7 milioni di euro all’anno alla Rai: ecco quanto costa realizzare il palinsesto per gli italiani all’estero
Si tratta di uno spreco di denaro pubblico o di un investimento legittimo?
Nei prossimi tre anni la Rai incasserà 21 milioni di euro, cioè ottocento euro all’ora, per garantire ogni giorno una programmazione televisiva adatta agli italiani che vivono all’estero. Come fa notare Alberto Crepaldi sul sito del Fatto Quotidiano, infatti, lo scorso 28 dicembre è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri con cui è stata recepita la nuova convezione siglata tra il Dipartimento per l’informazione e l’editoria e la Rai relativa “all’offerta televisiva e multimediale per l’estero”.
In pratica si tratta del rinnovo di un accordo che ha lo scopo di fornire agli italiani emigrati all’estero una programmazione televisiva in lingua italiana, studiata ad hoc dall’azienda radiotelevisiva di Stato.
Per giungere al rinnovo della convezione una commissione permanente di monitoraggio ha formulato alcune indicazioni volte ad un miglioramento dell’offerta radiotelevisiva e multimediale con particolare riferimento alla “valorizzazione di programmi a contenuto culturale ed informativo e con una connotazione a più ampio respiro internazionale, all’introduzione della sottotitolatura dei programmi nelle principali lingue per un maggior coinvolgimento dei cittadini stranieri interessati all’Italia nonché la valorizzazione delle esperienze degli Italiani all’estero”.
Le osservazioni della commissione, quindi, sono state inviate al Ministero degli Affari esteri ed il risultato è un accordo per il quale ogni 12 mesi, per i prossimi 3 anni, la tv di Stato incasserà 7 milioni di euro.
Nel suo post Crepaldi si chiede quale sia il “modello di società e di organizzazione del sistema di informazione” preso in considerazione dai componenti della commissione di monitoraggio e chiosa evidenziando che “c’è in tutta evidenza un problema di lettura su come sia evoluto il fenomeno immigratorio italiano oltre confine negli ultimi quaranta anni e su quali siano i relativi bisogni” In quanto – “garantito da chi all’estero ha vissuto” – tali bisogni “non sono certo quelli di frullarsi il cervello davanti alla tv parlata o cantata in italiano”. Quindi la proposta finale, per il 2016, di porre fine a “questo spreco di denaro“, utilizzando “quelle risorse per stabilizzare i precari-schiavi della Rai o per supportare, come fanno col proprio paese ad esempio Bbc e Zdf, l’immagine dell’Italia agli occhi di turisti e investitori internazionali”.