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L’Arena, Massimo Giletti “illude” sull’attentato a Charlie Hebdo e cede al semplicismo

La puntata de L’Arena di oggi.

pubblicato 11 Gennaio 2015 aggiornato 2 Settembre 2020 19:58

La domenica pomeriggio di Rai 1 è stata caratterizzata soprattutto dalla diretta della manifestazione di Parigi contro il terrorismo, durante la quale abbiamo visto marciare un milione di persone e 45 capi di Stato e di Governo, in seguito all’attentato alla redazione di Charlie Hebdo, famosa rivista satirica francese.

Dalle ore 15 alle ore 17, la prima rete di Stato ha trasmesso la diretta della manifestazione, “sacrificando”, quindi, la puntata di Domenica In, condotta da Paola Perego e Pino Insegno.

Il resto della domenica, di conseguenza, è stato affidato all’approfondimento giornalistico targato L’Arena, il programma condotto da Massimo Giletti, che è andato in onda eccezionalmente dalle ore 14 alle ore 15 e dalle ore 17 fino a L’Eredità.

Nella prima parte del programma, Massimo Giletti si è occupato del caso dei Vigili assenti a Roma per la notte di Capodanno. Nella seconda parte, invece, il conduttore si è occupato ulteriormente dell’attentato di Parigi, terminando la puntata con un’intervista all’attrice Stefania Sandrelli.

Parlando di Charlie Hebdo, Massimo Giletti ha avuto l’iniziale e parziale coraggio di smarcarsi dalla solidarietà semplice e semplicistica che abbiamo visto e sentito in questi giorni (dall’altra parte, oggi, perfino Barbara D’Urso ha predicato libertà di stampa, provocando le solite scontate ma giuste reazioni), provando a formulare un pensiero diverso ma non forzatamente e falsamente controcorrente:

Oggi non mi sento di dire Je suis Charlie oggi e vi spiego il perché. Il mio è un motto diverso dall’atteggiamento della Le Pen. Io sono diverso dai vignettisti, non ho la loro ironia e il loro modo di fare. Non sono il poliziotto ucciso e non sono il musulmano. Sono diverso come sono diversi tutti. Scendere in piazza è facile sull’onda emotiva. Noi dove eravamo prima quando quel giornalista di questo giornale satirico ha detto di sentirsi isolato dal sistema occidentale. Sono contento per le persone scese in piazza oggi ma ieri, prima della strage, in quanti sarebbero scesi in piazza per la libertà di espressione?

Per una volta, quindi, Massimo Giletti ha provato a non percorrere la strada più facile, resistendo magari alla tentazione di invitare l’inutile allarmista Salvini. Si è trattato, però, di un’illusione.

Il dualismo cristiano vs. musulmano si è consumato ugualmente in studio con Alessandro Sallusti, che ha esposto fiero il suo titolone da copertina post-strage (“Macellai islamici”) alimentando la discriminazione e facendosi portavoce dei valori occidentali, e con Hareth Amar, presidente dei Giovani Musulmani d’Italia, che ha giustamente parlato di cattivi maestri e di ignoranza ma che veniva messo, però, “spalle al muro” dallo stesso Giletti con una domanda, appunto, semplicistica (“In alcuni paesi arabi, se mi faccio il segno della croce, sa cosa mi succede?”).

La risposta di Amar (“La rispettano. Ci sono tante chiese in molti paesi islamici. Ci sono in Marocco, Siria, Palestina, Tunisia… Io sono entrato in chiese decorate in paesi islamici”) è stata quasi ignorata con un’osservazione insensata di Giletti (“Neanche in moschea, mi posso fare il segno della croce!”).

Giletti, quindi, anche oggi non ha rinunciato alle bordate retoriche, facendo anche confusione sul caso Marco Biagi:

Hanno tolto scorte a persone molto esposte. Come Biagi è stato lasciato solo, qualcuno disse: “E’ un rompicoglioni!” e poi i filobrigadisti l’hanno ammazzato. Non mi piacciono gli interventi a posteriori.

Il “rompicoglioni” di Scajola (il riferimento era a lui) a Biagi, però, arrivò dopo l’omicidio e non prima.

Ma cambia poco.

Evitare di fare paragoni a caso per beccarsi l’applauso facile, invece, cambierebbe qualcosa.