Piazzapulita, il Garante per l’infanzia difende Formigli e il baby opinionista
“Il giovane Colarossi ha la passione per la politica. E’ una colpa? Nel Paese dove il verbo “rottamare” è diventato uno slogan, perché non si accetta che un adolescente dica la sua sulle scelte politiche?”
Lo aveva annunciato in chiusura del suo intervento lunedì scorso, poco prima dell’ora x, la mezzanotte. Marco Colarossi, lo studente 14enne che a modo suo criticò il sindaco di Firenze Dario Nardella a Piazzapulita, domani incontrerà l’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza. Il tutto dopo le polemiche che alcuni commentatori tv, siti e quotidiani avevano sollevato per la presenza di un baby opinionista in un talk show di prime time.
Corrado Formigli si è difeso in diretta lunedì scorso, mentre nelle scorse ore Vincenzo Spadafora, il Garante per l’infanzia e l’adolescenza (del quale su TvBlog avevamo scritto per la sua polemica nei confronti di Mara Venier), ha diffuso una nota dicendosi – in sintesi – per nulla contrario all’ospitata di Colarossi (che intanto su Twitter è stato insultato pure da Gasparri, vice presidente del Senato). Anzi. Ve la proponiamo integralmente di seguito.
Caro Aldo Grasso (che ha scritto “molti pensano che la tv faccia male ai bambini; è vero il contrario. Sono i bambini che fanno male alla tv. Ne abbiamo avuto l’ennesima prova a Piazzapulita di Corrado Formigli”, Ndr) e cari commentatori tv,
mi ritrovo a scrivervi perché l’apparizione in tv di un quattordicenne che non cantasse, né cucinasse da baby chef o raccontasse la sua storia (triste), ha generato tante e tali esternazioni di opinionisti, politici, editorialisti da lasciare basiti. Quotidiani, tweet, siti, in un florilegio di polemiche e bacchettonismo. E dire che l’unica “colpa” di Marco Colarossi, lo studente che a “Piazzapulita” è comparso in veste di ospite per due settimane consecutive, è quella di aver espresso la propria opinione, articolata e ficcante, prima all’indirizzo di Dario Nardella, sindaco di Firenze, e poi più in generale sul governo.
Il giovane Colarossi, simpatizzante dei Cinquestelle, ha infatti la passione per la politica. E’ una colpa? Nel Paese dove il verbo “rottamare” è diventato uno slogan, perché non si accetta che un adolescente dica la sua sulle scelte politiche? Noi adulti non facciamo che lamentarci delle nuove generazioni, accusandole di apatia, scarso interesse per la realtà, egoismo e narcisismo (e se fosse vero, i responsabili saremmo comunque noi, ricordiamolo). Descriviamo i nostri figli e nipoti sempre peggio di quello che sono. E in quanto alla tv, è innegabile che lo spazio riservato agli under 18 è direttamente proporzionale alla morbosità del caso di cronaca (Yara, le “parioline”, etc.) o all’effetto Auditel.
Siamo sinceri: il mondo dei giovani non ha quasi mai diritto di cittadinanza nel piccolo schermo. Marco Colarossi è molto informato, segue la politica perché sa che la politica è anche il sistema di regole del vivere civile e lui vuole capirle, magari cambiarle quando fra quattro anni, maggiorenne, sarà chiamato a votare. Mi preoccupano di più i molti ragazzi chiusi nella propria solitudine o fuggiti in mondi virtuali rispetto a un quattordicenne che ha a cuore il futuro, suo e dell’Italia. Perché è chiaro che la passione di Marco per la politica sottintende una concezione “alta” della politica stessa come strumento per il bene pubblico, non baratto di favori, lobby e accolita di mercanti nel tempio. Difendo Marco non in quanto Marco, si potrebbe chiamare Andrea, Sara, Matteo o Maria, essere simpatizzante di Forza Italia o del Pd. Difendo il diritto di un ragazzo ad essere considerato “persona” e come tale ascoltato e rispettato.
Venerdì incontrerò Marco, e ne sono felice: è stato lui stesso a chiederlo in trasmissione ritenendo di essere oggetto di critiche, solo in quanto ragazzo. Il diritto di parola, di opinione, di credo religioso, di identità e di scelte individuali è sancito dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che quest’anno compie 25 anni. La stiamo applicando troppo poco nella quotidianità. Quasi niente in tv.
Se invece ascoltassimo cosa hanno da dire e cosa pensano i nostri ragazzi, forse colmeremmo il solco che ci separa da loro. E se imparassimo a riconoscere loro i diritti di opinione, di parole e di scelta, saremmo sicuramente un Paese migliore.