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Tv locali a rischio, dal 2015 scatta il blocco dei trasmettitori

L’Agcom ha stabilito lo stop di alcune tv locali le cui frequenze interferiscono con Slovenia e Croazia

pubblicato 13 Novembre 2014 aggiornato 2 Settembre 2020 22:05

Più di cento emittenti locali rischiano di scomparire dagli schermi italiani nelle prossime settimane. E precisamente dall’inizio del 2015. È la conseguenza dello stop alle trasmissioni imposto dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nella delibera datata 23 settembre.

L’Italia, infatti, è tenuta a eliminare le interferenze televisive che crea negli Stati confinanti, altrimenti verrà aperta una procedura d’infrazione da parte dell’Unione europea.

Nel dettaglio sono 76 i canali inseriti nella lista nera dall’Agcom (ma ogni frequenza può ospitare fino a cinque marchi che appaiono sullo schermo di casa, quindi le tv su cui potrebbe calare il sipario superano quota cento): dodici in Puglia (che significa che in bilico ci sono 40 delle 58 tv locali che oggi trasmettono) e Marche, dieci in Molise e Abruzzo, nove in Friuli, otto in Veneto, cinque in Emilia, quattro in Sicilia, due in Liguria e Toscana, uno in Lombardia e Piemonte. Tra di queste ci sono Telechiara, Canale 10, Toscana Tv, Canale 7, TeleDehon, Delta Tv, Studio 100 e Tele Blu.

L’Agcom ha stabilito che le frequenze possano essere lasciate volontariamente entro il 31 dicembre 2014. Se questo non avverrà, scatterà, senza preavviso, il blocco dei trasmettitori. Per la riconsegna il governo Monti stanziò, a mo’ di indennizzo, venti milioni di euro (ma l’attuale sottosegretario con la delega alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, ha annunciato che ci sarà un ritocco al rialzo).

Le frequenze in questione sono quelle che nel 2012 l’Italia ha assegnato regolarmente alle tv locali e che però secondo l’Ue diffondono segnali tv in grado di sovrapporsi a quelli delle emittenti oltre confine (dalla Slovenia alla Croazia, ma anche Francia, Malta, Svizzera e San Marino) oscurando i loro programmi.

Le tv locali per il momento protestano e si alleano (l’altra sera diretta a reti unificate su Amica9TV, Canale 7, Studio 100, Telesveva e Tele Blu – video in apertura di post). Per rimanere in vita potrebbero affittare spazi da altre tv, ma questo rischia di mettere in pericolo la diffusione dei programmi. Pertanto più televisioni hanno annunciato l’intenzione di ricorrere al Tar.

Ricordiamo che per legge alle tv locali spetta un terzo delle frequenze disponibili. Cifre alla mano, un quinto delle locali corre il pericolo di non andare più in onda, visto che le emittenti del territorio sono 550.