Lost, Carlton Cuse e Damon Lindelof parlano ancora del finale
Gli autori e parte del cast era presente al PaleyFest per parlare della serie tv cult
Al PaleyFest Carlton Cuse e Damon Lindelof hanno parlato di Lost, dei misteri non spiegati e di cosa avevano in mente quando hanno scritto il finale della serie tv
Si parla ancora di “Lost”, a dieci anni dal debutto della serie tv cult, avvenuto nel 2004, ed a tre anni dal finale dello show, che creò molte perplessità tra il pubblico. Al PaleyFest si è parlato dei misteri della serie, con i co-creatori dello show, Carlton Cuse e Damon Lindelof, alla presenza di Josh Holloway (Sawyer), Yunjin Kim (Sun), Jorge Garcia (Hurley), Ian Somerhalder (Boone), Maggie Grace (Shannon), Malcolm David Kelley (Walt) e Ian Cusick (Desmond).
I due autori sono dovuti tornare sul finale di serie: nonostante avessero detto più volte che i protagonisti hanno vissuto realmente l’esperienza sull’Isola, hanno specificato ancora una volta (sebbene Lindelof avesse dichiarato di non voler più parlare del finale) che i protagonisti non erano morti dopo l’incidente aereo. “No, no, no. Non erano morti”, ha chiarito Cuse, che ha spiegato anche perchè, dopo l’ultima puntata, prima della pubblicità fu mandato in onda un breve filmato della spiaggia con i resti dell’aereo ed i titoli di coda, idea che fece pensare a qualcuno che fosse un modo per spiegare che i protagonisti non erano sopravvissuti:
“Alla fine del finale di serie, un produttore della Abc pensò che sarebbe stato bello avere un cuscinetto tra la fine della puntata e la pubblicità. Non avevamo del materiale extra da inserire, ma avevamo del materiale dell’incidente aereo sulla spiaggia. Abbiamo pensato ‘mettiamo quete immagini alla fine della serie. E quando la gente ha visto quelle immagini, il problema si è ingigantito”.
Spiegato questo “mistero”, si è parlato del senso della serie: se in molti volevano sapere cosa nascondesse l’Isola, Cuse e Lindelof hanno pensato che “Lost” dovesse raccontare una storia che andasse al di là delle varie domande poste durante le sei stagioni:
“All’inizio dello show abbiamo pensato che lo show fosse davvero su un gruppo di persomne su un’isola e, metaforicamente, fosse su alcune persone che si sentivano sperdute e che cercavano uno scopo nella loro vita. E pensavamo che finale dovesse essere spirituale e parlasse di destino. Abbiamo avuto lunghe conversazioni sulla natura dello show, per molti anni, ed abbiamo deciso che volesse significare qualcosa per noi, per i personaggi, e su come ci si sostiene nelle nostre vite”.
Lindelof, inoltre, ha aggiunto che l’idea del finale doveva andare oltre la risoluzione dei misteri, per raccontare una storia più ampia:
“Una delle conversazioni che ci sono state con il pubblico ed una delle prime percezioni sulla serie era che l’Isola fosse il Purgatorio ed abbiamo sempre detto ‘Non è il Purgatorio, è reale, non stiamo girando Il sesto senso’. Ed abbiamo pensato che lo show dovesse avere una sorta di meta. Quindi gli autori hanno detto ‘Ovviamente, ci sono tutti questi misteri. Ma se dessimo spazio ad un mistero di cui non si è parlato, ovvero il significato della vita”.
Un’ambizione che, come sappiamo, ha suscitato qualche polemica nell’ultima stagione, dove i flashback sono stati sostituiti dalla realtà alternativa. “Avevamo finito i flashblack. Quindi abbiamo pensato ‘E se usassimo un cavallo di Troia in una storyline paradossale? “, ha spiegato Lindelof.
Il pubblico, insomma, dovrà restare ancora con qualche mistero irrisolto. Anche se ce n’è uno che Cuse e Lindelof avrebbero voluto svelare, quello delle persone che, nel quarto episodio della quinta stagione, dal titolo “Il piccolo principe”, sparano da una canoa ad alcuni dei protagonisti. Non è mai stato detto chi fossero queste persone, ma i due autori, ha ammesso Lindelof, avevano un’idea:
“Era una risposta bella ma quello che sarebbe stato meglio era non rispondere… Probabilmente metteremo all’asta quella sceneggiatura per una grante causa benefica tra qualche anno”.
Infine, Cuse ha sottolineato quanto sia difficile poter rispondere a tutte le domande della serie e che, invece, sia meglio che “Lost” sia terminato così:
“Sentiamo che Lost sia come la teoria del Big bang, ogni domanda porterebbe ad un’altra domanda. Ma ciò che ci importava di più era il viaggio di ogni personaggio”.
I fan che sono rimasti con alcune questioni non spiegate e molti misteri in sospeso, però, potrebbero non essere d’accordo: ma anche questo fa parte del successo di “Lost”.
[Via E!Online]
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