Le tre rosa di Eva 2, Mario Cordova è Amedeo Torre, l’intervista di TvBlog
Abbiamo intervistato l’attore che interpreta Amedeo Torre nella fiction, il dottore ucciso nella terza puntata.
Ieri la terza puntata de Le tre rose di Eva 2 ha vinto nuovamente la guerra degli ascolti, tenendo incollati oltre 4 milioni di telespettatori con i suoi intrighi, misteri e passioni. Il mistero che lega Amedeo Torre alle tre sorelle Taviani non è stato svelato, e si è anzi concluso tragicamente con l’uccisione del dottore ad opera di una misteriosa figura che vive nella soffitta di Pietrarossa. Di una cosa però siamo certi: Amedeo Torre è legato a doppio filo a Eva e a un tragico segreto che coinvolge Veronica, sua moglie. Abbiamo quindi oggi voluto fare due chiacchiere con Mario Cordova, l’attore che presta il volto ad Amedeo, con la speranza di poter avere qualche anticipazioni su ciò che ci aspetta ora che il suo personaggio non c’è più e che si fa sempre più strada la verità. Inutile, la sua bocca rimasta cucita sulle anticipazioni, sulle quali non può davvero dire nulla. In compenso abbiamo parlato di tante altre cose, sia della fiction in generale che della sua lunghissima carriera di famoso doppiaore (sua è la voce prestata a Richard Gere, ad esempio).
Partiamo subito da Le tre rose di Eva. Il suo personaggio, Amedeo Torre, oltre ad essere uno dei nuovi ingressi è anche al centro di uno dei grandi misteri della seconda stagione, anche ora che è morto. Immagino che non potrà rivelarci molto, ma ci provo…
All’interno del set non solo c’era un ordine tassativo di non rivelare nulla, ma ti dico la verità ciò che non ci riguardava direttamente non lo sapevamo. C’era omertà su tutto ciò che non ci riguardava direttamente. Io non so cosa accade dopo di me. E non posso anticipare nulla, neanche di me!
Fino a questo momento non si è ancora capito se Amedeo Torre possa essere inquadrato tra i personaggi negativi o positivi della fiction. Come lo descriverebbe al pubblico?
Diciamo che devo tenermi sul vago anche qui, perché rischierei di rivelare troppo. Secondo me positivo, ma non posso davvero aggiungere altro.
Cosa direbbe a un telespettatore indeciso per convincerlo a sintonizzarsi su Canale 5 e Le tre rose di Eva 2?
Credo che “Le tre rose di Eva” abbiano questo vantaggio, ovvero di coniugare storie d’amore, con vari intrighi che stuzzicano lo spettatore, con una storia che ti fa stare col fiato sospeso. Anche l’ultima puntata, io stesso l’ho vissuta con attenzione e ansia. Questa capacità di mescolare più stili, un prodotto che può essere visto da tutti, dalla casalinga di Voghera o dal ragazzo che si lascia intrigare da misteri ed omicidi, che sono giocati con grande arguzia.
Dopo tantissimi anni di solo doppiaggio e il ritorno da attore, ecco arrivare ora questo ruolo da protagonista in una fiction di successo. Una casualità o una scelta precisa, con relativo impegno?
In realtà avevo smesso. Dedicarmi solo al doppiaggio è stata una scelta di vita, poi per caso questo mestiere mi ha ripreso. Per assurdo anche in questo periodo in cui c’è il tentativo di avere qualità nel minor tempo possibile, sono stato scelto. Il doppiaggio mi ha abituato ad avere un’elasticità mentale maggiore e tutto questo mi ha agevolato in questo mi ritorno. È una scelta quindi in questo senso, anche se ci sono ricapitato per caso.
Il ruolo in cui l’abbiamo vista più a lungo in tv è certamente quello del professor Vittorio Cortona in Centovetrine. Che ricordo ha di quell’esperienza?
