Rai, scontro Milena Gabanelli-Usigrai sulle sedi regionali
Le sedi locali della Rai rappresentano uno spreco da razionalizzare?
Negli scorsi giorni e nel bel mezzo per i festeggiamenti per il nuovo anno si è consumata una polemica piuttosto accesa a distanza tra Milena Gabanelli e l’Usigrai, il sindacato dei giornalisti della Rai. Tutto nasce dall’articolo scritto dalla conduttrice di Report su Il Corriere della Sera, pubblicato il 31 dicembre col titolo Tutto quello che non ha fatto la politica del «noi faremo. Nel pezzo, molto duro nei confronti del governo Letta e della classe politica in generale, la Gabanelli ha parlato anche di tv pubblica partendo dal presupposto che privatizzarla non ha senso perché essa “è un cardine della democrazia non sacrificabile”. Il punto però è un altro e riguarda le 25 sedi locali della Rai, già tirate in ballo a ottobre scorso su l’Unità:
In nessun paese europeo però ci sono 25 sedi locali: Potenza, Perugia, Catanzaro, Ancona. In Sicilia ce ne sono addirittura due, a Palermo e a Catania, ma anche in Veneto c’è una sede a Venezia e una a Verona, in Trentino Alto Adige una a Trento e una a Bolzano. La Rai di Genova sta dentro ad un grattacielo di 12 piani…ma ne occupano a malapena 3. A Cagliari invece l’edificio è fatiscente con problemi di incolumità per i dipendenti. Poi ci sono i Centri di Produzione che non producono nulla, come quelli di Palermo e Firenze. A cosa servono 25 sedi? A produrre tre tg regionali al giorno, con prevalenza di servizi sulle sagre, assessori che inaugurano mostre, qualche fatto di cronaca. L’edizione di mezzanotte, che è una ribattuta, costa 4 milioni l’anno solo di personale. Perché non cominciare a razionalizzare? Se informazione locale deve essere, facciamola sul serio, con piccoli nuclei, utilizzando agili collaboratori sul posto in caso di eventi o calamità, e in sinergia con Rai news 24. Non si farà fatica, con tutte le scuole di giornalismo che sfornano ogni anno qualche centinaio di giornalisti! Vogliamo cominciare da lì nel 2014? O ci dobbiamo attendere presidenti di Regione che si imbavagliano davanti a Viale Mazzini per chiedere la testa del direttore di turno che ha avuto la malaugurata idea di fare il suo mestiere? È probabile, visto che la maggior parte di quelle 25 sedi serve a garantire un microfono aperto ai politici locali. Le Regioni moltiplicano per 21 le attività che possono essere fatte da un unico organismo.
A queste critiche ha risposto Vittorio di Trapani, segretario Usigrai, la cui replica è stata ospitata sulle pagine del Corsera:
L’attacco alle sedi regionali della Rai sferrato da Milena Gabanelli dalle colonne del Corriere della Sera è disinformazione pura: dati errati e una scarsa conoscenza dell’azienda per la quale lavora da anni. Una operazione del genere fatta in una fase cruciale del rinnovo del Contratto di Servizio e del dibattito sul Concessione di Servizio Pubblico del 2016 rischia di dare un grande aiuto ai detrattori della Rai. Prima di fornire alcuni dati, non posso che esprimere sconcerto per l’opinione che Gabanelli ha delle colleghe e colleghi che lavorano nelle redazioni regionali: nella Tgr non abbiamo 700 reggimicrofono o esperti di sagre, ma straordinari professionisti che ogni giorno garantiscono l’informazione di Servizio Pubblico per e dal territorio. Passiamo ai dati. Le sedi regionali non sono 25, ma 21: una per ogni regione, più Trento e Bolzano. Le redazioni invece sono 24, perché si aggiungono quelle di minoranza linguistica: bolzano tedesca, bolzano ladina e trieste slovena. Le redazioni regionali non producono solo 3 tg al giorno, ma 3 telegiornali, 2 giornali radio, gli appuntamenti quotidiani della mattina Buongiorno Regione e Buongiorno Italia, un tg scientifico quotidiano, un settimanale, diverse rubriche quotidiane e settimanali a trasmissione nazionale, cui vanno aggiunti tutti i servizi che ogni giorno vengono