Pino Insegno a TvBlog: “Reazione a catena è un successo da 30% di share. Me lo dicono tutti flop? Non ho colpe”
L’attore nella nostra intervista non si risparmia e replica a chi lo definisce l’uomo dei flop: “È come dire Rocco Siffredi non scopa. Non è così, magari non gli si alza una volta, ma non è l’uomo che non gli si alza. Io ho fatto 1600 puntate in televisione, se ne ho toppate due o tre è grasso che cola”
TvBlog ha realizzato una lunga intervista a Pino Insegno, conduttore – insieme a Veronica Maya (anche lei intercettata dai nostri microfoni) – per la quarta volta consecutiva dello Zecchino d’oro, in onda su Rai1 dal 19 al 23 novembre. Con l’attore e mattatore di Reazione a catena però abbiamo parlato anche di molte altre cose, tra le quali il doppiaggio delle serie e il suo futuro in televisione:
Quarto anno consecutivo alla conduzione dello Zecchino, come ti poni rispetto ad un programma storico peraltro condotto insieme ad una veterana?
Sì, lei quarta volta consecutiva e due figli, soprattutto. Ora sta tranquilla, ho parlato con il ginecologo (ride, Ndr). Questa sarà una stagione da Insegno 2.0. visto che va avanti la comunicazione e cambia il modo di essere ragazzi; questo non significa perdere i propri valori, ma cambiare un po’ il modo di condurre. Lo Zecchino andrà anche sul web, ormai Youtube la fa da padrone rispetto alla tv; lì hai 11 milioni di contatti… te li sogni in tv. 44 gatti è stato visto 44 milioni di volte sul web. I bambini restano bambini, però… intanto non bisogna parlare loro con la voce da finto bimbo, come non ho mai fatto, perché è odioso. La cosa bella di questo programma è che c’è una gara, ma tutti si fanno il tifo; è pazzesco in un periodo storico come questo. Bisogna prendere esempio dai bambini. È una cosa che vorrei insegnare ai miei figli: la tua vittoria non sia la sconfitta di un altro. In genere, anche tra noi colleghi, si dice ‘hai visto, quello è andato male’, come se fosse il tuo successo. Lo Zecchino vorrei che desse ai telespettatori quello che mi dava quando lo guardavo io da piccolo.
Immagino tu abbia dato un’occhiata agli altri programmi tv che hanno come protagonisti i bambini…
Sì, non voglio la polemica, certe cose parlano da sole: la gente non abbraccia totalmente il talent show. A X Factor che gli vuoi dire? È un talent interessante, intelligente, come The Voice. Quando il talent esalta le capacità di una persona che non poteva mettersi in mostra altrimenti e che comunque è in grado di gestire la vittoria o la sconfitta, io sono d’accordo. Non sono d’accordo quando un talent o un reality si sostituisce alla professione futura di una persona. Il Grande Fratello è stato un grande reality, il primo. Però dire dopo due mesi che stai nella Casa ‘ora esco e faccio una fiction’… insomma, bisogna stare attenti, altrimenti tutti quelli agli arresti domiciliari chissà cosa dovrebbero fare! Vorrei soltanto che si definisse di più il limite del reality o del talent show. Chi fa il talent show deve essere capace di gestire la sua sconfitta o la sua vittoria.
Per i bambini è evidentemente più difficile. Quindi quali sono le tutele da adottare?
Rischiamo di perdere un futuro bravo cantante. Se Rita Pavone fosse nata oggi, magari avrebbe partecipato ad un talent show, non avrebbe vinto e magari non avremmo avuto questa brava professionista. L’unico pericolo è questo, per il resto sono programmi che possono diventare divertenti.
A TvBlog qualche mese fa dicesti che tra i tuoi desideri c’era quello di fare fiction e notasti che spesso un conduttore rischia di restare ingabbiato in quel ruolo perdendo credibilità come attore. Ora torni conduttore, quando arriverà la fiction?