Meravigliosa. È stato il mio rientro alla scena dopo vent’anni di doppiaggi. La prima volta in cui ho dovuto superare le prime paure del fatto di essere abituato a lavorare al buio di una sala da doppiaggio.Essere guardati, è stato veramente bello. Ricordo con tenerezza le mie sveglie alle 4.30 di mattina, in provincia di Torino, a San Giusto, d’inverno, in mezzo ai lupi, vicino ad un cimitero, per fare le nove scene che avrei dovuto fare la mattina. Studiavo per tre ore le scene e poi alle otto andavo a girare. Ricordo dei compagni di lavoro strepitosi ed un troupe straordinaria.
Visto che ha preso parte sia a Centovetrine che a numerose fiction, crede che esista ancora o no una sorta di pregiudizio nei confronti degli attori che hanno preso parte a una soap quando poi ci trova al provino di un prodotto per la serialità televisiva o per il cinema?
In passato esisteva sicuramente, cosi come esisteva per i doppiatori. Anni fa se tu dovevi fare televisione, e ti facevano notare che eri doppiatore, magari eri costretto a negare. È la stessa cosa lo è stato per la soap. Ora credo non ci sia più. La mia carriera dimostra che oggi questo pregiudizio non esiste più, anche se io devo dire non ho mai fatto uno stesso personaggio per dieci anni.
Dal punto di vista della preparazione e dell’impegno, che differenza c’è tra l’essere attori e l’essere doppiatori?
Hanno entrambi un vantaggio e uno svantaggio. L’attore è uno che parte da un testo scritto, fa una analisi logica del testo e stabilisce il carattere di un personaggio. Poi decide come questo personaggio si muoverà, come parlerà. E tutto questo lavoro che è bellissimo il doppiatore lo trova già fatto. In compenso il doppiatore non ha l’altro che gli risponde, tu parli con lo schermo, con il buio. Non hai il costume, non sei in quel posto e questo non ti aiuta. È tutta immaginazione. In più hai la difficoltà di andare sul movimento dell’attore. Sono due parti dello stesso mestiere. La differenza reale è che per doppiare usi solo una parte di te.
Richard Gere, Jeremy Irons, Patrick Swayze, Bruce Willis: sono solo alcuni dei grandi attori da lei doppiati. Ce n’è uno al quale si sente particolarmente legato?
Ad ognuno di loro sono legato perché rappresenta una parte di me. Quello però a cui sono più legato è senza dubbio Richard Gere.
Non è un momento facile per le produzioni televisive. Si fanno meno fiction e ai provini la concorrenza è tanta. Come incide questo sul lavoro di un attore?
Io ho la fortuna di poter lavorare su più tavoli, doppiaggio, pubblicità, attore, quindi magari sento meno questa crisi. Credo che questa crisi colga i giovani. Oggi se sei giovane devi essere consapevole che devi fare tanti sacrifici, perché oltre alla crisi c’è anche qualcuno che ne approfitta. Infatti ci sono attori giovani, di trent’anni, che magari per arrotondare devono fare anche altro perché non si riesce a vivere. La concorrenza, però, come in tutte le cose, dovrebbe portare ad una maggiore selezione, ma ci sono anche tante persone che poi alla fine mollano. Io mi immagino un attore che ha fatto solo fiction, oggi le paghe sono il 40 % in meno rispetto a quanto si percepiva una volta, che poi non era neanche poi tanto.
Se per assurdo fosse costretto a scegliere tra il doppiaggio e la recitazione sul set, cosa sceglierebbe?
In realtà questa scelta l’ho già fatta, lo scelsi allora ed ho fatto per vent’anni il doppiatore. Se oggi dovessi riscegliere, risceglierei il doppiaggio. È dal 79 che doppio, è la mia vita. Fortunatamente oggi queste due parti dello stesso mestiere sono condivisibili. Non sono due mestieri diversi.
Per l’intervista si ringrazia Katya Marletta Press Agent