ai documentari che ci portano in giro per il mondo, una trasmissione che ci ricordi che il nostro Paese è ricco di luoghi da visitar fa bene. Il problema, piuttosto, è la confezione, che si scontra duramente con lo scopo della trasmissione stessa, ovvero incuriosire.
Come già disse Lord Lucas, il programma di Raitre sembra appartenere ad un’altra epoca, nella quale la grafica era semplice e non le si poteva chiedere nessun effetto speciale, e nella quale il racconto televisivo non richiedeva particolari idee. Ma non sono quei tempi, e per tenere il pubblico davanti alla tv bisogna saper raccontare una storia, a maggior ragione se si ha a disposizione una città intera.
I limiti de “Il viaggio” sono proprio questi: manca un collegamento vero e proprio, il camper gira per la città consapevole di avere una scaletta e non per il piacere di visitare la città stessa. Il rischio è di diventare una guida come tutte le altre, con qualche ospite d’eccezione, necessario ad aumentare il ritmo (Biagio Antonacci in cinque minuti riesce a ridare tono al programma), ma senza restare impresso al pubblico.
La presenza di Pippo Baudo non migliora le cose: sia chiaro, il Pippo nazionale è un mostro della tv italiana, e per questo spiace vederlo relegato in una trasmissione che non riesce a rendere propria. Baudo ha bisogno di uno studio, della diretta, degli ospiti da intervistare (bella la chiacchierata con Ferruccio De Bortoli, non a caso fatta all’interno della sede del “Corriere della sera”, incorniciata in un contesto e quindi meritevole di attenzione).
E’ invece costretto ad usare molte immagini di repertorio, come se fosse un “Techetechetè” itinerante, con poco budget e tempo a disposizione. E vedere Pippo, abituato com’è ad avere lunghi spettacoli da condurre, di corsa, non fa piacere.
Questo, insomma, è un programma che con la conduzione di Patrizio Roversi e Syusy Bladi (che hanno fatto una cosa simile, con “Slow Tour”, su Rete 4) sarebbe potuto diventare utile all’interno del palinsesto di rete. Così, invece, ha la tristezza di un programma-contentino migliorabile solo se lo si volesse.