Michele Cucuzza a TvBlog: Mission? Non ha nulla del reality
Parte stasera sulla prima rete del servizio pubblico radiotelevisivo il nuovo programma, ideato da Antonio Azzalini e Tullio Camiglieri Mission.
Al timone di questa nuova trasmissione prevista per due puntate c’è un inedita coppia di conduttori, si tratta di Michele Cucuzza e Rula Jebreal. TvBlog ha incontrato il componente maschile della coppia alla conduzione di Mission, ovvero Michele Cucuzza. Ecco il contenuto dell’intervista, buona lettura.
E’ stato il primo a partecipare a questo progetto televisivo, perché ha detto di si e visto il tempo passato dalla sua partenza per l’Africa, pensava che il programma poi non andasse più in onda ?
Ero attratto dall’idea di vedere una realtà di questo genere. Ho anche due figlie che sono volontarie e spesso vanno in Africa e mi hanno sempre raccontato quelle situazioni. Ho accettato con entusiasmo ed impegno di partecipare alla missione in Sudan con Barbara De Rossi. Perché si trattava di andare a vedere con i miei occhi una realtà che non conoscevo, quella cioè dei campi profughi, dove operano i cooperanti di tutto il mondo. Ho scoperto questa realtà, li si cono centinaia di persone che sono fuggite dal Congo e dal suo esercito. C’è una realtà drammatica e tragica, però contemporaneamente c’è l’assistenza e l’impegno dei cooperanti che si occupano di queste persone. E’ stata per me un esperienza importante suò piano umano e sul piano in generale della conoscenza dei fatti di questo mondo.
Dall’agosto del 2012 ad oggi è passato più di un anno, come è cambiato, se è cambiato questo programma ?
Penso che non sia cambiato rispetto al progetto iniziale. E’ maturata poi nell’azienda la decisione di farne un programma, quindi raccogliere una serie di testimoni che vanno nei luoghi dove ci sono i campi profughi e attraverso la loro presenza far conoscere al grande pubblico italiano di Rai1, la realtà di quei posti.
Un programma questo, che prima ancora di andare in onda ha avuto molte polemiche, una fra tutte quella sul coinvolgimento di cosidetti VIP in un tema molto delicato come questo, come la pensa ?
In tutto il mondo ci sono personaggi del mondo dello spettacolo che fanno esattamente questo, cioè sono testimoni di realtà difficili, una per esempio è Angelina Jolie, tanto per fare un nome. A parte questo sono convinto che Pannofino, Barbara De Rossi, Lorena Bianchetti, piuttosto che Albano o Emanuele Filiberto hanno fatto un ottimo lavoro. Hanno cioè osservato con gli occhi della loro sensibilità questa realtà e l’hanno raccontata ed avendo io visto tutti i filmati, posso dire che sono documenti di pregio dove loro sono assolutamente misurati e coinvolti. Nel senso che non c’è nessuno eccesso, relativamente alle critiche di cui mi parli tu e coinvolti, perché in quelle realtà è molto difficile non esserlo. Non c’è nessuna concessione alla spettacolarizzazione.
Il rischio della spettacolarizzazione quindi non c’è ?
Negli ultimi giorni c’è stato un bellissimo reportage su Repubblica di Adriano Sofri, proprio su un campo in Giordania di cui parleremo noi con Albano e le sue figlie. Quindi per dire, sono argomenti di cui non si può non parlare. Certamente lo fanno in maniera egregia i Tg ed i reportage e gli Speciale. Mi chiedo però perché non si deve poter fare, attraverso gli occhi e la testimonianza di volti noti far venire a conoscenza di queste cose il grande pubblico? Perché per esempio, grazie ad Albano, la gente può dire, vediamo cosa ha fatto, dove è andato, ed in questo modo far venire a conoscenza del grande pubblico queste realtà. Così magari guardano quel programma che forse non avrebbero guardato
Molti hanno usato la parola reality accostata a questo programma, è corretto ?
Mission non ha nulla del reality. Questi sono dei reportage con la differenza che al posto del giornalista, ci sono dei personaggi noti. Però ti posso dire che sono fatti con estrema professionalità, con rigore, a mio giudizio sono dei documentari di grande valore.
La politica ha fatto sentire ancora una volta la propria voce sulla Rai e su questo programma, in particolare. Negli ultimi mesi l’attuale Presidente della Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai ha criticato questo programma, volendo anzi vedere preventivamente la trasmissione. Critiche che ha poi ribadito dopo la messa online di un video con alcune sequenze del programma. Come la pensa su questa cosa, in particolare sul fatto che la politica voglia vedere una trasmissione televisiva, prima che venga trasmessa ?
