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Pomeriggio Cinque e il caso Gabriele Paolini: la differenza tra dovere di cronaca e pura vendetta

Ecco come ha affrontato il caso Paolini, la trasmissione pomeridiana di Canale 5.

pubblicato 12 Novembre 2013 aggiornato 3 Settembre 2020 12:00

I giornalisti televisivi, e non solo, avranno sicuramente festeggiato dopo la notizia dell’arresto del disturbatore catodico per eccellenza, Gabriele Paolini, accusato di aver avuto rapporti sessuali con minori e di detenzione di materiale pedo-pornografico.

In molti avranno pensato che il destino gli ha reso pan per focaccia e per una volta i giornalisti si sono occupati di lui più che volentieri: sarebbe ipocrita negare questa “goduria” da parte della categoria e non c’è nulla di eccessivamente sbagliato, a patto che tutto, ovviamente, rientri nel naturale dovere di cronaca.

A Pomeriggio Cinque, ultimamente, la prostituzione e il sesso con i minori sembrano essere diventati il leit-motiv di queste ultime settimane: abbiamo già ampiamente trattato la modalità con la quale è stato affrontato il caso delle baby-squillo dei Parioli e questo modus operandi è stato letteralmente trasferito dal fenomeno della prostituzione minorile al caso Paolini. Di conseguenza, c’è stata dovizia di particolari osceni e scandalosi, morbosità, dichiarazioni fuori luogo e un tempo spropositato dedicato ad una notizia che, francamente, poteva essere liquidata facilmente con un servizio e nulla più. In poche parole, la solita deriva retorica e demagogica, anche in questo caso.

Lungi da noi, prendere le parti di Paolini, assolutamente no, per carità. La sua vita privata è ora in mano alla magistratura e non ci interessa, già in passato Paolini si è reso protagonista di comportamenti che definire immorali è quasi un complimento (i contenuti del suo sito personale, i film hard con una Sara Tommasi completamente fuori da sé) e, da un punto di vista personale, lo considero un personaggio televisivo completamente inutile.

La differenza sostanziale, però, è questa: altre trasmissioni hanno fatto il loro dovere di cronaca ossia riportare la notizia. Oggi, durante la puntata di Pomeriggio Cinque, invece, si è consumata una vera e propria vendetta.

Chi ha un briciolo di memoria, tra i tanti collegamenti che Paolini ha mandato in malora, figurano anche alcuni della trasmissione condotta da Barbara D’Urso. Tutto ciò è sufficiente per spiegare i motivi della nemesi.

Come si può asserire con certezza, però, che Pomeriggio Cinque abbia consumato la vendetta-Paolini e non abbia fatto soltanto dovere di cronaca?

Bastano questi tre indizi:

– come vedete nella foto, paradossalmente, l’inviata di Pomeriggio Cinque è stata disturbata da un ragazzo che, tra l’altro, è stato visto spesso affianco a Paolini durante alcune delle sue incursioni televisive. Barbara D’Urso, non riconoscendolo, ha così commentato: “Paolini ha già qualche emulo ma disturbare i servizi non porta fortuna!”;

– parlando della detenzione in carcere di Paolini, che sarà recluso in una cella normale e non in regime di isolamento, la conduttrice ha inneggiato al famoso codice d’onore dei carcerati. In poche parole, la D’Urso ha auspicato che Paolini venga maltrattato dagli altri detenuti, dimenticando che in carcere, le persone sono chiamate a riabilitarsi e non a peggiorare la propria situazione;

– sul finale di trasmissione, Barbara D’Urso ha chiuso la puntata con questa frase: “Noi facciamo cronaca e cerchiamo sempre di farla nel modo più corretto possibile”.

Qual è stato il motivo di questa chiusa? Che bisogno c’era di farla, proprio oggi? Coda di paglia? Quelli di Videonews, che in questa stagione ne stanno facendo di cotte e di crude, si sono resi conto in corsa di aver sbagliato e tentato di riparare?

Perché il punto è questo.

Ognuno è libero di sfottere Paolini come meglio crede (io stesso, alla notizia del suo arresto, ho pensato al karma) e di trattare un caso come meglio si ritiene opportuno ma, attenzione.

Vale davvero la pena, parlando sempre dei giornalisti, perdere il proprio rigore etico e divertirsi in tv con la più facile delle vendette?

Forse se ne sono dimenticati ma, in gioco, c’è sempre quella cosa chiamata credibilità.