Continuo a fare l’attore a teatro, da 32 anni, ora sono all’Eliseo. Poi, il problema è tutto italiano: ci ho messo tanto per arrivare in un teatro italiano importante e ci ho messo una settimana per andare in Off-Broadway con un mio spettacolo. Ci ho messo tanto per farmi accettare come doppiatore all’inizio, ora sono consolidato e la gente ti plaude tantissimo staccando la tua immagine di conduttore dalla voce. Se chi gestisse questo mestiere andasse un po’ di più a teatro, al cinema, si informasse di più, non ci sarebbero questi preconcetti. È ovvio, se uno fa solo il conduttore come Carlo Conti, è difficile che ti possa venire in mente di fargli fare una fiction, con tutto il rispetto per il bravo Carlo. Faccio l’attore e il doppiatore da 32 anni, faccio televisione da 26. All’inizio mi dicevano che non sarei stato in grado di condurre un programma, un quiz… il resto è storia. La mia capacità di essere attore e improvvisatore ha dato quel valore aggiunto a un gioco straordinario. Un testo classico, Shakespeare, Pirandello sono scritti bene poi dipende da chi lo interpreta; io mi sono trovato nella stessa condizione.
Ora faccio una domanda ad uno dei più grandi doppiatori in Italia; in Italia circola l’idea che i telefilm americani doppiati in italiano nulla o quasi hanno a che fare con il prodotto in lingua originale. È una moda dirlo o c’è del vero in questa argomentazione?
È sempre stato una moda dirlo, per il cinema succedeva ancor di più. I puristi dicono che la lingua originale.. certo, Shakespeare letto in inglese è un’altra cosa, se sai l’inglese. Però se non lo sai, è tradotto nella tua lingua. Insomma, esistono delle buone traduzioni ed altre non buone. I film importanti sono doppiati tutti molto bene… noi siamo i più bravi al mondo, tutti ci prendono ad esempio. Gli americani vengono qua, i francesi pure: noi lo insegniamo a loro. È ovvio che il mercato si è rapidizzato moltissimo e le fiction devono essere pronte in due secondi; io sono d’accordo che certe volte sia un po’ superficiale, non c’è abbastanza tempo per gestire. I soldi sono pochi veramente, parliamo di poche centinaia di euro, anche meno, per doppiare a turno. C’è poco tempo e allora ci si accontenta della prima emissione vocale. Sempre da professionisti però, non ci stanno raccomandazioni qui.
Visto che ci siamo, ci spieghi perché spesso anche serie italiane, anche della Rai, vengono doppiate nuovamente in fase di post produzione?
Significa che c’è una presa diretta improponibile oppure avviene perché ti trovi in un contesto particolare, per esempio la discoteca.
Quindi dipende dal contesto, non dalla recitazione degli attori?
Dipende, perché certe volte gli attori italiani non sanno doppiarsi. Il doppiaggio può migliorare un attore, tantissimo. Comunque se l’attore principale è doppiato, pure l’attrice principale, anche se ha fatto un’ottima presa diretta, deve ridoppiarsi perché altrimenti il missaggio non lega.
L’Eredità è un quiz consolidato di Rai1, ma da qualche stagione, complice la concorrenza di Avanti un altro, un po’ in affanno con gli ascolti. Si è spesso parlato di trovare un quiz che possa farlo rifiatare anche nel periodo di garanzia. Pensi che Reazione a catena possa svolgere questo ruolo?
Io leggo sempre su TvBlog… mi diverte moltissimo vedere i blogghisti che certe volte l’unica cosa che fanno è sottolineare quello che è già successo. Come se uno fa il metereologo e dice ‘oggi piove, adesso c’è vento e 14 gradi’. Certo, è ovvio, è successo. Il tifo interno mi fa molto ridere, non si considera il panorama, il contesto, le curve… Reazione a catena ha vinto contro tutti, meno che contro Paolo (Bonolis, Ndr) ovviamente. Noi ci siamo scontrati con il programma nuovo di Insinna (Il braccio e la mente, Ndr), con quello di Gerry Scotti (The Money Drop), con i Cesaroni, con i film; quest’anno abbiamo avuto ancora più successo perché abbiamo iniziato un mese prima quando non era ancora estate e abbiamo finito più tardi. Abbiamo fatto 40 puntate in più, il successo… sembrava fosse il primo anno di Reazione a catena. Molte volte si dice ‘Reazione a catena in onda contro il nulla’, non è così. Mancava un programma di successo di Canale 5; è ovvio che contro Paolo gli ascolti si abbasserebbero. L’Eredità si difende bene.
