Furore, il regista Inturri: “Le polemiche ci fanno pubblicità? Non credo, ma se serve a fare più ascolti ben venga” (VIDEO)
Il regista della fiction interpretata da Testi e Morra e incentrata sulla difficile integrazione dei meridionali al Nord negli Anni Cinquanta spiega a TvBlog: “Qui tutti i personaggi sono mossi da una passione intima, non dagli avvenimenti”
TvBlog, a margine della conferenza stampa di presentazione di Furore – Il vento della speranza, in onda su Canale 5 mercoledì 14 maggio in prima serata, ha rivolto alcune domande al regista Alessio Inturri, che ha firmato anche altri lavori prodotti dalla Ares Film, l’ultimo dei quali Rodolfo Valentino con Gabriel Garko.
Furore chiuderà questa stagione della fiction di Canale 5. È un vantaggio o uno svantaggio?
Ancora non l’ho capito. Fatico a decifrare gli spostamenti del pubblico italiano, non so se accende la tv o esce in quel periodo preciso dell’anno. Lo sapremo ahimé soltanto dopo. Magari a poterlo sapere prima…
Le polemiche sulla presunta promozione del razzismo da parte di Furore, a prescindere dalla fondatezza o meno di tale accusa, possono essere considerate pubblicità gratuita alla fiction, un po’ come la polemica sul taglio del nudo integrale di Garko in Rodolfo Valentino (e forse anche quella gossippara sulla scazzottata tra Morri e Testi)?
Essendo il regista di entrambi i lavori ti dovrei dire di no. Per Rodolfo Valentino intimamente ho pensato che la polemica potesse aiutarci, ma in realtà ne sono poco convinto. Anche perché per Valentino non ha avuto un grande riscontro in questo senso. Le polemiche su Furore sono emerse già dopo il primo trailer, leggevo sui blog che i liguri si sentivano accusati di razzismo; ma non è assolutamente così perché ho soltanto raccontato un pezzetto di storia d’Italia nel periodo in cui il Nord viveva una rinascita industriale e molte famiglie rurali del Sud andavano su a lavorare; c’era uno scontro di persone e di razze. L’abbiamo ambientato in un piccolo centro della Liguria, ma se lo avessimo fatto in Val D’Aosta probabilmente ci sarebbe la stessa polemica.
Insomma, meglio che ci sia stata la polemica o sarebbe stato meglio evitarla?
Non lo so, non l’ho capito. Se questo servisse ad avere cinque punti in più di share, avrei chiamato io per far guardare il trailer. Se questo servisse, ti direi ben venga. Ma non è avvenuto. Non credo ci sia un riscontro così immediato, come dimostra il recente passato.
Ti riferisci a Rodolfo Valentino, che non ha brillato…
Non mi sembra che… In tutto questo io preferirei che si parlasse sempre del prodotto. Del resto mi piacerebbe parlare dopo, ma dopo non interessa più a nessuno.
Vedendo la prima puntata si nota come i personaggi siano molto caratterizzati e divisi tra buoni e cattivi, senza sfumature, tranne forse per il caso della prostituta-maestra interpretata da Cosima Coppola.
All’inizio, effettivamente, sembra così. Alla fine però ci si chiederà dove sta veramente il Bene e dove il Male. Qui tutti i personaggi sono mossi da una passione intima, non dagli avvenimenti. Ogni personaggio, mosso da dentro, è verificabile con la realtà. Tutti possono immedesimarsi, anche se il personaggio è cattivo. Il cattivone, cioè il commendatore senza scrupoli Rino Schivo, interpretato da Stefano Dionisi, è mosso anche lui da una intimissima passione. Sei lì che lo segui e ti chiedi dove sta veramente il male.
Furore è un melodramma?
Il melodramma in senso lato vuol dire trattare gli archetipi della tragedia greca, cioè l’amore, la morte, il sesso, la vendetta. Questi sono i temi poi ripresi dalla letteratura inglese e poi dal cinema americano e italiano degli anni Cinquanta. Quindi sì, Furore è un melodramma nel senso assoluto del termine: rispecchia nella sua storia questi temi ma, a differenza di altri in cui le storie hanno bisogno di andare avanti, qui i personaggi vanno avanti. Insomma sono i personaggi a muovere le storie.
Hai notato negli ultimi tempi un calo di attenzione da parte del pubblico nei confronti di questo tipo di fiction?
In generale ho notato un calo di interesse nei confronti della tv generalista. Questo è un problema che noi del settore riscontriamo. Con altre cose 6 anni fa potevamo fare il 26% di share, oggi Mediaset se vede il 20% la considera una grande vittoria, mentre allora era una piccola sconfitta.