Riccardo Pasini (Prodotto) a Blogo: “Adesso il capo sono io! su La5, diverso da Shark Tank. In autunno un programma di cucina su Canale 5”
“Vero tv? Eravamo all’inizio di un percorso di successo, abbiamo fatto un miracolo”: parla Riccardo Pasini, proprietario della società Prodotto. Intervista di Blogo.
Riccardo Pasini, pioniere del branded entertainment in Italia e fondatore di Prodotto – Fattori di videoevoluzione, società che realizza progetti multipiattaforma che pongono al centro le esigenze delle aziende investitrici. La società ha raggiunto i cinque anni di attività e li state per festeggiare con alcuni progetti interessanti…
“Il quinto compleanno è coinciso con una conferma del percorso intrapreso. E’ un momento di conferma, abbiamo capito che la strada è quella giusta. Cinque anni fa eravamo gli unici a parlare di branded entertainment mentre adesso si è in tanti… E’ una soddisfazione. Ed è una soddisfazione che Porsche sia diventato nostro cliente: da sabato prossimo, 30 maggio, debuttiamo su DMax. E’ la prima volta che lavoriamo con il canale 52 del digitale, si conferma un buon rapporto con Discovery con il quale avevamo già collaborato in passato”.
Non solo DMax. Fra le novità c’è anche Adesso il capo sono io!, in onda il 4 giugno su La 5 alle 23.35. E’ Astenersi perditempo che doveva andare in onda su La 7?
“Corretto. Astenersi perditempo addirittura è stato il titolo di uno dei miei primissimi progetti televisivi che avevamo ideato agli inizi del 2000, preistoria. Di una nuova versione se ne è parlato con La 7 ma non era pronta per un branded con quelle caratteristiche. Così abbiamo deciso di percorrere strade già sperimentate con Mediaset, con un nuovo progetto sullo stesso argomento. Quindi il progetto si spostato su La 5, si è adattato al target del canale e, da qui, nasce il nuovo titolo: Adesso il capo sono io!. Giovedì 4 giugno andrà in onda una premiére. Contiamo di far partire la serie in autunno”.
Ci state già lavorando?
“Ci stiamo già lavorando per quando riguarda la ricerca dei partner e dei concorrenti. I concorrenti sono persone che, effettivamente, hanno in programma di far partire un’attività commerciale abbandonando il loro percorso lavorativo da dipendente. Ci vuole una grande ricerca perché non è facile trovare questo tipo di persone. Il verdetto della rete è stato positivo, il prodotto è piaciuto molto. Adesso attendiamo il verdetto del pubblico”.
Adesso il capo sono io! quanto è simile allo Shark Tank di Italia 1?
“E’ lontano dall’idea proposta da Shark Tank. E’ un’imprenditoria diversa dallo startupper. I nostri concorrenti hanno l’ambizione di investire su una propria attività commerciale, stiam parlando del caro-vecchio negozio. E si rivolgono a noi per cercare un partner commerciale adeguato che renderà l’apertura dell’attività più facile e realizzabile in poco tempo. Il partner della prima puntata sarà Magic Mu che aiuterà il primo protagonista, Roberto, ad aprire una gelateria fai da te. Il linguaggio sarà quello del docu-game. Perché game? Se il giorno dell’inaugurazione verrà raggiunto o superato l’incasso stabilito con il partner, il concorrente vincerà l’avviamento dell’attività”.
La tv si è buttata nel mondo del lavoro (Boss in Incognito, Shark Tank, The Apprentice, Adesso il capo sono io!) proprio adesso che ce n’è meno… Non è un controsenso?
