E poi c’è Cattelan, che è pronto per (tornare a) Quelli che il calcio. Sky cura la forma, ma la sostanza?
La recensione della prima puntata di E poi c’è Cattelan, con ospiti Zanetti, Ambra ed Edoardo Leo
E poi c’è Cattelan. E quindi? Rischioso, condurre un programma self-centred di questi tempi, in cui persino i Big si spartiscono l’Eredità ed è il format a fare la differenza. Eppure Cattelan ha Sky nelle sue mani, scorrazza nei suoi studi, è diventato un supervolto di rete e vuole ostentarlo.
Così riesce a fare irruzione nei titoli di coda di Junior Masterchef con una foga che neanche Tiziana Perla. E poi eleva il suo debutto con un crossover per palati fini, quello con In Treatment versione Castellitto e dunque targato Sky.
L’inizio di E poi c’è Cattelan, con quella fotografia patinata ultra-orgasmica, fa davvero pensare alla rivoluzione, al trionfo della forma che prepara a un impiattamento di sostanza. Poi Cattelan arriva in studio ballando e ti aspetti che ti performi l’imperformabile. Poi, ancora, occupa il centro dello studio(lo), con le luci basse da night, e confidi che ti sorprenda in qualche modo. E poi… puf. Calo del desiderio. Grandi speranze dissolte.
Ansia da prestazione? Lui stesso ha giocato con la finta umiltà con un lungo silenzio iniziale, un non-monologo che aveva il sapore della scappatoia più che della genialità. Un modo per ovviare alla prova del nove: quella di dimostrare di essere un mattatore.
Ai tempi SkyUno è nata con Fiorello Show, ma neanche lui è riuscito a fare fino in fondo Letterman e un bel giorno si è stancato della nicchia tornando a fare il supervarietà in Rai. Però Fiorello cantava e performava davvero.
Lo show di Cattelan, invece, di spettacolare ha solo gli Street Clerks (con un sound davvero insolito per la tv italiana) e le sedie a rotelle per smuovere gli ospiti.
Tutto il resto è Domenica in Hd che incontra Quelli che il calcio. C’è Javier Zanetti, ormai un ospite-tassa per tutti quelli che vogliono fare televisione nel pallone, nonostante sia di una noia pazzesca ogni volta. Ci sono Ambra e Leo per la solita cine-marchetta, che ricorre in tutta l’intervista senza un guizzo che li veda mettersi in gioco (hanno giocato a Taboo!). Belen ha dato buca e se n’è sentita la mancanza.
La promozione è il male della tv, d’accordo, ma Cattelan fa la solita intervista classica (e interminabile) senza allontanarsi dalla scaletta, con la stessa conduzione da pilota automatico di X Factor (e la stessa enfasi urlatrice, qui di troppo). Tutto il resto è il Rap futuristico di Renzi, un’ironia telefonata da Youtube.
Confidiamo che il debutto abbia congelato le belle promesse dell’ex vj, a cui per ora riconosciamo solo di sfoggiare uno stile british come pochi. La prossima volta, magari, meno faccette col poster Sky sullo sfondo e più verve. Grazie.