Home Sciopero Rai, per Renzi è “umiliante”: Giletti si oppone e l’Usigrai accelera sulla riforma

Sciopero Rai, per Renzi è “umiliante”: Giletti si oppone e l’Usigrai accelera sulla riforma

In attesa del via libera dall’Autorità Garante per gli Scioperi nei Servizi Pubblici essenziali, cresce il dibattito sull’agitazione proclamata da Viale Mazzini.

pubblicato 2 Giugno 2014 aggiornato 3 Settembre 2020 03:51

Il Premier Matteo Renzi entra a gamba tesa nella decisione del ‘Partito Rai‘ di scioperare per il contributo di 150 mln di euro chiesti all’Azienda per la ‘spending review’.

«Si tratta di uno sciopero umiliante quando nel Paese reale tutte le famiglie tirano la cinghia. Facciano lo sciopero e poi confrontiamo i numeri e quanto costano le sedi regionali»

ha detto Renzi intervenendo al Festival dell’Economia di Trento, ribadendo così la posizione del Governo. Nessuna marcia indietro, tutti devono fare la propria parte.

Intanto tra i dipendenti e i giornalisti di Viale Mazzini inizia a spuntare qualche distinguo: c’è chi pensa che lo sciopero sia eccessivo, che sia tempo di sfrondare degli eccessi (e Il Tempo fa i conti in tasca al ‘colosso Rai’), chi dichiara che non aderirà spiegando le sue ragioni. E’ il caso di Massimo Giletti che sempre a Il Tempo spiega che il principio stesso dello sciopero non gli appartiene:

«Mai fatto sciopero in vita mia. Appartenendo a una famiglia di industriali, ho sempre cercato, per formazione, di confrontarmi e non fare barricate»

il che però non vuol dire non partecipare alle assemblee.

 

«Sono andato di recente all’assemblea dell’Usigrai e ho ribadito che difendere a oltranza posizioni indifendibili è un errore grave. Possiamo difendere una sede come Sassari, di 900 metri quadri con 7 dipendenti? Possiamo non pensare che si possa rivedere qualcosa nell’organizzazione e nelle strutture delle sedi regionali? Dico questo pur sapendo che le sedi regionali fanno un importante lavoro, ma chiudere gli occhi davanti a determinate realtà dove esistono ad esempio più sedi in alcune regioni, o centri di produzione che lavorano al 50% delle loro possibilità, va in una direzione di non voler accettare una sfida che Renzi ci spinge a fare».

Giletti vede dunque quella di Renzi come una sfida da cogliere e in questa direzione inizia a muoversi anche Usigrai. Alla stretta di Renzi si risponde alzando la posta:

«Finalmente siamo al cuore del tema: finalmente si parla di riforma della Rai servizio pubblico. Se è questa la partita che Renzi vuole fare noi ci stiamo. Del resto lo chiediamo da anni. Ma ora Renzi agisca subito: fissi le tappe, con tempi certi e serrati»

Insomma, Usigrai sfida Renzi sul suo stesso terreno, proponendo un cronoprogramma:

«Noi diciamo che si può fare in 60 giorni in 5 mosse: rinnovo della concessione nel 2014 (del resto Giacomelli ha già rassicurato in questo senso), rottamazione dei partiti e dei governi dal controllo della Rai, lotta all’evasione, canone sociale e
riorganizzazione aziendale».

Ma è proprio sul punto della riorganizzazione aziendale che si gioca la partita a Viale Mazzini: se il Governo ha ‘sbloccato’ RayWay e ha indicato nelle sedi regionali possibili aree di recupero, tocca però all’Azienda elaborare un piano industriale adeguato al nuovo scenario, individuare le aree di intervento e ristrutturare i conti. Usigrai ribadisce la sua ricetta, ma in questo senso il destinatario non può essere Renzi, quanto Gubitosi e la dirigenza.

«Non vediamo l’ora di fare una bella operazione verità sui conti, per colpire i veri sprechi: appalti, consulenze esterne, produzioni esterne, contratti di collaborazione inutili e superpagati, e che fanno comodo a qualcuno e vanno contro gli interessi di tutti, mentre in azienda si consentono marginalizzazioni e sottoutilizzazioni»

scrive l’Usigrai. La battaglia non è nuova, ma sembra che dopo il ventennio Berlusconi sia arrivato il momento della ‘resa dei conti’.

 

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