“Non è un controsenso. Noi suggeriamo un metodo per crearselo, il lavoro. Non sempre bisogna cercarlo, l’occasione lavorativa può essere creata da zero: attraverso la start-up di Shark Tank, attraverso l’aiuto di una società di franchising come succede a Adesso il capo sono io!. Sono lavori che si differenziano dal classico lavoro strutturato. Non vuol dire giusto o sbagliato, ma è un’occasione diversa. Sia nel nostro programma, sia in Shark Tank che, esasperato, nel programma di Briatore, c’è il concetto del one man show, del personaggio-protagonista che vuole diventare capo di se stesso”.
Fra le vostre produzioni spicca Il meglio di me con Emanuela Folliero, sempre in onda su La 5. Soddisfatti?
“L’abbiamo testato lo scorso anno con una première. Il risultato è stato buono ed adesso sta andando in onda la prima serie, ma La 5 ci ha appena confermato anche una seconda serie. Il debutto è stato positivo nonostante l’orario e la serata difficile della domenica sera: 1,11% e quasi il 3% sul target femminile. Speriamo di poter seguire lo stesso percorso con Adesso il capo sono io!“.
Il rapporto con La 5 è ben consolidato.
“Abbiamo instaurato un ottimo rapporto di collaborazione con Marco Costa, direttore delle tv digitali di Mediaset, e Stefano La Placa, direzione intrattenimento. Noi abbiamo iniziato il nostro percorso proprio con Mediaset, dove sono professionalmente cresciuto come autore televisivo (è stato autore, fra le altre cose, di Stranamore, ndr), e quindi La 5. Il primo progetto è stato HollyFood, l’abbiamo proposto quando ancora questo genere di produzione non era regolamentata all’interno dell’azienda ed è stato un esperimento reciproco. La 5 è un canale aperto alla sperimentazione”.
State lavorando anche ad un nuovo programma per l’autunno di Canale 5. Puoi aggiungere qualche dettaglio?
“Sarà un programma in onda nel weekend. Il tema è scontato: la cucina. Ma il meccanismo sarà ben diverso dai piatti lanciati di Hell’s Kitchen o le urla ed il terrore di Masterchef“.
Sarà un talent?
“Non sarà un talent. E non sarà neppure un tutorial. Stiamo cercando una chiave di lettura nuova grazie al grande protagonista della trasmissione”.
Sarà un cuoco o un conduttore “classico”?
“Sarà un grande nome della ristorazione”.
Il motto della vostra azienda è “Le idee non possono essere più quelle di prima“. Vale anche per la tv generalista dove, in alcuni casi, si è ancora ancorati a idee di “vecchia-tv”?
“Premessa: quando ero piccolino volevo fare la tv classica, quella di Baudo, la Carrà. Insomma, la tv che adesso non esiste più. Mi sono subito messo a studiare quale poteva essere l’evoluzione, quella che noi adesso chiamiamo la video-evoluzione: l’interazione con internet ed il branded entertainment, ci lavoro dal 1997. Dieci anni fa si diceva che la tv stava morendo per colpa di internet. Balle. La tv sta vivendo un grande momento grazie ad internet ed il web potrà svilupparsi ancora grazie alla forza della televisione. Adesso, per me, la televisione è sinonimo di contenuto che, poi, viene diffuso anche grazie ad internet. Si è innestato un processo di visione e fruizione del contenuto che le case di produzione ed i canali non possono più ignorare, anche dal punto di vista creativo. Basta vedere gli sforzi che ha fatto Canale 5 per L’isola dei famosi per rendere interattivo il programma. La multi-piattaforma è una necessità, fa crescere il progetto e lo trasporta in un mondo dove più utenti vivono”.
Qualcuno sostiene che la tv, prima o poi, si vedrà solo sul web. Possibile?
