Antonio Caprarica contro Aldo Grasso: “Lui un critico? Ma lo leggono in dodici”
Le dichiarazioni a La Zanzara su Radio 24.
Pochi giorni fa c’è stato il primo clamoroso colpo di scena ad Agon Channel, la neonata rete televisiva italoalbanese: l’ex storico corrispondente Rai da Londra Antonio Caprarica si è dimesso dal ruolo di direttore news.
Non sono mancate le polemiche per il precoce addio al progetto che è sbarcato in tv, con la programmazione, solo il 1 dicembre. Alle spiegazioni di Caprarica si sono susseguite le repliche dell’editore Massimo Becchetti e quella della redazione giornalistica di Agon Channel.
Ad alimentare le polemiche ci si è messo anche il critico televisivo Aldo Grasso che sulla vicenda nella sua rubrica #Televisioni sul Corriere.it, tra le altre cose, aveva detto:
Avete presente chi è Caprarica? Quell’ex corrispondente della Rai da Londra soprattutto, da Parigi. Insomma era quel personaggio un po’ snobbone che esibiva quelle cravatte, cravattone ecc… che parlava soprattutto dei Reali? Dopo l’addio di Alessio Vinci, è stato ingaggiato come direttore delle news. E’ andato a Tirana e si è accorto che il metodo di lavoro del giornalismo moderno è un po’ diverso da quello dei corrispondenti Rai?
Però è molto bello che uno snobbone come Antonio Caprarica, abbia finalmente conosciuto come si lavora nella realtà.
Caprarica, dal canto suo, ha voluto replicare alle dichiarazioni di Grasso e l’ha fatto qualche giorno fa a La Zanzara, il programma radiofonico di Cruciani e Parenzo su Radio 24.
Aldo Grasso? Mi critica qualunque cosa io faccia. Se vado in Albania sono una stella cadente che cerca una nuova carriera, se me ne vado dall’Albania sono uno snobbone. Che cosa posso fare? Forse andarmene all’altro mondo, oppure ci può andare lui. Il mondo è piccolo per tutti e due, e io non ho nessuna voglia di andarmene. Se lui vuole accomodarsi..
Ma non si ferma qui il suo sfogo contro la penna critica del Corriere:
Lui un critico? Ma lo leggono in dodici, per fare una citazione manzoniana. Se continua a dirmi che a Londra ho fatto lo snobbone e mi sono concesso chissà quali lussi, questa è la volta che lo querelo. Ce l’avessi io la rendita di posizione di cui gode Grasso. Ha una colonna quotidiana per sparare a zero contro tutti i suoi nemici e salvare regolarmente tutti i suoi amici. Questa in alcune zone d’Italia viene definita mentalità di un certo genere.
Nella sua “invettiva” oltre a replicare agli “attacchi” di Grasso ripete anche i motivi per i quali ha abbandonato la redazione news di Agon:
Vorrei far sapere a Grasso che per andarmene dall’Albania ho dato un calcio a un tesoretto che molti di questi moralisti d’accatto farebbero miracoli per cercare di accaparrarselo. Non dico quanto, ma mi avrebbe consentito una vecchiaia tranquilla. Ma prima delle cravatte viene il mio nome e la mia integrità. Non mi sono mai venduto in tutta la mia vita. E non vedevo ragione di farlo negli ultimi anni della mia carriera. Non potevo non dire la verità. Io sono malato di giornalismo, ho accettato un’offerta in cui mi dicono che faremo un giornalismo nuovo, bellissimo. E invece scopro che devo fare un telegiornale registrato. I computer sono arrivati il 17 novembre e il primo dicembre partiva il tg. Allora dico grazie e me ne vado. Ne ho le palle piene della storia dei lussi. Ma quali lussi? Alla Rai mi sono sempre fatto un mazzo così, andavo negli alberghi quattro stelle, gli altri non so dove. E anche in Albania ho messo in piedi un telegiornale, mi sono fatto un mazzo come una capanna e sono pure finito in ospedale il 24 novembre. Ho avuto una crisi ipertensiva per lavoro. A proposito dei lussi, vi comunico il nome della clinica, si chiama Igea. Un ospedale vicino ad Agon Channel. Ma non ci sono finito solo io, il giorno successivo ci è finito un autore. Diciamo che lavorare ad Agon è piuttosto stressante. Le salette di montaggio nei container che non sono insonorizzate per cui non puoi manco registrare un pezzo, perché entra il rumore della pioggia. Tg da registrare un’ora e mezza prima, nessuna stampante, nessun ufficio ma un ammezzato sotto il tetto in cui si affollano e si mescolano le persone. Francamente non capisco perché Becchetti mi abbia ingaggiato, forse per il nome.