Mi pare di capire che questa cosa non sia prevista, quindi credo che la Rai abbia fatto benissimo a non far vedere preventivamente la trasmissione. Però devo dire che mi dispiace molto che sia nata questa polemica. Mi auguro che tutta la politica dopo aver visto la trasmissione, capisca lo sforzo, almeno nelle intenzioni e che ci sia buona fede e che non c’è assolutamente nulla di negativo e disdicevole. Tra l’altro il filmato che è circolato in rete, messo non dalla Rai ma da qualcuno che lo aveva, mi è stato spiegato che è un piccolo estratto di un filmato, credo quello di Emanuele Filiberto in Congo, che è stato estrapolato dal contesto globale di quel reportage, mostrandone solo una parte, decontestualizzandolo completamente .
Veniamo alla trasmissione vera e propria, come sarà strutturata e cosa vedremo ?
Verranno mostrati questi reportage, che avranno una durata media che va dai 20 ai 40 minuti, questi ultimi inframmezzati. Poi ci saranno gli interventi in studio dei testimoni che sono andati in quei posti, assieme ai rappresentati dell’UNHCR e di INTERSOS. La Rai si augura che in futuro, superate le frizioni di questi mesi, si possano coinvolgere altre associazioni che si occupano di questi argomenti.
C’è la possibilità quindi che ci possa essere una seconda serie di questo programma ?
Se il tutto non viene travolto da altre proteste e se ci si convince che Mission nasce dalle migliori intenzioni e che cioè si vogliono mostrare al grande pubblico di Rai1 quelle situazioni e quei luoghi perché no.
Pensa che ci possa essere il rischio che il programma posso essere chiuso dopo la prima puntata ?
Io mi auguro proprio di no. Sarà la Rai a decidere, sono convinto che queste 2 puntate andranno in onda.
Avrà al suo fianco Rula Jebreal, come va la sintonia fra voi due ?
Ottima sintonia. Io l’avevo conosciuta quando lavorava con Santoro. E’ una giornalista di esperienza internazionale, adesso per esempio è arrivata da New York, quindi conosce molto bene il mondo. E’ una persona assolutamente alla mano, ci siamo subito trovati.
Le manca la Vita in diretta ?
Sono molto contento ed orgoglioso di averla fatta, ma ora sono molto contento di fare Mission. In questi anni ho fatto Unomattina, ho fatto la radio ed ho scritto libri, quella è stata una bellissima esperienza ma ora faccio altro.
Quest’anno la Vita in diretta ha cambiato conduzione e confezione, avendo delle difficoltà in termini di ascolto rispetto alle precedenti gestioni. Che ne pensa dei cambiamenti apportati in questa edizione e da telespettatore quale preferiva ?
Non mi esercito nella critica televisiva, considero questo sport come la formazione della nazionale di calcio.
Qual è la TV che le piace e quale non le piace ?
Quella che non mi piace non la guardo, quindi non saprei fare la lista. Mi piacciono i programmi giornalistici e di approfondimento e di informazione. Mi piace inoltre l’approfondimento umano, andando a cogliere tratti nascosti dei personaggi noti. Mi piace molto la politica, la seguo molto, quindi mi piacciono i talk show che parlano di questo argomento.
Dopo Mission cosa le piacerebbe fare in televisione ?
Mi piacerebbe fare programmi di attualità, talk di approfondimento, interviste. Due anni fa ho scritto un libro sulle ultime ricerche sul cancro in Texas, si chiamava “Il male curabile”, perché quella è la speranza. Quest’anno ho scritto la storia di un ragazzo, vergata insieme a lui, si chiama Luigi Di Cicco, il cui padre era un boss della camorra. Lui invece, nonostante fosse in quella famiglia, è riuscito a non rimanere invischiato in quella situazione. Una storia di camorra raccontata da un ragazzo che l’ha vissuta in prima persona e che è riuscito ad andarsene via, a fare il militare a Civitavecchia, si è spostato lì ed ora ha un bar pizzeria. Il libro si intitola “Gramigna. Vita di un ragazzo in fuga dalla camorra”. Ecco mi piacerebbe portare in Tv storie di questo tipo, raccontate attraverso dei programmi d’approfondimento giornalistico.
Grazie a Michele Cucuzza ed in bocca al lupo per tutto.