La strada dritta, l’Autostrada del Sole raccontata con troppi dettagli tecnici si dimentica dell’empatia
La strada dritta, il film-tv di Raiuno, usa troppi termini specifici per una storia tratta dalla realtà ma che avrebbe potuto anche inserire elementi diversi per creare maggiore fidelizzazione col pubblico televisivo
Il rischio di cadere in un’eccessiva rappresentazione realistica e, quindi, poco adatta ad un prodotto d’intrattenimento sulla realizzazione dell’Autostrada del Sole c’era: La strada dritta, il film-tv di Raiuno, cade però in altri errori, che rendono la fiction stanca fin dalle prime scene.
Raccontare il lavoro degli italiani che hanno realizzato l’A1 avrebbe dovuto avere maggiore empatia sia con chi ha vissuto gli anni della costruzione dell’autostrada, da protagonista e da comune cittadino, sia con chi conosce il tratto stradale ma non quanta fatica sia servita per realizzarlo. Invece, nella prima parte del film-tv, si cade da subito in una spiegazione eccessivamente didascalica di come si sia giunti all’accordo che ha portato dirigenti, ingegneri ed architetti a voler affrontare un’impresa che ha fatto parte della storia della ripresa dell’Italia negli anni Cinquanta.
Troppe parole, troppi tecnicismi che, per quanto realistici ed attinenti alle difficoltà effettive incontrate da chi ha lavorato all’autostrada allontanano il telespettatore da ciò che vuole, ovvero un racconto che riesca a trasmettere la volontà di quei personaggi ma anche i loro timori in un contesto storico tanto vicino quanto degno di essere raccontato con dovizia di particolari.
Gli spiegoni che sono fatti in alcune scene attenuano il pathos di una produzione che non riesce a far sentire il pubblico parte di uno sforzo comune, ma erge un muro di dettagli tecnici e dialoghi fin troppo precisi, anche nel raccontare la vita privata dei protagonisti, che non c’entrano l’obiettivo.
Per quano riguarda, appunto, i personaggi, avrebbero dovuto rappresentare un’Italia in ripresa, con tanta volontà di dimostrare al mondo intero di farcela e di voler vincere su pregiudizi e su debiti che fanno pensare non sia possibile un’impresa di questo tipo. Questo pessimismo, però, si riversa su tutti i personaggi, rendendoli più rassegnanti che eroi, nonostante le parole di incoraggiamento del protagonista Fedele Cova (Ennio Fantastichini). Una condizione che si addice a Giovanni (Giorgio Marchesi), reduce dalla guerra, ma non a tutti i protagonisti.
La strada dritta, dunque, nel cercare di essere specifica e precisa si dimentica dell’empatia necessaria a far fidelizzare il pubblico verso personaggi che devono raccontare una storia di sforzo e volontà utile per l’Italia di oggi.