#SelvaggiaNonMentire: non chiamateli bimbiminkia o haters
Le ragioni della “protesta” sono molto semplici: si chiede di non fingere che un prodotto pensato a tavolino sia, invece, un fenomeno spontaneo “dal basso”.
L’hashtag #SelvaggiaNonMentire è di nuovo al primo posto nei trend di Twitter. Tutta la storia l’abbiamo raccontata qui. In breve: Francesco Sole (al secolo Gabriele Dotti), un progetto di marketing creato a tavolino e portato da una manciata di video su Youtube alla televisione, “scrive” un libro. Sui social network, Francesco Facchinetti (che è uno degli artefici del progetto-Sole con la sua Newco Management) e Selvaggia Lucarelli (che a sua volta fa parte dell’agenzia Newco Management), fanno il panegirico del libro. E parlano (di nuovo) di questo ragazzo, Francesco Sole, scoperto per caso, venuto dal nulla. È questo che fa montare la protesta da parte di alcuni Youtubers (inizia Dellimellow, poi si aggregano, come scrive Tommaso su Newsdayoutube, Claudio di Biagio, Boban Pesov, Il tizio qualunque, l’Ortolano, VKlabe, Ras della fossa, Dario Mocciae altri).
Selvaggia ringrazia i “bimbiminkia” perché l’hashtag diventa TT e di fatto fa pubblicità al tutto. Poi sul suo Facebook attacca quelli che la insultano (e ci mancherebbe altro, perché insultare?), li chiama “haters” di Francesco Sole.
Però continua a non spiegare le cose come stanno (e nei commenti sul suo Facebook non c’è nessuno che lo faccia. Strano. Spariscono? O lì si radunano soltanto gli haters?).
Eppure, qui non si tratta di essere haters o bimbiminkia.
Qui si tratta semplicemente di dire le cose come stanno. C’era un progetto per creare il personaggio Francesco Sole? Bene. E allora perché non dirlo? Perché non palesarlo? Perché fingere che sia tutto spontaneo e “per caso”? Su TvBlog raccontavamo già a ottobre il meccanismo che aveva portato “alla ribalta” Francesco Sole. Fingere che questo meccanismo non esista non è nemmeno marketing. Lo fa notare, saggiamente, anche Giorgio Tave.
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Non è questione di haters o bimbiminkia. È chiaro che ci sia anche quella componente, sul web. Ma basta bollare in questo modo chiunque abbia una critica costruttiva in cantiere. È un po’ come il vecchio “rosichi” o “sei invidioso”: è retorica stantia.
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Non c’è nulla di male nel fatto che persone che lavorano insieme o che fanno parte della medesima agenzia o gruppo si sostengano a vicenda. Non c’è nulla di male nemmeno nel promuovere un progetto o un prodotto.
Quel che proprio non si può pretendere che piaccia, però, è applicare le logiche delle agenzie televisive al web e fingere che un prodotto pensato a tavolino sia invece un fenomeno spontaneo dal basso.
Bisognerebbe sapere che nelle comunità attive sul web queste operazioni sono poco gradite. Dopodiché, sappiamo tutti che il fenomeno di “protesta” rimarrà circoscritto e che il successo del prodotto-Francesco-Sole dipenderà molto di più dalla televisione e dalla collocazione del suo “libro” edito Mondadori nelle librerie e da quanto saranno bravi i suoi promotori a promuoverlo. Diciamo che in questo caso hanno fatto quello che sul web si chiama fail. Solo che è un fail che, nella caciara generale, si può facilmente far passare come campagna di haters e bimbiminkia se si è molto furbi.
Ma non ce ne sarebbe nemmeno bisogno. Il mondo di chi chiede un po’ di etica in più (sul web o fuori) è circoscritto, ristretto: è una nicchia ininfluente. A maggior ragione, non si capisce perché insistere sulla spontaneità e la naturalezza invece di ammettere, semplicemente, «abbiamo conosciuto Gabriele fuori dal web e abbiamo pensato: ha talento, aiutiamolo a diventare famoso», «sì, è un progetto mediatico che sta funzionando», «no, non c’è nulla di casuale», «sì, siamo parte dello stesso gruppo, lavoriamo insieme, abbiamo interesse che le cose ci vadano bene», cose così.
Sole (alias Dotti) non era Youtuber prima. È stato creato e fatto diventare “famoso”. Perché falsificare il fatto? Perché è necessario per la narrazione? Be’, è una narrazione che sul web non può funzionare: si viene scoperti, prima o poi. Basta metterlo in conto e ammetterlo.