RaiWatch, il tribunale oscura il sito di Renato Brunetta
Secondo il magistrato di Bologna, il sito utilizzava impropriamente la parola Rai
Con un’ordinanza il tribunale di Bologna ha chiuso il sito Raiwatch.it in quanto utilizzava impropriamente la parola Rai. Il sito di critica politica, facente capo a Renato Brunetta (ma l’intestatario formale è tale Paolo Scacco, collaboratore del capogruppo di Forza Italia alla Camera), è stato oscurato e al momento non è più raggiungibile.
A presentare un ricorso urgente (ex articolo 700 del codice di procedura civile) era stato Viale Mazzini; e il magistrato gli ha dato ragione sostenendo che Rai è un marchio meritevole di protezione totale.
Come si legge sul quotidiano La Repubblica, l’ordinanza non interviene ovviamente sul diritto di Brunetta di fare critica politica e le pulci alle reti tv pubbliche. Ma considera il sito lesivo delle prerogative industriali di Viale Mazzini.
L’ordinanza, oltre ad oscurare il sito e ogni diramazione sui social network, trasferisce alla tv di Stato la proprietà provvisoria del dominio Raiwatch.it. Attraverso Twitter in questi minuti Brunetta sta commentando quanto avvenuto:
Io ho solo pubblicato gli atti della Commissione di Vigilanza Rai. Hanno oscurato quindi @RaiWatch. Io continuerò a fare trasparenza. Il mio obiettivo è Sanremo.Io voglio sapere come sono pagate le star di Sanremo. La mia colpa è voler fare trasparenza.
@renatobrunetta: "Il mio obiettivo è @SanremoRai. Voglio sapere come sono pagate le star di Sanremo. La mia colpa è voler fare #trasparenza"
— RaiWatch (@RaiWatch) 15 Gennaio 2014
RaiWatch era stato lanciato a settembre scorso con lo slogan “gli abbonati sono ‘in prima fila’ e con diritto di parola” Prima e dopo questa nuova avventura online, Brunetta, che fa parte della Commissione di Vigilanza Rai, ha intrapreso molte iniziative in merito agli stipendi dei giornalisti e delle star della tv italiana, mettendosi di traverso anche rispetto al passaggio su Rai1 di Crozza, poi effettivamente naufragato.
Resta la domanda, in conclusione: l’oscuramento di un sito di critica politica è giustificabile per i motivi giuridici-formali fin qui esposti o è sempre da condannare e da interpretare come tentativo di censura?