prodotti per i tg nazionali. Solo per fare alcuni numeri: da Milano, Torino e Napoli arrivano oltre 12mila pezzi all’anno. In sintesi, la TgR produce 8500 ore tv e 6200 radiofoniche. Sul tg della sera (la cosiddetta terza edizione) ricordiamo che – nonostante l’assenza di un orario fisso – garantisce alla rete sempre un leggero aumento di ascolto. È falso che Firenze e Palermo siano centri di produzione. Come è falso che non producano nulla. A Firenze si produce Bellitalia, rubrica nazionale dedicata ai beni culturali. A Palermo si produce Mediterraneo, rubrica di attualità internazionale realizzata con France 3, in collaborazione con Entv Algeria e trasmessa da 8 emittenti europee e in lingua araba. Che alcuni immobili poi siano sovradimensionati lo abbiamo denunciato noi per primi, proponendo alla Rai una valutazione congiunta, convinti che in alcuni casi si possano trovare soluzioni più adeguate e con il ricavo investire in innovazione tecnologica. Insomma, con un condensato di luoghi comuni, Gabanelli si iscrive di diritto nel partito – a dire il vero molto trasversale – di quanti pensano che il problema della Rai sia come ridimensionarla. E infatti, rivolgendosi al governo e ai partiti attraverso l’autorevole tribuna del Corriere della Sera (grazie a un contratto Rai che non le impone l’esclusiva), Gabanelli si inserisce nella scia qualunquista per chiedere una sforbiciata alla Rai e non invece ciò che realmente serve alla nostra azienda di Servizio Pubblico.
Segue l’indicazione di una serie di provvedimenti, tra i quali “una legge di nomina dei vertici che garantisca autonomia e indipendenza dai partiti e dai governi”, la “riforma del canone” e “una legge sui conflitti di interesse”. La conclusione:
Insomma, stimo fortemente Milena Gabanelli come professionista e leader di una squadra che assicura inchieste che danno lustro alla Rai. Proprio la sua autorevolezza e credibilità, dovrebbe indurla a informarsi con più attenzione prima di esprimere giudizi sul lavoro di centinaia di colleghe e colleghi e proporre soluzioni che rischiano di fare il gioco di chi vuole ridimensionare la Rai e quindi l’informazione di Servizio Pubblico.
Nelle ultime ore è giunta anche la risposta della conduttrice di Report, la quale ha precisato di non aver attaccato i giornalisti che lavorano nelle sedi regionali Rai e ha ricordato quanto successe a metà degli anni ’90:
Scusi, ma le redazioni di Verona e Catania si occupano di minoranza linguistica?. Ci mancherebbe che 700 giornalisti si tirassero le dita! Io non li ho umiliati, poiché non sono sempre i giornalisti che decidono di occuparsi di sagre o assessori, ma magari il loro di direttore, di nomina politica. E la mancata razionalizzazione delle sedi locali (ostacolata dalla politica e a quanto pare anche dai sindacati) è un peso che impedirà alla Rai di essere realmente concorrenziale. Non bisogna difendere solo i diritti acquisiti, bisogna anche capire in quale direzione deve andare l’azienda! i tempi sono cambiati, c’è il web, c’è Rainews24. Nel 1994 mi occupavo di un programma che si chiamava Professione Reporter e spiegava ai giornalisti il più agile ed economico modello di videogiornalismo , l’Usigrai protestò e chiese di chiudere il programma, perché non avrebbe avuto altro scopo che la riduzione dei cameramen. Oggi più o meno tutti i giornalisti sanno usare la videocamera. Se l’allora direttore di Rai2 Minoli, vi avesse ascoltato, Report non sarebbe mai nato, e non produrrebbe ad un costo così competitivo. Per quel che riguarda il resto noi ce ne siamo occupati più volte affrontando l’ira del cda di turno. Non mi risulta che l’abbiano fatto pubblicamente altri colleghi. Le ricordo che non sono una dipendente Rai, ma capisco che secondo la sua ottica non dovrei scrivere per il Corriere. Lo faceva anche Biagi (altro calibro, certo)… ma forse abbiamo idee diverse su cosa sia il valore aggiunto. Buon Anno