Piero Chiambretti: “Tv in crisi per colpa dell’Auditel, nessuno sperimenta”
Chiambretti parla anche dell’esperienza a Striscia la notizia.
Piero Chiambretti, interpellato dal quotidiano Il Tempo, ha detto la sua sullo stato della televisione italiana, partendo dall’analisi della (presunta) crisi dei talk show. Secondo il conduttore di Striscia la notizia, il discorso è molto più generico e coinvolge tutto il piccolo schermo:
La crisi dei talk affiora dentro un sistema televisivo che ha una crisi più profonda: non credo che sia in crisi un genere, è in crisi un sistema televisivo. Penso ci sia un problema del sistema tv che andrebbe – ma non sarà – cambiato, in accordo tra tutte le emittenti, ma quello che dico è assolutamente utopico. Si mettessero un giorno al tavolo e dicessero, reinventiamo, ognuna per conto proprio, la prima, la seconda e la terza serata.
Chiambretti ha ragione, si tratta di utopia assoluta, anche e soprattutto per colpa di chi nel piccolo schermo lavora da decenni ed è stato incapace di arrestarne tale inversione di tendenza. L’ex Portalettere ha proseguito indicando tra le cause che hanno portato alla crisi la televisione le cosiddette esigenze di mercato e l’attenzione vincolante che viene data all’Auditel:
La tv si è dovuta adattare alle esigenze di mercato, l’avvento dell’Auditel prima (che è diventato un giudizio universale) e poi la frammentazione di migliaia di canali che uno dopo l’altro portano via pubblico e pubblicità, quindi soldi, hanno costituito una psicosi generale. Per cui nessuno rischia, nessuno sperimenta, si manda in onda quasi sempre il sicuro, non si prende mai la strada nuova, se non per qualche eccezione; ma in linea generale il dirigente, l’autore, il conduttore, il direttore, tutta la filiera della televisione parte dal presupposto che non si può sbagliare. Ma partendo da questo presupposto sbagli in modo più scientifico. Ripeti lo stesso programma, in qualche caso gli cambi solo il titolo, e non affronti nuove frontiere che comunque sono sotto gli occhi di tutti perché il mondo velocemente cambia e le nuove tecnologie rendono tutto più facile da realizzarsi. Questa potrebbe essere un’era nella quale la televisione potrebbe dare il massimo e invece non lo dà. Non dico che dia il minimo ma va a passo d’uomo mentre invece la tv va veloce. Molto veloce.
Inutile sottolineare che in questo vortice spiegato con assoluta lucidità da Chiambretti, è finito – peraltro da qualche anno – anche il conduttore torinese che fatica ad imporsi con un programma tutto suo, soprattutto da quando è passato a Mediaset. Pierino ha poi analizzato la differenza tra la tv e la rete (Chiambretti ha realizzato una rubrica sul sito del Corriere della Sera) individuandola nella libertà e nella mancanza di stress da concorrenza o da controprogrammazione:
Ma una volta capito che quel sistema è un sistema anche votato alla ricerca di sponsor, qualcuno inventerà una sorta di auditel dei clic e anche lì tutto sarà meno libero. Perché sarà tutto studiato per raggiungere più clic, e per farlo devi entrare nelle logiche del mercato: donne nude, scene sanguinolente, tutto quello che non si sa perché attira di più l’occhio umano.
Dopo aver bollato come “sterile” la polemica sui compensi di alcuni volti Rai perché “per stare sul mercato devi avere le cosiddette star, e puoi averle stando dentro a certi ingaggi”, Chiambretti ha parlato del suo attuale impegno nel tg satirico di Canale 5 ideato da Antonio Ricci:
Striscia mi mette molta serenità ed è per me un contrappasso: sono stato negli anni un bersaglio ed oggi essere dall’altra parte del bancone non vuol dire aver perso la propria identità e coerenza ma semmai aver trasformato i propri atteggiamenti rispetto alla televisione. Non è che uno va dove lo chiamano, uno va dove pensa di poter stare meglio. È un’esperienza popolare, una passeggiata di salute e speriamo che possa anche ripetersi. Ma non nascondo però che tengo molto in considerazione l’eventualità di fare un mio programma.