“Continua la confusione nata dieci anni fa. Queste persone sono le stesse che, quando io raccontavo questo scenario, mi ridevano in faccia pensando che la tv fosse una torre d’avorio, inespugnabile. Poche anni fa, poi, hanno sentito tremare le loro comode sedie ed hanno iniziato a riempirsi la bocca di parole come web-tv, storytelling, branded entertainment… generando una confusione che la metà basterebbe. Il web non è altro che un luogo di trasferimento dei contenuti, né più, né meno. Il come li guardo, questi contenuti, dipende dall’interesse e dalla possibilità di fruizione. Il volersi spanciare e rilassare sul divano con il televisore davanti, non potrà mai venir meno. Il televisore, però, potrà essere alimentato dal cavo della banda larga o dal wi-fi che ti trasferisce il contenuto su quel device. E questo è già realtà, non più fantascienza”.
In tutto questo i canali cosa dovranno fare?
“I canali si dovranno reinventare ma stanno commettendo molti errori. Faccio un esempio: piazzare lo stesso programma, penso a Grey’s Anatomy, su tre-quattro canali diversi è sbagliato. Il canale dovrà essere, sempre di più, garante della tipologia di contenuto che trasmette. Io scelgo quella rete perché so che troverò lì, e solo lì, un determinato contenuto: l’identità diventa un fattore fondamentale. Anche i canali che si vantano di essere verticali ed attenti commettono alcuni errori trasmettendo edizioni italiane di programmi che hanno anche edizioni americane presenti su altre reti. Questo crea una totale confusione nel telespettatore che viene educato ad andare a cercare il contenuto da un’altra parte, ovvero on-demand. E’ a rischio pure la necessità di un palinsesto. Però, anche qua, attenzione: avrà sempre il suo valore vedere un programma in contemporanea con gli altri: il second screen vive di questo, e per il pubblico sarà sempre più un intrattenimento irrinunciabile. La necessità della compresenza, in tv, rimarrà: è quello che non farà morire la vecchia televisione”.
L’esperienza di Vero Tv, di cui sei stato direttore creativo, come la giudichi?
“L’hai definita con il termine più corretto: esperienza. A livello concettuale era la massima espressione di quello che si poteva fare con il brand-entertainment: creare un canale televisivo che rispondesse e trasmettesse i valori di un mondo editoriale come quello di Vero. Siamo convinti di aver fatto un miracolo: siamo nati a giugno e già a settembre, nonostante fossimo in canali improponibili e poco promossi per mancanza di forze da parte dell’editore, avevamo un pomeriggio con lo 0,5% di share. Il canale stava iniziando a toccare l’1%. Si trattava di un unico contenitore, una sorta di all-news calibrata sull’intrattenimento con un’alternanza di conduttori: era una visione diversa rispetto agli altri. Tant’è che è stata pure scopiazzata, vedi Detto fatto o altre situazioni. Però, purtroppo, è stata poco sostenuta economicamente. Con Maurizio Costanzo (era il direttore editoriale, ndr) eravamo consapevoli di essere all’inizio di un percorso di successo…”.
Ma sono finiti i soldi…
“Non ci sono stati. Purtroppo già da settembre i professionisti erano insoddisfatti per la mancanza di fondi e molti progetti sono implosi. Così con Maurizio abbiamo deciso di uscirne, non poteva più essere il progetto che volevamo e che ci era stato garantito. Rimane comunque un’ottima esperienza perché mettere in piedi un canale del genere, completamente in diretta, in tre mesi, è una fortuna. E mi ha portato una grande amicizia con Costanzo che, a livello personale, è un grande valore”.
Hai detto che è stato scopiazzato anche da “altre situazioni”. Ti riferisci ad Agon Channel?
“Non vedo in Agon Channel una scopiazzatura di Vero che era partita consapevole delle sue forze, contenute, ma anche della sua potenzialità. Puntava a fornire contenuti di un certo tipo ad un pubblico che poteva gradirli, senza presunzione. Sarebbe piaciuta per la sua semplicità. Agon ha una struttura di palinsesto diversa. Forse i due canali vengono paragonati per il tipo di editori che ci sono alle spalle. Io non conosco Becchetti, ci mancherebbe, ma di esperienze con editori naif ne ho fatte tante. Mi manca Becchetti, potrei candidarmi…”.