Home Notizie Servizio Pubblico, Marco Travaglio: “Sono andato via per evitare rissa. In talk show cosa rimane del giornalismo?”

Servizio Pubblico, Marco Travaglio: “Sono andato via per evitare rissa. In talk show cosa rimane del giornalismo?”

Travaglio non scioglie i dubbi sul suo ritorno a Servizio Pubblico. Intanto chiede: “Cosa rimane, del giornalismo come lo conosciamo tutti, nei talk show?”

pubblicato 19 Ottobre 2014 aggiornato 2 Settembre 2020 23:06

Marco Travaglio per il secondo giorno di seguito dedica il suo editoriale in prima pagina del Fatto quotidiano (“molto show, poco talk” il titolo) a quanto avvenuto giovedì sera a Servizio Pubblico. Il giornalista torinese parte chiedendosi se “davvero parlare di queste porcate chiamandole col loro nome e chiedendone conto a chi le ha fatte è violazione del bon ton e rifiuto del contraddittorio?”. Poi, ricordando il precedente del Satyricon di Luttazzi, nega di aver rivolto offese a Burlando, come invece sostenuto da Michele Santoro (ed in effetti c’è un “matto” riferito al governatore della Liguria) in diretta, e spiega perché ha abbandonato lo studio del talk show di La7:

Attendo che qualcuno mi dica un solo fatto non vero tra quelli che ho ricordato giovedì. Ma temo che anche stavolta, come sempre dal Satyricon di Luttazzi nel 2001, la domanda resterà inevasa. Molto più facile dipingere i fatti come “insulti” e le critiche come “rissa”, anche se me ne sono andato proprio per evitare di trascendere davvero negl’insulti e nella rissa.

Ribadito che “restare calmi e zitti in quella bolgia di bugie e ipocrisie è un’impresa che può riuscire ai figuranti da talk show, marionette senza sangue che s’incazzano e si placano a comando, poi vanno a farsi due spaghi insieme”, mentre “io, quando sento certe balle e vedo certe facce, mi indigno per davvero, specie se ci sono morti che chiedono giustizia”, Travaglio va nel merito della questione, non sciogliendo però i dubbi sul suo ritorno a Servizio Pubblico. Però smentisce incomprensioni con Santoro per motivi ‘televisivi’.

Chi insinua dissensi politici fra il conduttore renziano e il collaboratore grillino, risentimenti per l’ora tarda, nervosismi da share, gelosie da primedonne, mente per la gola. Qui la questione è un po’ più seria. Esiste ancora nel talk show uno spazio indipendente per il talk inteso come racconto di fatti veri al riparo dallo show, cioè del pollaio gabellato per “contraddittorio” e “ascolto” dove chi ha torto e mente passa dalla parte della ragione e della verità solo perché se ne sta comodo a cuccia, certo dell’impunità politica che gli consente di sgovernare da 30 anni, in una notte dove tutte le vacche sono nere? Prima di domandarsi se il collaboratore fa la pace col conduttore e torna a bordo, andrebbe sciolto un rebus: cosa rimane, del giornalismo come lo conosciamo tutti, nei talk show?

Insomma, il condirettore de Il fatto quotidiano pare rivolgere la domanda allo stesso Santoro che venerdì di fatto s’era detto disponibile a riaccogliere in studio il collega.

In chiusura Travaglio replica alle critiche di Merlo de La Repubblica sostenendo, in maniera piuttosto presuntuosa, che “in 8 anni ho risposto a migliaia di domande e affrontato centinaia di contraddittorii, senza che nessuno riuscisse a smentire una sola mia parola”.

Ora si attende la replica di Santoro, al quale Travaglio sembra voglia chiedere garanzie di ‘giornalismo’.