Rai vale più di 2 miliardi, Mediobanca suggerisce la privatizzazione (come in Grecia)
In caso di vendita, al netto dei 366 milioni di debiti registrati al 31 dicembre 2012, lo Stato potrebbe incassare circa due miliardi di euro.
La notizia è che ieri Mediobanca ha calcolato che la Rai vale circa 2,47 miliardi di euro; questo significa che in caso di vendita, al netto dei 366 milioni di debiti registrati al 31 dicembre 2012, lo Stato potrebbe incassare “circa due miliardi di euro”, alleggerendo contemporaneamente il proprio bilancio da una partecipazione che l’anno scorso ha prodotto 244 milioni di perdite.
Il rapporto diffuso dagli studiosi di Piazzetta Cuccia così suggerisce la privatizzazione della tv pubblica anche se non nasconde le difficoltà che incontrerebbe una privatizzazione totale.
La banca d’affari infatti da una parte osserva che ci sarebbero pesanti “risvolti sociali” visto che “sono coinvolti più di 13mila lavoratori e non saremmo sorpresi se i sindacati minacciassero diversi giorni di sciopero”, d’altra nota che ci sono in ballo questioni politiche considerato che “il potere esercitato dal Parlamento sulla Rai è tradizionalmente notevole”. Così se una vendita in blocco è impossibile o quasi, la soluzione potrebbe essere nelle cessioni parziali di alcuni asset. Per esempio la sola vendita di Ray Way, proprietaria delle torri di trasmissione, vale 600 milioni di euro.
Il tema non è propriamente nuovo, visto che in passato si è spesso parlato della necessità di privatizzare il servizio pubblico radiotelevisivo. A riportare la questione al centro dell’attenzione è probabilmente stato quanto avvenuto in Grecia dove sono state messe in vendita le stazioni radio di Ert, la tv pubblica che è stata chiusa (e poi riaperta).
Il fatto (forse) nuovo è che Pdl e Usigrai sono uniti e compatti nel dire no alla privatizzazione (sebbene taluni evidenziano che Berlusconi da una tale operazione ne sarebbe ovviamente avvantaggiato). Secondo il consigliere d’amministrazione Antonio Verro del Pdl il suggerimento di Mediobanca è “un brutto segnale, legato anche ad alcuni articoli di Repubblica che di recente hanno vagheggiato l’ipotesi di una vendita della Rai”. L’unione dei sindacale giornalisti Rai invece paventa conflitti d’interessi visto che tra gli azionisti di Mediobanca c’è Fininvest.
Insomma l’ipotesi della banca milanese è fantasiosa o praticabile?
Vedremo. Quel che è certo è che, come racconta Il fatto quotidiano, questa mattina, in commissione Cultura a Montecitorio, il viceministro Antonio Catricalà farà un annuncio: il 6 maggio 2016 scadrà la concessione che fa di Rai la televisione pubblica e il governo lavora a un percorso per ridefinire il rapporto fra la Rai e lo Stato e non esclude un bando aperto al mercato. Cioè il canone non sarà più la garanzia esclusiva di viale Mazzini.
L’intenzione del ministero però non sembra quella di smobilitare la televisione pubblica ma di neutralizzare lo sperpero e recuperare l’evasione (che, secondo un report di Krls Network of Business Ethics, ha raggiunto nel 2012 il livello record del 44 per cento) di oltre il 20% del canone.
Insomma, se è vero, come pare, che il viceministro Catricalà ripeta spesso la frase “Nel mondo delle cose possibili, si può anche ritenere valida la possibilità di fare un bando pubblico e affidare la concessione statale al migliore” e che il M5S (favorevole alla vendita di due canali) presiede con Fico la commissione vigilanza, è anche vero che il governo di larghe intese non ha messo tra le sue priorità quella di intervenire sulla Rai.