Non discutevo il successo di Reazione a catena, ma chiedevo se per te è realistico pensare ad una staffetta con L’Eredità anche nel periodo di garanzia…
Sì, si può pensare ad un’alternanza. Reazione a catena è un ottimo format ed ha molte potenzialità non ancora sfruttate, ci sono giochi nuovi, anche se sempre abbinati a quelli già esistenti.
Nella sfida eventuale contro Avanti un altro mi sembra di capire che tu ti sentiresti già sconfitto in partenza…
No, non ho detto questo. Ho detto che l’incontro-scontro con l’amico Paolo, che adoro come uomo e come professionista, abbasserebbe il tetto che uno ha. Noi diamo la linea al telegiornale al 30-32%, te lo faccio vedere.
Insegno ci mostra dal suo cellulare il grafico nel quale la curva di Rai1 con Reazione a Catena sale praticamente in verticale oltre il 30%. Poi riprende a parlare.
Un programma che fa questo rispetto a tutta la televisione italiana…
Certo, ma è vero che dall’altra parte mancava il competitor principale su Canale 5…
Sì, anche La vita in diretta (si riferisce alla versione estiva probabilmente, Ndr) non aveva competitor però non faceva il 30%. Questo voglio dire ai blogghisti: c’è Tempesta d’amore, c’è il Tg3 che è fortissimo, ci sono le partite… manca quel competitor, certo. Ma qui siamo al 30%. Reazione a catena è forte, di sicuro farebbe il suo, forse di più, ma questo non lo so. Io non parto mai sconfitto. Perché poi tu fa 7 milioni, l’altro 6 milioni e 800 mila e tu hai vinto? Ci sono 6 milioni e 800 mila stronzi? A me fa ridere questo discorso. Il programma ha tante potenzialità inespresse in cantiere che spareremmo se assumesse un ruolo ancora più da protagonista.
Tornerai a maggio, questo è sicuro?
Spero di sì. Magari prima…
Sappiamo cosa successe lo scorso anno, quando sembravi essere stato fatto fuori dalla conduzione…
Lì c’è stato un misunderstanding, c’è stato qualcuno che ha chiacchierato senza pensare, ma non è stata la Rai. Io feci un piccolo sfogo e basta (su Facebook, Ndr). Non credevo potesse essere possibile; come dicevo con Aragorn, ‘se c’è un giorno della sconfitta non è questo il giorno’. E infatti è stato così.
Pino Insegno torna in prime time quando?
Le prime quattro puntate di Me lo dicono tutti andarono bene il sabato sera, tra il 18 e il 20%; le altre due, fatte l’anno dopo di mercoledì, no. L’errore fu la collocazione. Il programma non era mio, io conducevo 38 minuti in studio, non c’ho colpe. Pino Insegno nella sua vita ha fatto quelle due puntate e una di Insegnami a sognare come errori. Con o senza la Premiata Ditta non abbiamo sbagliato altro.. se sbaglio mezza cosa sembra che ne ho sbagliate centomila. Le fiction con la Premiata Ditta sono le più viste della storia della sitcom italiana. Le prime serate non ne parliamo. Le altre condotte da solo non hanno mai toppato. Tra i blogghisti c’è stato un momento in cui si diceva ‘i flop di Insegno’…
Beh, i flop di Insegnami a sognare e Me lo dicono tutti sono tali…
Sì, ma ‘l’uomo dei flop’ no. È come dire Rocco Siffredi non scopa. Non è così, magari non gli si alza una volta, ma non è l’uomo che non gli si alza. Pino Insegno ha fatto quasi 2000 puntate – mò parlo come i calciatori in terza persona…. Io ho fatto 1600 puntate in televisione, se ne ho toppate due o tre è grasso che cola. Questo mi fa ridere.