L’Oriana, il film-tv deve scegliere tra il racconto di una donna ed una selezione dei suoi eventi più importanti
L’Oriana, il film-tv di Raiuno, pecca nel racconto veloce di una donna tenace come Oriana Fallaci, ma porta in tv un personaggio che, nonostante non sia reso nella sua totalità, riesce a colpire i telespettatori
Raccontare Oriana Fallaci attraverso il suo giornalismo, i suoi articoli e ciò che si cela dietro i suoi pezzi, piuttosto che raccontarne le polemiche che questi suscitavano: la scelta de L’Oriana, il film-tv di Raiuno, è quella di non cercare clamore o scandali da scene che avrebbero potuto finire sui giornali, ma di portare in tv le avventure che la giornalista toscana ha vissuto durante il suo tentativo di raccontare sulla carta stampata ciò che vedeva.
Questo, però, comporta la necessità di ridurre in poche scene, seppure ben curate dalla regia ed attente ai dettagli, ciò che invece potrebbe essere raccontato con maggiore calma. Invece, come tutte le fiction che vogliono rappresentare vicende legate a personaggi realmente esistiti, si lavora di tagli, di selezione di scene che dovrebbero evidenziare il carattere del personaggio.
L’effetto è di un buon film, il quale però risente dei tempi stretti e deve scontrarsi con delle scelte che inevitabilmente riducono la possibilità degli autori di aumentare il pathos di un racconto che, va detto, riesce comunque nel suo intento. La Fallaci sembra sia ridotta ad un personaggio appassionato del proprio mestiere, ma sappiamo che i suoi articoli hanno detto molto di più rispetto a ciò che scrivevano: e se in alcuni punti del film la tenacia di una donna che vuole capire perchè le donne siano trattate diversamente dagli uomini e che non si arrende di fronte alle brutture che vede diventa centrale, in altre il personaggio perde fascino.
Il merito va ad una produzione che non ha badato a spese, andando a girare nei luoghi realmente visitati da Oriana Fallaci, dando così maggiore realismo ad una regia che entra senza cercare il sensazionalismo nelle immagini forti di una guerra atroce. Il realismo, però, è abbandonato nella scelta di far dialogare la protagonista con i protagonisti dei Paesi in cui si trova nella nostra lingua: certo, è la necessità di rendere meno complessa la comprensione del dialogo, ma stona con la precisione della produzione in altri aspetti.
Una nota a parte per Vittoria Puccini, che ha accettato un ruolo da cui nessuno probabilmente sarebbe potuto uscire totalmente vincente: poco somigliante fisicamente alla Fallaci, l’attrice ha giocato sulla toscanità, sulla grinta e sulla volontà di una donna nel raggiungere i propri obiettivi. Un’interpretazione da non giudicare negativamente, che restituisce parte della determinazione di un personaggio che, però, ha bisogno per essere capito dei suoi articoli.